email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

SIVIGLIA 2021

Rodrigo Cortés • Regista di El amor en su lugar

"Voglio che i film siano esperienze fisiche per lo spettatore"

di 

- Il cineasta spagnolo presenta in anteprima mondiale a Siviglia il suo ultimo lavoro, un film con canzoni che si svolge nel 1942, all'interno del ghetto di Varsavia

Rodrigo Cortés  • Regista di El amor en su lugar
(© Lolo Vasco/SEFF)

Rodrigo Cortés sfoggia una criniera inaspettata – effetto pandemia, assicura – rispetto alla sua consueta testa rasata dei nostri ultimi incontri: “Non puoi fare cinema senza farti venire i capelli bianchi: spuntano sempre”, scherza durante il Festival del cinema europeo di Siviglia, dove ha appena presentato il suo nuovo lungometraggio, El amor en su lugar [+leggi anche:
trailer
intervista: Rodrigo Cortés
scheda film
]
.

Cineuropa: Così come ha cambiato acconciatura, ha anche cambiato genere cinematografico. Dopo diversi film di suspense, sono rimasto sorpreso di vedere che ha presentato qualcosa di simile a un musical.
Rodrigo Cortés:
Volevo girare un musical da molto tempo e allo stesso tempo questo film non è propriamente un musical, perché in quel genere c'è un linguaggio ben preciso: la macchina da presa, il suo modo di affrontare la storia che non è necessariamente realistico, le emozioni che si esprimono attraverso la musica... El amor en su lugar non è così: è un film realistico su un gruppo di attori che rappresentano un musical, ma per questo, prima devi mettere in piedi il musical, devi inventarlo. E in questo caso, poiché esisteva l'opera originale e c’erano i testi delle canzoni, ma non la musica, dovevamo comporla e, allo stesso modo, dovevamo montare l'intero musical, provarlo e rappresentarlo, con danze e canti, e poi girare il film attorno a quel musical.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Tutto un gioco di matrioske…
Sì, il teatro di scena, dentro il teatro della vita, dentro un film: un gioco costante di matrioske, che entrano ed escono dal loro guscio, sempre.

Il film inizia con lunghi piani sequenza... Perché ha usato questo espediente narrativo?
Inizia con un lunghissimo piano sequenza di quasi 15 minuti con cui percorriamo l'intero ghetto: è stata una decisione che si è basata sull'esperienza fisica. Quasi tutto il film si svolge all'interno di un teatro, che è nel mezzo del ghetto di Varsavia: era importante che questo si sentisse, non solo si sapesse, non che gli attori dicessero "cosa sta succedendo là fuori!", bensì che vivessimo e attraversassimo come spettatori quel contesto, con quel personaggio centrale a cui saremmo rimasti incollati, in tempo reale, per tutta la performance. E questo ci permette di vedere cosa succede fuori: i mercati, le rovine, i carri che si muovono, i controlli dei tedeschi, come la morte è a buon mercato e come ci sia ancora gente che si raduna davanti a un teatro per, una volta dentro, dimenticare il mondo reale per due ore. Entriamo in quel teatro con la telecamera, senza tagliare la scena, attraversiamo le stanze dove si svolgerà il resto del film – camerini, corridoi, backstage... – e questo ci permette di avere una visione totale di ciò che accadrà dopo, fino a quando si alza il sipario, vediamo il teatro affollato, appare il titolo del film e abbiamo già quell'esperienza fisica che ci permette di entrare nella trama con un contesto emotivo e geografico alle spalle.

In questo nuovo lavoro c’è qualcosa di Luces rojas e una certa claustrofobia, come in Buried [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Rodrigo Cortés
scheda film
]
: è il marchio di Rodrigo Cortés.
Non è qualcosa di ricercato... Credo semplicemente che un film debba assomigliare al suo autore, includere le sue affinità. Quando vedi un film di Fellini, ti rendi conto che è suo: il maestro italiano affermava che aveva la sensazione di fare sempre lo stesso film. Non te ne rendi conto, ma il tuo sguardo è lì. In Blackwood [+leggi anche:
recensione
trailer
scheda film
]
c'era già un trattamento molto specifico della musica; in Luces rojas [+leggi anche:
trailer
intervista: Rodrigo Cortés
scheda film
]
c'era qualcosa di simile sulla scenografia e sulla rappresentazione: cosa è vero e cosa è falso; e in Buried c'era un confinamento estremo (più confinato di così non si può) e si svolgeva anche in tempo reale.

Il suo film ha l'aroma del cinema classico.
Sì, così come in Buried ho acceso una candela a Hitchcock ed è stato il dio pagano a cui dedicavo le mie preghiere, in questo caso ho pensato a Billy Wilder e Ingrid Bergman. Ho abbracciato quello spirito classico fin dall'inizio, anche se mi sono avvicinato ad esso in una forma decisamente contemporanea.

Pubblica libri, compone, dirige… Rodrigo Cortés non si fa mancare nulla?
Ho ancora tante cose da fare, da un vero musical, affrontandone il linguaggio a testa alta, come dicevo prima, a un western o a un film del XVI secolo di spagnoli in America... Ho diversi script che voglio realizzare: mi interessa sempre la parte più fisica e sensoriale delle cose, fare in modo che i film diventino un'esperienza totale per lo spettatore.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dallo spagnolo)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy