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GAND 2021

Olivier Pairoux • Regista di SpaceBoy

"Il cinema che amavo da bambino, non riuscivo a trovarlo in Belgio"

di 

- Incontro con il cineasta belga, che con il suo primo lungometraggio strizza l'occhio al cinema per famiglie statunitense degli anni '80

Olivier Pairoux  • Regista di SpaceBoy
(© Aurore Engelen)

Abbiamo incontrato il regista belga Olivier Pairoux che, con il suo esordio nel lungometraggio, SpaceBoy [+leggi anche:
recensione
intervista: Olivier Pairoux
scheda film
]
, presentato in anteprima belga al Festival di Gand e in uscita oggi nelle sale belghe con Belga Films, offre un film per famiglie pop e intelligente, che osa prendere sul serio i bambini divertendoli al tempo stesso, strizzando l’occhio al cinema americano degli anni '80, nella tradizione dei Goonies, E.T. o Stand By Me.

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Cineuropa: Fare un film per famiglie in live action oggi è stata una scommessa azzardata?
Olivier Pairoux:
Inizialmente, puntavo a un pubblico più adulto. Le prime versioni erano molto più cupe, qualcosa di simile a Ponette di Jacques Doillon, con tutti quei bambini che parlano di morte (ride)! Ma mi sono lasciato trasportare dalle emozioni e il film è diventato più adatto alle famiglie. Non faceva affatto parte di una strategia. È vero che mi sono reso conto che il cinema che amavo da bambino non lo trovavo in Belgio. Ho l'impressione che negli anni '80 ci fosse una pletora di film che potevamo condividere in famiglia, come I Goonies, Indiana Jones, Ritorno al futuro: tutti film che potevano piacere sia ai genitori che ai bambini. Oggi ho due figli, di 6 e 10 anni, e mi chiedo cosa guardare con loro. Ovviamente ci sono fantastici film d'animazione, ma che dire del cinema in live action?

Perché ha scelto di raccontare la storia di un bambino che sogna lo spazio?
Ho scoperto la figura di Joseph Kittinger, questo paracadutista americano che detiene il record mondiale di lancio con il paracadute, mentre guardavo un video dei Boards of Canada. Ho sempre amato la scienza, le stelle, lo spazio e le imprese umane. Così mi sono chiesto: e se un bambino decidesse di imitare Kittinger? Nel periodo di scrittura lavoravo molto e, a volte, avevo la sensazione di non essere abbastanza presente per i miei figli. Ho deciso che il film avrebbe posto questa domanda: quella dell'equilibrio tra il perseguire i propri sogni e l’assumersi le proprie responsabilità personali. È complicato trovare questo equilibrio, ma è una sfida molto importante nella vita di un adulto.

Il film solleva anche la questione della trasmissione di padre in figlio. Il figlio cercherà di far rivivere per procura la vocazione del padre.
Non mi piacciono i film per bambini in cui si ha l’impressione che i bambini siano presi per degli idioti. Mi piace quando viene dato loro uno spunto di riflessione, quando devono fare un piccolo sforzo per capire. Volevo che i bambini nel film insegnassero qualcosa ai loro genitori. Personalmente, non so cosa ho dato ai miei figli, lo scopriranno tra quindici anni, in terapia! L'unica cosa che posso onestamente misurare è ciò che loro danno a me. Volevo che Jim ed Emma sbloccassero la situazione per i loro genitori. Insieme, ridefiniranno un certo equilibrio, per loro stessi e per i loro genitori.

Gli anni '80, molto presenti nel film, sono una fonte di nostalgia per chi vi è cresciuto, ma anche uno degli ultimi periodi di speranza, in cui la fiducia nella scienza e nel progresso erano evidenti?
Oggi trovo che molti film siano tragici e seri. Ma è possibile avere una storia triste o drammatica, pur iniettando un po’ di umorismo. Questo è ciò che fa con successo una serie come Stranger Things, che diffonde umorismo in una narrazione fantastica. La sfumatura anni ’80 della serie deriva anche da questo, non solo dalle scenografie e dai costumi. Penso che forse all’epoca ci si divertisse di più a fare cinema. Quello che è certo è che per me, come uomo belga, c'è stato un prima e un dopo il caso Dutroux; negli anni '90 abbiamo perso la nostra innocenza. Quando ero piccolo, andavamo in campeggio nei campi, non avevamo i cellulari, ai nostri genitori non importava. Avevamo molta libertà. È chiaro che qualcosa sia cambiato nella società.

Qui si tratta di rimescolare la nostalgia per creare qualcosa di moderno, ancorando questa estetica al presente?
Mi piace andare a cercare riferimenti ovunque e avere un approccio disinvolto alla regia: se voglio provare qualcosa, lo faccio! Per lo più abbiamo cercato di essere anche divertenti. Mi piacciono i registi che si divertono, che provano, come Spike Jonze o Michel Gondry. Penso che non si debba aver paura di lasciarsi ispirare. È sempre interessante non attaccare le cose in maniera frontale. Troviamo l'influenza della fotografia di Kubrick, della pittura di Lynch, della musica di Woody Allen, persone che ammiro. Mi piace attingere a tanti riferimenti, anche al di fuori del cinema, nella pubblicità, nei video musicali, in televisione. Dopotutto è normale. Inoltre, "se devi rubare, ruba ai migliori", come si suol dire!

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(Tradotto dal francese da Rachele Manna)

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