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GAND 2021

Nabil Ben Yadir • Regista di Animals

"Per raccontare questa storia radicale serviva una forma altrettanto radicale"

di 

- Incontro con il cineasta belga il cui quarto lungometraggio si tuffa nel cuore delle tenebre dell'animo umano, indagando su un crimine razzista e omofobo

Nabil Ben Yadir  • Regista di Animals

Abbiamo incontrato il cineasta belga Nabil Ben Yadir, che con Animals [+leggi anche:
recensione
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intervista: Nabil Ben Yadir
scheda film
]
, il suo quarto lungometraggio, presentato al 48° Film Fest Gent, propone un film duro e senza compromessi, un gesto cinematografico radicale che si tuffa nel cuore dell'oscurità dell'anima umana sondando l'indicibile di un crimine razzista e omofobo.

Cineuropa: Come è arrivato a voler raccontare questa storia?
Nabil Ben Yadir: Al momento dell'omicidio di Ihsane Jarfi, i giornali parlavano di un crimine omofobico. E mi sono chiesto perché si stesse parlando di un crimine omofobico e non di un crimine razzista. Quando la sessualità prende il sopravvento sull'identità? Ho seguito il processo e mi sono interrogato sulla razza umana, sulla nascita dei mostri. Come si diventa un mostro in così poco tempo e come si convive con ciò? Come vivi il giorno dopo il delitto? Ho incontrato il padre di Ihsane. Mi ha detto: "L'unica cosa che voglio è che le persone sentano la tragedia di Ihsane attraverso il cinema. Che si vada a fondo di quello che ha passato lui". Riflettere sulla forma ha richiesto tempo.

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Per narrare una storia così radicale, aveva bisogno di una forma ancora più radicale?
Esatto, serviva una forma radicale, e seguire i personaggi il più da vicino possibile. Siamo stati radicali nel formato, scegliendo 4/3, con un'unica focale. Abbiamo riflettuto a lungo su come filmare la violenza e, alla fine, non la filmo. Al culmine dell'aggressione non sono più io a filmare, non c'è più un regista, non più un direttore della fotografia, gli attori, o meglio i personaggi che interpretano, hanno il potere. Sono loro che filmano e trasmettono la loro versione della storia. Viviamo in una società in cui la violenza non può mai essere evitata del tutto, è onnipresente. C'è una cosa, però, che moltiplica la violenza, ed è l'atto di essere filmati. Vuoi essere il più forte, il più bello, il più divertente. Il più violento. Viviamo in un mondo di messa in scena. Tutti si guardano.

La cosa più violenta non è tanto la violenza in sé, quanto l'indifferenza nei suoi confronti.
Per me, una delle prime forme di violenza è la mancanza di vocabolario e l'assenza di comunicazione. In macchina, la comunicazione è impossibile. Per me, questa è una delle scene più violente. L'assenza di parole è una forma di violenza sociale. La violenza raggiunge il suo apice quando si considera che la persona che si ha di fronte non è più un essere umano, che è un giocattolo, un pezzo di carne. Non ci sono più limiti a quel punto. È come colpire un sacco, un oggetto inanimato.

Il film ha una dimensione nichilista, un'oscurità totale...
Quello che mi interessava era cosa avrebbero fatto questi ragazzi il giorno dopo? Sarebbero andati a casa a dormire sonni tranquilli? Avrebbero fatto colazione? C'è una vita dopo il crimine? In che modo la società crea mostri? Questi non sono mostri come nei film americani, che riconosci a prima vista, ma mostri che si svelano all'improvviso. C'è un training, un effetto di gruppo. Se ognuno di questi ragazzi si fosse imbattuto in Brahim da solo, cosa si sarebbero detti?

Quando c'è un crimine, c'è una vittima, e tutta la prima parte del film riporta Brahim in vita.
Sì, è molto importante. Spero di aver ottenuto qualcosa del genere, di dare corpo e vita alla vittima. Per consentire un incontro con lui. La vittima, nel caso di questo tipo di omicidio, è una persona che paga la sua differenza. Potrebbe essere un uomo di colore negli Stati Uniti, o un giovane omosessuale a Liegi. Una delle cose che ha attirato la mia attenzione quando ho scoperto questo crimine è stata: da dove viene questo giovane, cosa scoprono di lui i suoi genitori con la sua morte?

Possiamo parlare del significato di questo desiderio di realismo? All'inizio leggiamo la didascalia: "Basato su una storia vera".
Di fatto, trovo che più ci avviciniamo a una forma di realismo, più siamo nel cinema, un cinema privo di artifici. Questo produce un'emozione intensa, siamo con il personaggio, lo seguiamo, siamo sempre con lui. Che sia la vittima o il carnefice.

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(Tradotto dal francese)

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