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VENEZIA 2021 Settimana Internazionale della Critica

Matteo Tortone • Regista di Mother Lode

“Appena ho saputo che la storia sarebbe stata ambientata in Perù, ho voluto limitare la visione esotica che normalmente abbiamo di questo paese”

di 

- VENEZIA 2021: Il regista italiano svela il suo dramma sociale in bianco e nero che segue un giovane disposto a sacrificare la propria vita in una miniera d'oro in Perù

Matteo Tortone  • Regista di Mother Lode
(© Settimana Internazionale della Critica di Venezia)

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del regista italiano Matteo Tortone sarà proiettato in anteprima al Festival di Venezia, durante la Settimana Internazionale della Critica. Il lungometraggio è incentrato su un giovane uomo disposto a sacrificare la propria vita in una miniera d’oro in Perù per sostenere la sua famiglia. Abbiamo parlato con il regista dell’idea del film e delle condizioni di produzione.

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Cineuropa: Come è nata l’idea del film?
Matteo Tortone:
Nel 2010, ho trascorso tre giorni in Tanzania e ho fatto alcune riprese in una miniera. Mi sono confrontato con le complesse dinamiche economiche e le loro ripercussioni finanziarie sull’Europa. Volevo approfondire maggiormente questo argomento, per mostrare le conseguenze che ha sugli esseri umani. L’oro dà un certo valore alla vita, e ho capito che vi era una dimensione metafisica legata ad esso. Ci sono molte storie sull’oro – alcune parlano di come diventare ricchi velocemente, altre di superstizione. Per anni ho cercato una storia e un luogo adatti che mi permettessero di parlarne. Quando ho sentito parlare di La Rinconada, sono rimasto affascinato dal suo paesaggio, che ricorda quello della Luna. È un luogo ai confini del mondo, e dal punto di vista estetico, era perfetto per esprimere il legame tra il presente e l’eternità.

Come ha condotto le sue ricerche?
È stato un lungo viaggio. Una volta capito che volevamo girare a La Rinconada, abbiamo cercato persone che potessero aiutarci a creare la storia. Vi era un mio amico italiano, per esempio, che ha lavorato per una ONG in Perù e che conosceva la cultura. Inoltre, avevamo anche un mediatore culturale che nel 2016 ha iniziato a creare legami e importanti relazioni con tutti in Perù. In quell’anno sono andato lì per potermi immedesimare in quel luogo, e poi ho incontrato la famiglia con cui abbiamo lavorato per realizzare il film. È stato fondamentale per me imparare quanto più possibile sulle qualità e le dimensioni di quel mondo.

Come ha trovato i suoi protagonisti?
Sono tutti attori non professionisti. Quando sono andato in Perù nel 2016, ho fatto lo stesso viaggio che volevo fare nel film così da poter conoscere tutto e tutti. È stato allora che abbiamo incontrato anche José, che interpreta il ruolo principale, e ha deciso di accompagnarci. Abbiamo cominciato a girare già alcune scene, così da farlo entrare in confidenza con la telecamera. Ci siamo resi conto che aveva un grande talento; aveva le idee chiare su come interpretare il personaggio e su cosa volesse trasmettere attraverso il film. Abbiamo sviluppato il personaggio insieme e abbiamo raggiunto una intesa reciproca molto forte.

Era chiaro fin dall’inizio che il film sarebbe stato in bianco e nero?
Sì, faceva parte dell’idea che avevamo per il film. Non appena abbiamo capito che la storia si sarebbe svolta in Perù, abbiamo voluto limitare la visione esotica che di norma si ha del paese. L’obiettivo del film è più ampio e universale. Inoltre, non si riesce a distinguere l’oro con immagini in bianco e nero. Ciò ha conferito alla storia un ulteriore livello. Se non si riesce a distinguere l’oro, il lavoro che le persone stanno facendo è soltanto lavoro e richiama il fenomeno di Sisifo. Fa parte di un circolo vizioso. Anche perché i soldi in realtà non lasciano mai questo luogo: gli uomini spendono il loro denaro soprattutto in alcool o prostitute. Non appena guadagnano qualcosa, la perdono di nuovo. La maggior parte di loro sono giovani e facilmente manipolabili.

Come ha sviluppato il concetto visivo del film?
La struttura estetica è in realtà qualcosa che abbiamo costruito nel corso dei miei ultimi lavori. Volevo che vi fosse una vicinanza con i personaggi ma anche una certa distanza dal soggetto. Ci siamo dovuti adattare alle condizioni del luogo e non avevamo molti mezzi a disposizione, ma abbiamo sempre cercato di mantenere un concetto preciso.

È stato difficile ottenere l’autorizzazione necessaria per effettuare le riprese?
Era necessaria per stabilire legami e per ottenere la fiducia di tutti. Ottenere l’autorizzazione è stato difficile, dato che le miniere appartengono a imprenditori privati, e ce ne sono diversi. Ci sono voluti anni.

La Rinconada è un luogo speciale. Ci sono soprattutto uomini, e l’alcool sembra essere un grande problema per loro.
È un luogo molto pericoloso. C’è un tunnel principale, ma ce ne sono anche altri secondari, che non tutti necessariamente conoscono. È una realtà molto simile a quella del Far West. Ci sono ladri e poliziotti, e spesso si verificano rapine o aggressioni. Anche le strade sono pericolose – vi è un incidente due volte a settimana. Questo è ciò che accade. Ma ci sono anche persone fantastiche che ci hanno quasi adottato mentre eravamo lì. Si percepisce una grande solitudine a La Rinconada, e le persone sono pronte a fare molti sacrifici per i propri cari. La precarietà della vita è sempre molto presente. La Rinconada è un luogo internazionale, dove si incontrano persone con origini diverse. Tuttavia, non è possibile fare amicizie, dato che è principalmente una situazione professionale, e non puoi fidarti ciecamente di qualcuno in queste condizioni in cui gli interessi finanziari prevalgono.

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(Tradotto dall'inglese da Ilaria Croce)

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