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CANNES 2021 Quinzaine des Réalisateurs

Vincent Maël Cardona • Regista di Les Magnétiques

"Quello che scopriamo è che sta succedendo qualcosa di piuttosto strano"

di 

- CANNES 2021: Il cineasta francese ripercorre la genesi del suo primo lungometraggio, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs

Vincent Maël Cardona  • Regista di Les Magnétiques

L’ardore giovanile ai tempi delle radio libere per due fratelli uniti, ma molto diversi è al centro del primo lungometraggio di Vincent Maël Cardona, Les Magnétiques [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Vincent Maël Cardona
scheda film
]
, presentato alla 53ma edizione della Quinzaine des Réalisateurs del 74° Festival di Cannes.

Cineuropa: Les Magnétiques ha inizio il 10 maggio del 1981. Perché ha deciso di immergersi ancora una volta nei primi anni 80?
Vincent Maël Cardona: Sono nato intorno a quel periodo, dunque è un film incentrato sul mondo che ci ha visto nascere, in cui stava avvenendo un cambiamento politico abbastanza netto con l’ascesa della sinistra al potere. Una rottura seguita due anni dopo da un mutamento molto forte con la svolta del rigore. Siamo un gruppo di sei sceneggiatori nati agli inizi degli anni 80 a cui interessa questa svolta. Quello che scopriamo è che sta succedendo qualcosa di piuttosto strano. Tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80, sul piano della scena artistica e culturale, vi è un’esplosione di gruppi rock, di progetti, di radio libere, con una rottura rispetto ai nostri fratelli maggiori del 68, si ha l’impressione che il mondo non possa cambiare, si è cercato di farlo ma senza riuscirci, e che ciò che conta, è il presente. Si prendono chitarre anche se non si è in grado di suonarle, si prendono microfoni e ci si urla dentro, e ci si diverte. Questo atteggiamento etichettato un po’ No Future, ci sembrava che avesse un’attualità incredibile, che fosse come una sorta di avanguardia nascosta nel suono, nelle registrazioni dell’epoca, e che si rivolgesse moltissimo al mondo in cui viviamo oggi dove questa dimensione No Future diviene evidente sotto gli aspetti della crisi ecologica che è di fatto una crisi dell’Antropocene, una crisi riguardante il nostro ruolo, il nostro rapporto con lo spazio e il tempo.

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Come ha creato questa storia incentrata su due fratelli?
Queste grandi idee dovevano essere concretizzate e dunque abbiamo inserito tutto ciò in una storia piuttosto comune, che ha luogo in un garage, in provincia, con due fratelli che vivono insieme al padre, e in che modo una storia individuale, una frattura, un mutamento del mondo, una svolta del rigore intimo, potesse dar vita a una più grande storia, ovverosia la metafora di un pensiero su un cambiamento del mondo. Questo era il punto cruciale del film. E ciò accade grazie al potere poetico del cinema che è in grado di dar vita a un’esperienza gioiosa e grazie a un’intensificazione emotiva del vissuto.

Il film presenta diversi generi.
I contrasti mi interessano: trovare un equilibrio nello sbilanciamento e trattare le situazioni gravi con la commedia, le situazioni più leggere con una forma di naturalismo, unire le risate alle lacrime, i silenzi ai momenti di collera, i rumori e i suoni molto decisi, la luce e la parte più oscura della notte. Come per il rifacimento di questo periodo storico, dato che si tratta di un vero e proprio film d’epoca, si ricrea un momento storico sempre con l’intento di trovare la giusta nota nel contrasto tra la sceneggiatura, i costumi e i personaggi che rimangono ancorati alla realtà, e al tempo stesso una patina leggermente onirica e senza tempo.

Libertà anarchica della radio e uniformi del servizio militare, una piccola città di provincia francese e la capitale Berlino, due fratelli molto diversi: il film è ricco di polarità.
Vi è anche ovviamente la storia del Muro di Berlino che mostra questi due mondi che un tempo esistevano. Ma si tratta soprattutto del rapporto che vi è con il mondo analogico, il mondo di ieri, questo mondo perduto, l’era dei K7, delle cabine telefoniche, quello in cui i ragazzi dovevano svolgere il servizio di leva obbligatorio. Il film riflette su queste polarità e ciò nonostante è chiaro che viviamo in un mondo completamente diverso, digitale, compresso, disconnesso, che ci pone un gran numero di sfide e di domande di cui non si ha la risposta e nel quale ci si sente confusi. La sfida, sta nel fatto che è già interessante prendere coscienza di questo cambiamento ed esaminare l’atteggiamento, l’energia, gli affetti delle ultime generazioni del mondo analogico, che io chiamo “les magnétiques” (i magnetici), nonché ciò che hanno da dire sul nostro mondo attuale.

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(Tradotto dal francese da Ilaria Croce)

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