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CANNES 2021 Semaine de la Critique

Samuel Theis • Regista di Petite nature

"Un film sul ritratto di un bambino, ma soprattutto sulla questione del transfuga di classe"

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- CANNES 2021: Il regista francese parla del suo secondo lungometraggio, un'opera molto accattivante, semplice e sottile presentata alla Semaine de la Critique

Samuel Theis  • Regista di Petite nature

Dopo la Caméra d’Or ricevuta nel 2014 con il film Party Girl [+leggi anche:
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(che aveva co-diretto), Samuel Theis torna sulla Croisette, questa volta da solo, con il suo secondo lungometraggio, Petite nature [+leggi anche:
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, presentato in proiezione speciale alla 60ma Semaine de la Critique del 74° Festival di Cannes.

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Cineuropa: Qual era la sua intenzione dietro Petite nature: realizzare nuovamente un film a Forbach, la sua città natale e su una classe sociale che lei conosce perfettamente, o realizzare il ritratto di un bambino al confine tra l’infanzia e l’adolescenza?
Samuel Theis: Era scontato che avrei girato questo film a Forbach poiché realizzare il ritratto di questo bambino è anche per certi versi un modo per ripercorrere alcuni ricordi di un’esperienza che ho vissuto personalmente e per ritrarre un’età che trovo estremamente interessante per il cinema perché si tratta veramente della soglia dell’adolescenza. Organizzare delle riprese in Francia con un bambino è complesso poiché la legislazione fa sì che non si possa riprendere per più di quattro ore al giorno. Ma volevo parlare di quest’età e della presa di coscienza che ho avuto a 10 anni sulla brutalità della mia classe sociale e sul fatto che nel profondo sapevo che non avrei trascorso la vita lì, che sarei partito, e dunque che avrei voltato le spalle alla mia famiglia. A quell’età, comprendere ciò è dura! È un film incentrato sul ritratto di un bambino, ma soprattutto sulla questione del transfuga di classe.

Questa classe sociale popolare, la descrive in maniera piuttosto rude, ma senza mai accusarla poiché ne è affezionato.
È molto importante per me realizzare film che mostrino questa classe sociale che scompare a poco a poco dal paesaggio cinematografico, per lo meno in Francia. È molto importante parlarne, raccontare storie in questo contesto e farlo attraverso volti, corpi, persone che provengono veramente da essa. Ci tengo molto e anche il mio prossimo film lo girerò a Forbach poiché è un territorio estremamente cinematografico: è una zona di confine, una Francia caduta nel dimenticatoio, la Francia della deindustrializzazione, un luogo a cui è stato tolto lo strumento del lavoro delocalizzandolo ma non sostituendolo con niente, abbandonando un po’ queste persone. Questo mi rattrista e per questo voglio raccontarlo, voglio interessarmi a quelle persone che abitano lì e che restano lì. È anche un luogo che ha una grande storia con l’immigrazione e tutto il resto, è il riflesso della Francia di oggi, delle questioni per le quali lottiamo.

Il personaggio di Johnny, nel bel mezzo dell’età del risveglio, del desiderio, della curiosità, incontra un insegnante che gli farà anche da guida. Che tipo di sguardo ha voluto rivolgere all’educazione ?
L’insegnante rappresenta la figura del mentore. Tutti noi abbiamo una guida intellettuale, una persona sulla quale ci proiettiamo. Ciò accade sempre quando l’adulto pone per primo uno sguardo sul bambino, lo sguardo di qualcuno che crede in noi, che vede e rivela il nostro potenziale. Questi incontri sono determinanti, soprattutto nel percorso del transfuga di classe. La scuola in quanto istituzione è criticabile poiché non so se ciò che chiamano pari opportunità esista per davvero, ma per quel che mi riguarda, è la scuola che mi ha permesso di abbandonare la mia classe sociale. È un qualcosa di ambivalente, di complesso, di sottile.

Questo desiderio, questa curiosità, è anche un desiderio di amore un po’ confuso che presenta dei limiti. Lei non esita d’altronde a trattare l’argomento piuttosto delicato del risveglio sessuale.
Realizzare un film su un bambino, vuol dire realizzare un film che parla delle prime volte e non volevo proprio accontentarmi del risveglio intellettuale ad esempio. Mi baso su un’esperienza personale e non credo che il film sia incentrato sul discorso della sessualità a dieci anni ed evidentemente, ciò varia da un bambino all’altro. Vi erano sconvolgimenti nella mia testa e ho impiegato molto tempo a decifrarli. La mia intenzione era mostrare che il desiderio, qualunque esso sia, è sempre molteplice, che le realtà e le dimensioni comunicano tra loro. Perché di cosa è fatto il nostro desiderio sessuale? Non si tratta soltanto di alchimia tra due persone, vi è anche una parte intellettuale e una costruzione mentale. Spesso ho desiderato avere persone che potessero aiutarmi ad elevarmi dal punto di vista sociale. Ma era molto importante per me che nei film gli adulti fossero irreprensibili su tali questioni. Il bambino, è un esploratore, e a quell’età si ha il bisogno di cercare i propri limiti, di sperimentare. Un bambino va sempre troppo lontano. Forse era un modo per rimettere in ordine i ruoli di ciascuno attraverso la finzione.

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(Tradotto dal francese da Ilaria Croce)

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