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Regno Unito

Christopher Small • Regista di Communists!

"Ho prima trovato le persone e poi ho modellato i personaggi in base a loro"

di 

- L'autore, curatore e critico cinematografico britannico ci parla del suo primo film in occasione della sua prima al BAFICI di quest'anno

Christopher Small • Regista di Communists!
(© Lilia Nguyen)

L'autore, curatore e critico cinematografico britannico Christopher Small ha debuttato come regista al BAFICI di quest'anno (che si è tenuto dal 17 al 28 marzo) con la tragicomica satira sociale Communists! [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Christopher Small
scheda film
]
. Lavorando con un cast prevalentemente femminile, ha creato una protagonista intrigante e insolita. Abbiamo parlato con il regista della sua ispirazione per il film e di come è andato il processo di produzione.

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Cineuropa: Da dove ha avuto origine l'ispirazione per questo film?
Christopher Small:
Tutto è iniziato con l'idea di una protagonista con la quale, nella prima metà del film, sarebbe stato facile provare empatia, qualcuno di carismatico e interessante, ma anche instabile e più difficile da classificare dal punto di vista emotivo. Un personaggio dal comportamento erratico che si alieni il pubblico tanto quanto si aliena gli altri personaggi del film, creando uno scompiglio emotivo. Intorno a questa idea di base, ho sviluppato diversi aspetti.

Inoltre, sapevo di voler lavorare con un cast perlopiù al femminile. Una volta ho visto a un festival un film giapponese del 1938, Fallen Blossoms [di Tamizo Ishida], che mi aveva colpito molto. Un film molto oscuro, che racconta la storia del Giappone di fine Ottocento, interamente girato in un unico edificio. Tutti i personaggi sono donne. Mi è sembrato molto strano e, alla fine, anche sconcertante non vedere neanche un uomo nel film. Comunque, questo film è stato un'ispirazione sul piano narrativo, anche se non così tanto su quello artistico. Era proprio con questa sperimentazione e atmosfera che volevo lavorare anch'io. Poi mi sono reso conto che, per alcuni personaggi secondari, non sembrava proprio giusto utilizzare attrici femminili – per esempio per i nazionalisti bianchi della storia. Per me, era ovvio che dovessero essere uomini. Ma comunque, li considero in qualche modo al di fuori del film e vedo l'insieme degli attori principalmente come femminile.

Per quanto tempo ha lavorato al film?
Ho iniziato con la pre-produzione poco più di due anni e mezzo fa, ma poi, una volta avviata, la produzione in sé è stata rapida. La sceneggiatura è stata scritta in fretta, e l'abbiamo girata in tre settimane. La post-produzione, invece ha richiesto un anno – il mixaggio era importante, soprattutto perché non avevamo una colonna sonora musicale, solo le canzoni che vengono cantate nel film.

Dove avete girato?
Nel sud del Galles. Nel periodo in cui scrivevo i dialoghi, facevo lunghe passeggiate per trarre ispirazione da quei luoghi. Andavo in posti che conoscevo già così come in posti di cui avevo già sentito parlare ma in cui non ero mai stato. L'allestimento scenico proviene proprio da questi posti. È un modo economico di realizzare un film perché, quando fai tutto contemporaneamente, accelera tutto il processo.

Come ha finanziato il film?
Ho realizzato il film di tasca mia. Questo ci ha permesso di muoverci molto in fretta e di non sentire un peso eccessivo sulle spalle. Le scene che abbiamo girato facendo compromessi sul budget adesso sono le mie scene preferite.

Come ha trovato i protagonisti?
La questione del casting era molto importante per me. Scoprire il lato interessante di una persona e il contributo che può apportare al progetto. Ho prima trovato le persone e poi ho modellato i personaggi in base a loro. Ogni persona incarna davvero il proprio personaggio. Si è instaurato un rapporto di profonda collaborazione tra tutti noi, che ha comportato una stretta vicinanza con gli attori e uno sviluppo organico. Quando guardo il film, riconosco i piccoli gesti caratteristici di ogni attore e che ora appartengono anche ai loro personaggi, come se attore e personaggio non fossero più due entità separate.

A una fotografia del business dei festival ha unito una crime story, ha parlato anche di opportunismo, inteso come uso di un argomento per i propri scopi. Qual è il messaggio più importante che voleva trasmettere con il film?
Tornando a quello che stavo dicendo prima, ho voluto innanzitutto creare un protagonista simile a quello del lavoro di William Friedkin. Non ci sono necessariamente elementi estetici nel mio film, per esempio riprese a mano libera che possano ricordare Friedkin, ma mi sono ispirato ai suoi strani personaggi. Sono pillole avvelenate, figure distruttive. Volevo dar vita a quel tipo di protagonisti che possiamo definire traumatizzati; personaggi tristi e tragici. Ma anche se agiscono in modo misterioso, provi una sorta di compassione per loro. Inoltre, è stato interessante anche trasmettere l'idea di un artista che può anche rappresentare una forza distruttiva.

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(Tradotto dall'inglese da Virginia Leo)

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