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SUNDANCE 2021 Concorso World Cinema Dramatic

Amalia Ulman • Regista di El planeta

"Non capisco questa crociata contro l'umorismo"

di 

- Abbiamo parlato con l'artista, che fa il suo debutto cinematografico con un film girato in modo completamente indipendente, e con lei e sua madre come attrici principali

Amalia Ulman • Regista di El planeta

Abbiamo organizzato una videoconferenza con la regista argentina Amalia Ulman (1989), residente abitualmente a New York, ma che al momento della chiamata si trovava nel Kentucky, per la proiezione del suo film El planeta [+leggi anche:
recensione
intervista: Amalia Ulman
scheda film
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, presentato pochi giorni prima al Sundance Film Festival, nel concorso World Cinema Dramatic. Un film d’esordio che lei stessa interpreta, insieme a sua madre Ale Ulman, e girato nel 2019 a Gijón (Asturie, Spagna), dove è cresciuta.

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Cineuropa: Sua madre aveva già esperienza nel campo della recitazione, prima di trovarsi davanti alla videocamera?
Amalia Ulman: No, mia madre è molto diversa dal ruolo che interpreta. Le piace molto il cinema indipendente e quando ero piccola mi portava sempre al Festival di Gijón. È stato divertente lavorare insieme a lei, perché io mi sono sempre occupata delle Belle Arti, che a lei piacciono ma non comprende, al contrario del cinema. Infatti, capiva ogni riferimento e ha preso questo progetto molto seriamente. Io invece, ho frequentato delle lezioni di recitazione a Los Angeles, con un professore discepolo di Lee Strasberg, e mia madre ha partecipato a qualcuna di queste. Non avevamo esperienza come attrici, nonostante io fossi già stata davanti la camera nei miei anni di lavoro, però sapevo che mia madre era fotogenica e aveva molta grazia.

Il film è stato girato prima della pandemia?
Poco prima, nell’ottobre 2019. La post-produzione è stata fatta a New York, e fortunatamente uno dei tecnici del montaggio è praticamente un mio vicino di casa. Con lui, la consegna dei file è stata semplice: non ci sono serviti corrieri, bastava suonarci al campanello.

Si può dire che El Planeta sia una commedia nera, dato che tratta temi importanti con umorismo?
Si, assolutamente. Le reazioni che ha scaturito al Sundance sono state stupende: lo hanno paragonato a film che mi piacciono tantissimo, come Luna di carta (Paper Moon), quindi sono felice di esser riuscita a raggiungere un genere cinematografico che mi piace, perché dev’esser molto fastidioso che il film che produci venga paragonato a qualcosa che non ti piace. E l’umorismo è sempre necessario, sebbene sia stato messo da parte dal cinema indipendente, dove ci sono molti film considerati indie semplicemente per la tematica, ma che poi sono noiosi e mancano di senso dell’umorismo. Non capisco questa crociata contro l’umorismo, come se per essere presi sul serio non si possa utilizzare la commedia, mi sembra un peccato. Quando invece produrre commedie è molto più difficile, perché è complicato mantenere questo equilibrio.

Perché utilizza delle tendine tra le diverse sequenze che ricordano il cinema muto?
Sono dei riferimenti al mio lavoro come artista. Sono dieci anni che mi occupo di questo, di video-saggi, quindi per me era importante che il film fosse relazionato al mio lavoro precedente, non solo dal punto di vista della tematica, ma anche dell’estetica.

Il Festival di Sundance è nato come competizione del cinema indipendente, e il suo film ne è un esempio: lo ha prodotto, diretto, scritto e interpretato. Questo le ha permesso di sentirsi in piena libertà nella produzione, considerato quanto sia difficile realizzare qualsiasi tipo di film?
In effetti, è stato molto difficile produrlo, soprattutto perché né a Gijón, tantomeno nelle Asturie, ho ricevuto alcun tipo di aiuto, nonostante ci abbia provato in tutti i modi possibili: questo mi ha ferito abbastanza. E nonostante il budget limitato, alla fine ringrazio di aver avuto questa libertà. È stato difficile arrivare al momento delle riprese, ma anche meraviglioso, sebben avessi uno staff di sole cinque persone. Una squadra stupenda, ognuno di loro si occupava di mille cose per il bene del film.

Cosa ha imparato realizzando El Planeta? Cosa le ha insegnato il cinema?
La cosa che più mi è piaciuta è stata lavorare in squadra, qualcosa che, come artista, non avevo mai fatto: faccio sempre tutto da sola, anche se a volte ricevo aiuto da parte di professionisti per portare a termine alcuni progetti. Però mi piace lavorare in squadra, questo ho imparato, condividendo le buone notizie con un gruppo di persone che sono quasi la tua famiglia. Questo rende tutto più sopportabile rispetto ad affrontarlo completamente sola.

Il suo lungometraggio è anche una lettera d’amore alla città di Gijón?
Si, la amo e ci torno minimo una volta all’anno (mia madre vive ancora lì), e il film è una lettera d’amore alla città: la vedo come un ulteriore personaggio. I protagonisti sono la madre, la figlia e Gijón. Solo qui avrei potuto girare El Planeta.

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(Tradotto dallo spagnolo da Chiara Morettini)

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