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Italia / Irlanda

Carlo Lavagna • Regista di Shadows

“Il regista deve fare emergere una visione originale nel cinema di genere”

di 

- Il secondo lungometraggio di Carlo Lavagna, Shadows, è un teso thriller psicologico girato in lingua inglese, ora disponibile sulle piattaforme on demand italiane

Carlo Lavagna • Regista di Shadows

Dopo il premiato Arianna [+leggi anche:
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, il secondo lungometraggio di Carlo LavagnaShadows [+leggi anche:
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,  è un teso thriller psicologico girato in lingua inglese che vede come protagoniste le giovani Mia ThreapletonLola PetticrewSaskia Reeves. Scritto da Fabio MolloDamiano BruèVanessa Picciarelli e Tiziana Triana, il film sarà disponibile sulle piattaforme on demand italiane a partire dal 19 novembre: Sky Primafila, Chili, Google Play, Apple iTunes, CG Digital, Rakuten TV, The Film Club, Timvision, Infinity, Io resto in sala.

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Cineuropa: Il tuo film esordisce direttamente sulle piattaforme. La pandemia ha accelerato un processo già in atto.
Carlo Lavagna: Alla fine la televisione ce l’ha fatta, ha sconfitto il cinema, la profezia di Steven Spielberg si è realizzata. Tutti noi che siamo cresciuti con il cinema sappiamo cosa vuol dire andare al cinema e fare il cinema, come condizione esistenziale e approccio al lavoro, e lo vedo con i miei collaboratori più giovani. Sarebbe bello se il cinema riuscisse a reinventarsi, a diventare un luogo che i più giovani trovano adatto solo per i blockbuster, e rimanere un luogo di maggiore sperimentazione. Dobbiamo lavorare a prodotti che non avendo alternative vanno in tv, sperando di raggiungere un pubblico addirittura più ampio di quello del cinema.

C’è un nesso piuttosto evidente tra il tuo primo film, Arianna, che affrontava la questione di genere e questo Shadows, e cioè l’interesse da parte tua per l’universo femminile, il coming of age, le relazioni familiari.
Nel caso di questo film, c’è una sceneggiatura precedente, molto breve, che ho lasciato uguale nella struttura, e che faceva emergere degli elementi che mi toccano molto, come la scoperta di se stessi, della propria identità. In Arianna era legata al genere, qui ad un trauma e alla formazione di una istanza esterna, un doppio di se stessi. Ala fine ci sono elementi in comune come l’acqua, la rinascita. Inconsciamente le cose ritornano.

Qual è stata la genesi del film, ti è stato proposto dai produttori?
Andrea Paris di Ascent Film, che conosco da tempo, aveva visto Arianna e aveva questa sceneggiatura di Fabio Mollo tra le mani. Mollo non poteva più fare il film, ma Andrea Paris e Matteo Rovere volevano assolutamente girare anche perché avevano già attivato una serie di fondi e finanziamenti al progetto, e sono arrivati a me. Loro avevano un’idea molto precisa e all’inizio c’è stata un po’ di diffidenza reciproca perché avevano paura che lo stravolgessi troppo. Andando avanti è nato un bel rapporto.

Ascent Film e altre società di produzione indipendenti italiane nate negli ultimi anni stanno rivelando una vocazione alla coproduzione internazionale, con film di genere spesso girati in lingua inglese, senza perdere l’identità culturale.
Credo che da una parte ci sia una certa appropriazione del cinema anglosassone che porta in quei luoghi che vengono dettati dal cinema nordamericano, un cinema spesso didascalico ma molto eclettico. Ma c’è la possibilità da parte del regista europeo di fare emergere una visione originale. Penso che si possa osare molto di più e che in Italia ci sia una mole culturale e di immaginazione non sfruttata. Facciamo un cinema noioso perché è un neorealismo in cui il protagonista non è più l’uomo del popolo ma la media borghesia. La commedia funziona solo in certi casi, e infine c’è una nuovo modo di fare cinema nel quale dobbiamo impegnarci maggiormente, come è stato fatto un tempo. Anche Sergio Leone ha iniziato reinterpretando il western e ha finito per girare dei capolavori. Si può essere autori anche girando film che vengono dal “genere”.

E come definisci oggi il cinema di genere?
Non saprei. Shadows nasce horror, perde gli elementi horror, si fa thriller psicologico con delle sfumature di coming of age, di romanzo di formazione. E’ un genere che mischia i generi. Come il trap nella musica!

Come hai lavorato su musiche e scenografia?
Dal punto di vista della tonalità emotiva del film ho fatto un lavoro che partisse dalla scenografia fino alla musica e alla luce cercando di creare quella bellezza e schiettezza estetica di alcuni film degli anni Settanta italiani, con quella tipica matericità.  Per la musica ci siamo confrontati da subito con Michele Braga, niente musica elettronica, solo strumentale, straniante. 

Come è stato lavorare con un cast anglo-irlandese?
Mia Threapleton è stata una scoperta, una rivelazione assoluta, mi piace lavorare con attori che hanno ancora tutto da esprimere. Lola Petticrew ha più esperienza, una formazione teatrale in Irlanda, complessa ma dolcissima e molto brava. Saskia Reeves, la madre, ha interpretato Butterfly Kiss di Michael Winterbottom, mi intrigava molto, è riuscita a dare dolcezza ad un personaggio molto duro.

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