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LOCARNO 2021

Giona A. Nazzaro • Direttore artistico, Locarno Film Festival

“Posso dire senza nessun timore che quello di direttore è un vero e proprio lavoro di squadra”

di 

- Giona A. Nazzaro ci parla della sua nuova nomina in quanto Direttore artistico del Locarno Film Festival

Giona A. Nazzaro  • Direttore artistico, Locarno Film Festival
(© Locarno Film Festival)

Giona A. Nazzaro ci parla con entusiasmo della sua nuova nomina in quanto Direttore artistico del Locarno Film Festival, delle sfide che dovrà affrontare ma anche e soprattutto della sua immensa passione per il cinema.

Cineuropa: Cosa rappresenta per lei la nomina alla testa del Locarno Film Festival?
Giona A. Nazzaro: In realtà non è che sognassi di fare il direttore di festival, sognavo di diventare il direttore del Locarno Film Festival. Era esattamente il festival dove avrei voluto lavorare. Quando nel 2009 ho cominciato a collaborare professionalmente con il Festival di Locarno ho scoperto un festival diverso dagli altri, che agiva a differenti livelli: locale, regionale, nazionale e internazionale. Un festival in grado di trasformare una cittadina in una cittadella del cinema, un festival in grado di accogliere pubblici diversificati che si raccoglievano e condividevano il piacere del cinema.

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Ricoprire questa carica prestigiosa è per me soprattutto un grande privilegio ma anche un’enorme responsabilità. Colgo l’occasione di quest’intervista per dire che in questa sfida non sono solo, ho alle spalle la squadra più motivata, articolata e professionale che abbia mai incontrato. Le posso dire senza nessun timore che quello di direttore è un vero e proprio lavoro di squadra che spero di poter onorare, apportando magari quel tocco di individualità e visione che ogni direzione artistica precedente ha portato con sé, contribuendo alla ricchezza e alla diversità della storia del festival di Locarno.

Quale “tocco personale” pensa di dare al Locarno Film Festival?
Le cose realizzate durante gli ultimi cinque anni nell’ambito della Settimana della Critica di Venezia sono un indicatore abbastanza attendibile dal quale partire. Non la replica di quel modello ma un indicatore. Inoltre, ogni festival si distingue per una sua linea editoriale. La missione del Locarno Film Festival è la difesa del cinema emergente, giovane, d’autore. Tutto questo senza mai rinunciare alla sua vocazione popolare, democratica, di grande spettacolo aperto alla città. Il Locarno Film Festival ha un’anima composita che abbraccia tutte le espressioni del cinema.

Marco Solari ha messo l’accento sulla volontà del Locarno Film Festival di portare avanti le sfide del digitale. Come pensa di agire concretamente a riguardo?
Chissà perché, quando si parla del digitale ci si immagina qualcosa che deve ancora avvenire ma noi siamo già completamente calati nell’ambiente digitale. I nostri smartphone, tablet, computer portatili ci permettono di lavorare mentre viaggiamo e ragioniamo già in maniera digitale quando per esprimere i nostri sentimenti utilizziamo gli emoticons. Marshall McLuhan direbbe che mandare un faccino che ride per esprimere felicità è una forma di sincretismo linguistico che si articola reinventando la retorica dell’immagine animata del cinema con una sorta di geroglifico moderno. Questa riflessione che detta a paroloni sembra estremamente complessa è già una struttura di pensiero digitale. Esiste già la compresenza di una memoria orizzontale della storia del cinema così come l’abbiamo trasmessa, e un’interattività verticale così come l’abbiamo automaticamente assimilata utilizzando ormai da più di 40 anni i nostri dispositivi elettronici domestici. Questa innovazione digitale significa semplicemente seguire il flusso delle cose perché noi, che lo vogliamo o no, ne facciamo parte. Il digitale ha comunque reso la nostra vita più semplice e lineare. Per ritornare al Locarno Film Festival, si tratta di rendere questa facilità di accesso a delle strutture che sono estremamente complesse alla portata di un pubblico quanto più ampio possibile, cosa che comunque già fa.

Lei oltre ad essere un esperto della settima arte è anche un appassionato cinefilo. Quali sono i registi che l’hanno fatta innamorare del cinema?
Quello che mi ha fatto innamorare del cinema è stato prima di tutto la sala cinematografica. Ancora oggi mi emoziona come se fosse la prima volta. La mia formazione è di cinema popolare, andavo al cine a vedere assolutamente tutto, ero onnivoro. Il cinema era il luogo dove ritrovarsi. Il film era ovviamente importante però era il cinema la star. In seguito, quando i miei gusti si sono affinati mi sono allontanato un po’ da questa adolescenza barbarica di amore “cinefago”. Ci sono stati dei registi di cui mi sono innamorato e che ancora oggi amo con grandissima passione. Il primo è Roberto Rossellini che è per me il più grande regista di tutti i tempi, è lui che ha “inventato il cinema“, la TV e soprattutto il superamento delle barriere tra cinema e TV. Ancora oggi Viaggio in Italia è il mio film preferito. Detto questo, adoro anche John Ford: nessuno inquadra uomini e montagne come lui, Howard Hawks (nessuno pensa in maniera razionale come lui), Vincente Minelli (nessuno filma l’attività dell’inconscio come lui), Jean-Luc Godard (nessuno è riuscito a creare quello che lui ha creato con le immagini). Ogni film ha cambiato la mia percezione del mondo. Potrei andare avanti per ore a dirle quello che mi piace del cinema, i film che mi hanno emozionato. Ci sono quelli visti da bambino in TV che non ho mai dimenticato come per esempio The Band of Angels di Raoul Walsh o Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone, ma anche L’angelo bianco di Raffaello Matarazzo, Une flamme dans mon cœur di Alain Tanner, un film che mi ha impressionato profondamente, e il capolavoro di Yousry Nasrallah La porte du soleil. Per me il cine è molto più della somma dei film e delle persone che li hanno creati, è una cosa che amo con passione davvero viscerale.

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