email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

SAN SEBASTIAN 2020

Óscar Bernàcer • Regista di La receta del equilibrio

"Cinema e gastronomia vanno d'accordo alla grande"

di 

- Abbiamo parlato con Óscar Bernàcer, che spiega nel suo documentario La receta del equilibrio come un famoso chef spagnolo e il suo team hanno dovuto adattarsi alla nuova realtà imposta dal COVID-19

Óscar Bernàcer  • Regista di La receta del equilibrio

Il documentario La receta del equilibrio [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Óscar Bernàcer
scheda film
]
, diretto da Óscar Bernàcer e presentato in anteprima all’interno della sezione Culinary Zinema del 68° Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián, segue la storia dello chef Ricard Camarena e di sua moglie, Mari Carmen Bañuls, proprietari di vari ristoranti che, a causa della pandemia, hanno dovuto reinventarsi per continuare a dedicarsi alla loro grande passione.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Cineuropa: Sembra normale che un regista di cortometraggi che qualche anno fa ha girato Desayuno con diadema abbia una predilezione per la cucina e gli chef, no?
Óscar Bernàcer: Non avevo mai fatto questo collegamento, ma un nesso dev’esserci perché da quel cortometraggio ne è derivata la sceneggiatura di un lungometraggio chiamato Cinco comidas, la cui storia si sviluppava nel corso di una colazione, un pranzo, uno spuntino di metà mattinata, una merenda e una cena, separate da un arco temporale (c’era anche un sesto pasto che era quello che qui chiamiamo resopón, cioè quello che mangi senza pensarci alle 6 di mattina dopo una notte fuori). La sceneggiatura è finita in un cassetto e chissà se un giorno la andrò mai a ripescare. Ho alcune conoscenze culinarie di base grazie alla recente docu-serie Cuiners i Cuiners, il cui culmine è stato proprio questo film, La receta del equilibrio, e confesso che non era stato premeditato. Nonostante ciò, trovo normale che la gastronomia e il cinema vadano d’accordo alla grande: ci sediamo per mangiare e socializziamo, quindi, raccontiamo storie.

La coppia protagonista del documentario riesce ad armonizzare le idee con il pragmatismo, ci riesce anche lei come regista?
Non lo so, però cerco di farlo, perché ogni volta al termine di ogni progetto ho più domande che risposte rispetto al mio lavoro. Più mi impegno, più cinema mi guardo e più mi rendo conto di quanto ho ancora da imparare, e questo mi causa agitazione, poiché noi registi impieghiamo molto tempo per dar vita ai nostri progetti e raggiungere risultati. In questo senso i cuochi li invidio, poiché loro (senza dimenticare il loro lavoro di ricerca e sviluppo) ricevono delle risposte immediate e quotidiane da parte dei loro clienti. Noi invece, dobbiamo aspettare anni per mostrare il risultato di un nostro lavoro e conoscere la reazione del pubblico.

Il virus e la pandemia ci hanno obbligato a cambiare le nostre abitudini. Come hanno influenzato la produzione del film?
Le riprese sono iniziate prima della quarantena e, a parte la registrazione delle interviste e l’elaborazione dei piatti, l’idea era quella di fare un documentario in cui la camera stesse all’interno dell’ambiente personale e professionale della coppia, come se fosse un ulteriore personaggio. Dopo il blocco, e nonostante le variazioni del contenuto, l’approccio non è molto cambiato. Per motivi di sicurezza, e dati quelli che sarebbero stati i tempi di ripresa, abbiamo fatto a meno del trucco e dell’aiuto della luce artificiale. Il piano di ripresa, pianificato con settimane di anticipo, è diventato un piano giornaliero che cambiava ora dopo ora. Improvvisamente, ciò che doveva essere girato la sera slittava al giorno seguente e veniva anticipato altro che doveva esser girato due giorni dopo. In questo senso, lo staff ridotto che si occupava delle riprese ha compreso la necessità di una maggiore flessibilità, che ha facilitato molte cose, non solo a me, ma anche al team culinario di Ricard e Mari Carmen. Anche il fatto di tornare all’azione dopo due mesi di quarantena ha creato un ambiente favorevole: tutti avevamo voglia di impegnarci e aiutarci reciprocamente, sempre con la paura del virus che ci circondava.

L’industria valenciana è sopravvissuta al Covid-19 e ne è addirittura uscita rafforzata e più invitante di prima… È successo lo stesso a questo film con la crisi sanitaria?
Credo che questa particolarità abbia fatto si che il film sia cresciuto e abbia generato un maggiore interesse: anche gli stessi personaggi si sono evoluti durante la fase di riprese. La cosa che mi piace particolarmente di questo film è che le riflessioni sollevate vanno al di là della gastronomia, questo significa che è molto semplice entrare in empatia con la storia. Dopo la proiezione al Festival di San Sebastian quello che mi ha sorpreso sono state le reazioni delle persone legate al mondo alberghiero e della ristorazione. Uscivano dalla sala visibilmente scosse da qualcosa che le toccava personalmente, perché stavano vedendo che molti ristoranti corrono il rischio di scomparire mentre altri non avranno l’opportunità di riprendere la propria attività.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dallo spagnolo da Chiara Morettini)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy