VENEZIA 2020 Settimana Internazionale della Critica
Anders Ølholm e Frederik Louis Hviid • Registi di Shorta
"Siamo un po' come due corpi con una sola voce sul set"
di Jan Lumholdt
- VENEZIA 2020: Anders Ølholm e Frederik Louis Hviid ci parlano del loro film proiettato alla Settimana della Critica Shorta, incentrato su un incidente di polizia nella Danimarca contemporanea
Due poliziotti in pattugliamento in un’area residenziale d’immigrati nella Danimarca odierna, si trasforma in un giorno particolarmente difficile per tutti i coinvolti. Per la prima volta coregisti, Anders Ølholm e Frederik Louis Hviid parlano del loro film Shorta [+leggi anche:
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intervista: Anders Ølholm e Frederik L…
scheda film], mostrato nella Settimana Internazionale della Critica di quest’anno, alla Mostra del Cinema di Venezia.
Cineuropa: La tradizione del cinema poliziesco danese è giustamente apprezzato, principalmente tramite un numero di serie TV splendide: Unit One, The Killing, The Bridge e altre. Shorta è “unico” e fatto per il grande schermo. È sempre stato questo il piano?
Anders Ølholm: Senza dubbio. La televisione offre tante opportunità interessanti per una storia più lunga, ma il mio amore più grande è il grande schermo. Dove crei un'opera autonoma con un'emittente più chiaro.
Frederik Louis Hviid: Shorta è un film, organicamente e attraverso la sua trama. Opera attraverso uno spazio e tempo limitato. Non funzionerebbe mai come serie.
È stato difficile da far partire come progetto?
A.Ø.: Ci sono voluti 6 anni. I nostri produttori, Toolbox, sono stati molto bravi, considerando che era la prima volta che lavoravamo come registi, il genere del film, e la forma che volevamo usare per raccontare la storia. Il Danish Film Institute è stato fantastico nel darci supporto completo, incluso quello morale.
F.L.H.: Siamo in un certo senso contenti che sia stato difficile. Perché dovrebbe essere difficile fare un film, specialmente uno come il nostro, e abbiamo superato la prova. Abbiamo avuto un budget decente, non enorme ma desiderabile, anche se questo tipo di genere richiede un po’ di soldi. Siamo riusciti a fare una virtù della nostra mancanza di mezzi. Siamo diventati molto efficienti e concentrati nel processo.
Il quartiere residenziale, Svalegården, non è solo un personaggio in se per se, ma è stato creato appositamente per questo film, non esiste in realtà, come lo avete fatto?
F.L.H.: Siamo andati a giro a filmare in zone differenti per riuscire a mettere insieme questo posto immaginario. Il motivo principale è che non volevamo che le persone, in particolare i danesi, individualizzassero il posto specifico e dicessero “Vedi, queste cose succedono qua”. I vari posti ci hanno anche offerto tante possibilità che sono diventate ideali per le riprese. Puoi entrare da una porta per uscire da un’altra in tutti i modi possibili.
Chi tra voi due fa questo?
F.L.H.: Abbiamo fatto tanta preparazione così da essere tipo due corpi con una sola voce sul set. Prima di ogni ripresa discutevamo la prossima scena da ogni angolo concepibile e paragonavamo le opinioni per vedere quanto lontano ci potevamo spingere. Nel giorno delle riprese sapevamo esattamente come il dialogo doveva suonare o come lo scenario doveva essere. E spesso significava che avevamo due volte tanto il tempo per capire come fare certe cose con il team, perché eravamo due registi e non uno.
A.Ø.: In passato Frederik ha avuto più esperienza nel dirigere mentre io ho principalmente scritto, quindi ci sono sicuramente cose in cui uno è più bravo dell’altro, ma ciò ci completa. È stata una sfida, ma solo positiva.
Lavorerete ancora come coppia un giorno?
F.L.H.: Abbiamo sicuramente intenzione di farlo. Ci conosciamo da tanto tempo e abbiamo imparato molto da ciò.
Siete sicuramente a conoscenza del parallelo tra il giovane immigrato che muore in Shorta per colpa di un presunto atto di brutalità della polizia, e la morte di George Floyd negli Stati Uniti che ha scatenato le rivolte. Visto la tempistica del vostro film, è una coincidenza, giusto?
F.L.H.: Pura coincidenza. Abbiamo preso ispirazione da un incidente Danese, che ha visto coinvolto un giovane attivista di sinistra che è stato abusato da tre poliziotti la vigilia di Capodanno del 1992, il quale ha riportato danni cerebrali permanenti. Ciò che sorprende con questo parallelismo con Floyd è quanto tragicamente ricorrenti questi casi siano. Quasi trent'anni dopo.
A.Ø.: Puoi sicuramente venire scoraggiato, ma spero che il nostro film mostri un po’ di empatia alla fine, e che siamo tutti umani, che tu sia un poliziotto danese o Ali da Svalegården. Siamo speranzosi, almeno.
(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)
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