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VENEZIA 2020 Concorso

Claudio Noce • Regista di Padrenostro

"Da bambini, vivevamo in un clima di paura, senza molte spiegazioni da parte dei nostri genitori"

di 

- VENEZIA 2020: L'italiano Claudio Noce ci parla di Padrenostro, in cui racconta una parte traumatica della propria infanzia

Claudio Noce • Regista di Padrenostro
(© La Biennale di Venezia / ASAC / Giorgio Zucchiatti)

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, presentato in competizione alla 77a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, il regista Claudio Noce affronta una parte traumatica della propria infanzia, mentre cresceva con il padre commissario di polizia negli "Anni di piombo" ed era pericolosamente vicino al fuoco incrociato del terrorismo italiano.

Cineuropa: Padrenostro, senza paragoni, è il suo film più personale. Cosa le ha fatto fare quel passo?
Claudio Noce: I miei viaggi artistici iniziano sempre dentro di me, ma finora mi sono occupato di storie che mi interessavano, come i diversi aspetti dell'immigrazione, ma senza un'esperienza personale. Poi sono arrivato al punto in cui ho sentito che se volevo andare avanti come artista, avrei dovuto trovare il coraggio di attraversare un ponte verso una storia in cui fossi in prima persona il fulcro. Non per ragioni cinematografiche, intendiamoci, ma per sviluppo personale. Da molti anni volevo raccontare questa storia ma non riuscivo a trovare il taglio giusto: i miei tentativi sembravano sempre troppo privati. Ho quindi iniziato a spostare la prospettiva su qualcosa di più universale, pur mantenendo l'essenza personale. Il bambino, Valerio, vive la stessa mia infanzia, e anche quella di mio fratello.

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Nel film, il ragazzo non ha il suo nome ed è anche più grande di circa dieci anni. Ci può parlare di queste scelte?
Il punto di partenza è, ovviamente, molto autobiografico, ma poi la storia si sviluppa e va in altre direzioni, alcune delle quali di finzione. Ne avevo bisogno per le strutture drammatiche e lo spostamento di prospettive. Ma prima di tutto, il film parla di una generazione di bambini "invisibili" - io e mio fratello, e molti altri di quegli anni. Parla dell’atmosfera di guerra nell'aria e della paura che mio padre non tornasse più a casa. Da bambini vivevamo in un clima di paura, senza molte spiegazioni da parte dei nostri genitori.

La “terapia” di girare un film ha funzionato per lei?
Ve lo dirò tra qualche giorno. Ciò che sta accadendo in questo momento, tuttavia, sembra confermare che ha funzionato. Il viaggio di Valerio è il mio viaggio.

Il termine usato è “Anni di piombo” e ci sono stati diversi film italiani su questo periodo sin dagli anni '70 e dai tempi di Elio Petri, per esempio. Più recentemente, abbiamo avuto Buongiorno, notte [+leggi anche:
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di Marco Bellocchio. Cosa pensa della longevità di questo, per così dire, "genere"?
Appartengo a una generazione più giovane di quella di Elio Petri, ovviamente, la generazione che volevo descrivere nel film. Sono stati infatti realizzati molti film importanti - è una ferita nella società italiana che non si è ancora rimarginata. E inoltre, Petri ha realizzato i suoi film "sul momento". Si è anche schierato, cosa che io non faccio. Credo che abbiamo bisogno di tempo per elaborare una cosa come questa. Non è facile e ci si può sbagliare. Il mio desiderio con Padrenostro era mostrare lo spirito del tempo con gli occhi di un bambino. Forse è uno sguardo nuovo sull’argomento, non mostrato da Petri o dagli altri. Spero sia così.

La pandemia ha influito sulla produzione ed è stato in grado di pianificare il suo prossimo progetto, visto lo stato attuale delle cose?
Abbiamo finito in tempo, fortunatamente. Durante il lockdown, ho avuto il tempo per riflettere a fondo su molti argomenti, incluso il modo in cui stiamo cambiando in questo momento, come mondo. Sicuramente il mio prossimo film riguarderà questo cambiamento, e sarà una storia fatta "sul momento".

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(Tradotto dall'inglese da Ernesto Leotta)

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