email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Regno Unito

Simon Ellis • Regista di As Dead as It Gets

"Se ti viene un'idea sul set e ti discosti dalla sceneggiatura, l'intero castello di carte potrebbe crollare"

di 

- Cineuropa parla con Simon Ellis, regista di As Dead as It Gets, uno dei nuovi film interattivi della start-up estone WhatIfI

Simon Ellis  • Regista di As Dead as It Gets

WhatIfI, ideato dagli imprenditori estoni Jaanus Juss e Hardi Meybaum, è una nuova applicazione per iPhone che permette agli utenti di prendere parte alla narrazione interattiva o “story hacking”, come la chiama WhatIfI. La start-up è riuscita a ottenere un investimento di 10 milioni di dollari e i primi due film su WhatIfI sono già disponibili al pubblico. Gli spettatori possono invitare i propri amici a guardare un film interattivo insieme e, al momento di prendere una decisione, possono votare il successivo epilogo della storia.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Uno di questi film è As Dead as It Gets [+leggi anche:
intervista: Simon Ellis
scheda film
]
, con i fidati attori Michael Socha, Roger Sloman e Rupert Procter nei ruoli principali e diretto dal regista britannico Simon Ellis. Il regista, conosciuto specialmente nel mondo dei cortometraggi, ha prodotto opere come Soft (2006), che vinse il premio internazionale della giuria al Sundance e ha anche ricevuto una nomination al BAFTA e agli EFA.

Cineuropa: Cos’ha inspirato As Dead as It Gets?
Simon Ellis:
La contraddizione nella mitologia popolare dei fantasmi in cui gli spiriti possono attraversare le pareti ma non i pavimenti. Volevo correggere questa idea e le limitazioni che ciò può porre ai fantasmi.

Quali sono le sfide nel creare qualcosa del genere?
Costruire un mondo in cui i nuovi dettagli arricchiscono l’esperienza ogni volta che si esplora un nuovo passaggio del labirinto, garantendo allo stesso tempo che ogni singolo filo della storia possa avere senso da solo. Non si sa mai quale strada potrebbe scegliere lo spettatore all’inizio, per cui non si può dare la priorità a rivelazioni drammatiche in una storia piuttosto che in un’altra. Bisogna fare molta attenzione a come e a dove si forniscono le informazioni più importanti.

Un copione tradizionale permette di aprire liberamente le scene e migliorarle o cambiarle direttamente mentre si gira. Con un copione così, invece, in cui ci sono due alberi paralleli e in cui ogni albero contiene numerosi rami, c’è meno spazio per la flessibilità. Se durante le riprese sorge una nuova idea e si sceglie di deviare dal copione, tutto il castello di carta potrebbe crollare. Durante le riprese mi sono sbagliato in due occasioni: la prima è stata per via di un cambiamento fatto per soddisfare la richiesta di un attore, la seconda quando mi sono convinto che un cambiamento avrebbe posto fine a un dilemma particolare che facevo di tutto per risolvere. Il rischio maggiore è che “risolvendo” tali problemi senza l’aiuto di un esperto forense se ne creino altri nuovi.

Un’altra delle preoccupazioni era che cambiare tra diversi fili della storia potesse essere difficile da capire dal cast e dalla troupe. Occuparsi dell’organizzazione è stato un vero e proprio incubo per il nostro primo assistente alla regia: ha dovuto mantenere tutto nell’ordine cronologico per non fare impazzire gli attori (o me), ma, come ben sappiamo, non è sempre possibile.

Anche filmare in formato ritratto è stato un incubo. Durante le preparazioni dicevo che, in un certo modo, era come iniziare a essere regista di nuovo. Tutti gli istinti compositivi che crei durante la tua carriera diventano improvvisamente inutili. Inoltre, capire come trarre vantaggio da un tipo d’inquadratura simile era una sfida continua. Però, quando ha funzionato, è stato davvero soddisfacente.

Ha dovuto cambiare il modo di lavorare con i suoi attori e il modo di approcciare il materiale?
Una delle cose che ho trovato difficili è stato avere poco tempo per ripetere perché eravamo sempre così occupati. Quando una volta insistetti per dedicare venti minuti alle prove e insieme agli attori andammo in un posto tranquillo era come se all’improvviso mi fossi reso conto che non risolvevo soltanto problemi tecnici. Purtroppo, non abbiamo potuto continuare a ripetere. Non c’era neanche tempo di farlo durante la pre-produzione. Dal momento in cui abbiamo ricevuto l’incarico, le cose sono avvenute a tutta velocità, per cui era importante lavorare con attori che conoscevo e di cui mi fidavo. Inizialmente scrissi la parte principale per Michael nel 2009, quando stavo lavorando su un altro progetto, quindi era importante per me che potesse fare parte del team.

Secondo lei questo tipo di narrazione diventerà popolare nei prossimi anni?
Ho dei sentimenti contrastanti riguardo ai film “interattivi” e penso che per far sì che un film si possa definire come tale bisogna rispettare certe regole, alcune delle quali io stesso non ho avuto il tempo di seguire o che ho appreso soltanto con il tempo. Se dovessi fare un altro film del genere farei alcune cose in un altro modo, ma in realtà il mio cuore appartiene alla narrazione lineare.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese da Sara Baroudi)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy