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VENEZIA 2020 Giornate degli Autori

Giorgio Gosetti • Delegato generale, Giornate degli Autori

“Abbiamo il privilegio di aver avuto più tempo, dobbiamo avviare una ricerca di modelli che servano per il futuro”

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- Abbiamo parlato con il delegato generale Giorgio Gosetti delle novità della prossima edizione delle Giornate degli Autori, in programma a Venezia dal 2 al 12 settembre

Giorgio Gosetti  • Delegato generale, Giornate degli Autori

A pochi giorni dalla presentazione ufficiale del programma, il delegato generale delle Giornate degli Autori, Giorgio Gosetti, ci anticipa alcune novità della 17ma edizione della sezione autonoma e indipendente della Mostra di Venezia, da quest’anno diretta da Gaia Furrer.

Cineuropa: Il ritorno “fisico” al Lido e una nuova direzione artistica. Per le Giornate degli Autori, la prossima edizione segnerà un nuovo inizio, anzi due.
Giorgio Gosetti: È un grande orgoglio far parte dell’unico dei grandi festival dell’autunno che, a oggi, si potrà celebrare dal vivo nell’era post Covid. Resto convinto che il momento in cui un film ottiene davvero qualcosa da un festival sia nella comunanza delle reazioni e nell’evidenza dell’essere davanti agli spettatori, altrimenti diventa un gioco virtuale che non è adeguato all’idea di cinema che abbiamo oggi e che mi piacerebbe avessimo anche domani. C’è poi un’enorme soddisfazione di aver potuto scindere i ruoli e avere una persona giovane come Gaia, in cui credo molto, con gusti e un taglio propri, autonoma e diversa da me. La forza di un’associazione come quella delle Giornate è di pensare oltre a una vetrina come quella della Mostra. Il vero vantaggio di avere un responsabile artistico della selezione e un delegato è che il sottoscritto avrà maggior energia e tempo per guidare il lavoro dell’associazione su 12 mesi e non solo su 11 giorni.

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Quali sono le attività per il resto dell’anno? Ci sono già nuovi progetti in cantiere?
Le Giornate sono nate su un progetto che diceva che gli autori riprendono una propria voce e ruolo all’interno del progetto Mostra del cinema, e fin dall’inizio si è detto che non dovevamo essere semplicemente una selezione di film, bensì un progetto più ampio. Lo abbiamo dimostrato in questi anni, con buoni film, scoperte, riconferme di talenti, premi, ma anche approfondimenti, incontri, scambi di idee, convivialità degli autori fra di loro. Attualmente stiamo varando progetti ambiziosi: una sorta di master d’eccellenza su come si trasforma la percezione del cinema grazie alle nuove tecnologie, su come noi spettatori percepiamo la realtà attraverso un modo di costruzione del racconto per immagini completamente cambiato rispetto a trent’anni fa. Un altro master andrà a cercare le radici della costruzione del percorso che ciascun autore ha dentro di sé, tra ispirazioni e trasformazioni. Ne faremo altri, ma ci vogliono tempo, testa, risorse, per dare forza alla selezione stessa.

A parte i dieci titoli in concorso, quali sono le novità di quest’anno? E la selezione di film ha risentito in qualche modo dell’emergenza Covid?
Quest’anno organizziamo una parte del nostro programma con Isola Edipo, una giovane associazione veneziana con un grande progetto culturale e un ideale che ruota attorno ai temi dell’inclusione. Con loro abbiamo progettato una linea di film, incontri, momenti che vanno in parallelo con la selezione in concorso ospitata nelle sale della Mostra.

Quanto alla selezione, mai come quest’anno c’era la tentazione di essere euro/italocentrici, ma lo abbiamo evitato, come credo stia facendo anche Alberto Barbera. Gaia Furrer condivide l’idea che la selezione debba essere una fotografia del mondo, non può essere limitativa, e proprio perché promossa da autori italiani, non può essere in favore del cinema italiano; se proponi troppi film italiani non li aiuti, li uccidi. Ci saranno certamente titoli italiani, ma la misura con il resto del mondo sarà sempre sorvegliata: ci saranno film da America, Asia, America Latina, Europa, anche una regista africana che amo molto.

Quest’anno, alla Mostra, sono previsti circa metà degli accreditati e una capienza delle sale dimezzata. Sarà possibile, per chi non è al Lido, seguire le Giornate online?
Confermiamo la Sala Perla, che è la sala storica delle Giornate, ma ovviamente non potremo garantire lo stesso numero di accessi. Il lavoro più grosso in questo momento è sulle potenzialità che ci dà la tecnologia in campo virtuale; se viviamo queste potenzialità come una sofferenza, le viviamo come qualcosa di temporaneo, ma così non sarà. Bisogna metterci inventiva e progettualità. Quest’anno un primo un passo in questo senso le Giornate lo devono e possono fare, grazie al fatto che la Mostra si fa dal vivo, quindi tutto ciò che possiamo trasferire in rete è una potenzialità in più. Quante volte non abbiamo potuto avere presente un regista o un attore, perché magari era impegnato su un set. Ecco, la virtualità ci consentirà di averlo comunque con noi. Intanto, per la prima volta quest’anno, la conferenza stampa di presentazione del programma delle Giornate (il 23 luglio, ndr) vedrà la partecipazione di tutti gli autori selezionati, che saranno in collegamento via Zoom.

La mia aspirazione è poter garantire a chi non potrà essere a Venezia di vivere al 70% le Giornate come se fosse lì: incontri con gli autori, approfondimenti, presentazioni dei film, una sala virtuale. Voglio che sia un’esperienza esattamente come quella in sala: ci si vede un dato giorno, a una data ora. La deliberazione della nostra giuria di 27 giovani spettatori europei, che quest’anno sarà diretta dal regista israeliano Nadav Lapid, è pubblica già da diversi anni, in streaming: quest’anno vorrei che si sapesse di più, e vorrei che fosse la degna conclusione delle “Giornate degli Autori online”. Anche i social saranno più attivi, ci saranno le dirette. Quando fai un salto in avanti nella tecnologia, è difficile che non resti qualcosa. In generale, quello che temo è che la pigrizia ne faccia un metodo sostitutivo; se ti abitui troppo alla pura virtualità, perdi tutto il resto. Il problema è saper gestire un progetto armonico nel suo insieme. Noi abbiamo il privilegio di aver avuto più tempo e un’opportunità fisica, dobbiamo avviare una ricerca di modelli che servano per il futuro.

Ci può anticipare qualcosa sui temi e i generi dei film selezionati quest’anno?
Un tema forte che mi sembra ricorrente, anche a più largo raggio (penso che investa anche un certo di numero di film che troveremo alla Mostra), è il rapporto con il padre, non solo in senso biologico: c’è il segno di una conflittualità, comprensione e ricerca della figura paterna nella testa di tanti autori. E questo in qualche modo risuona con questo tempo che stiamo vivendo: quando sei costretto a guardare dentro te stesso, entri in dialogo con chi ti ha fatto crescere. Quanto ai generi, confermo che saranno vari come sempre: le Giornate hanno un senso se portano una reale integrazione al progetto culturale della Mostra, se riducono al massimo la categoria “film da festival” e danno più spazio possibile a un cinema pensato per il pubblico, che avrebbe più difficoltà a inserirsi nel progetto Mostra.

Un augurio per Gaia Furrer?
Che dimostri quello che vale. Mi piace sapere che sarà estremamente orgogliosa dei film che ha scelto, perché ci spenderà l’anima. Questo è un mestiere in cui a un certo momento ti butti in acqua… poi devi nuotare tu.

E il motto di quest’anno?
Coraggio e fantasia.

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