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CANNES 2020 Marché du Film

Ferzan Ozpetek • Regista di La Dea Fortuna

“Non si è genitori dalla cintura in giù, bensì sopra, dove ci sono il cuore e il cervello”

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- Abbiamo parlato con Ferzan Ozpetek del successo del suo film La Dea Fortuna, pronto ora a sbarcare all’edizione online del Marché du Film di Cannes nel listino di True Colours

Ferzan Ozpetek  • Regista di La Dea Fortuna

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di Ferzan Ozpetek si prepara a sbarcare sul mercato internazionale. Distribuito nelle sale italiane a dicembre 2019, per un incasso totale di 8,2 milioni di euro, l’ultimo emozionante film del regista nato a Istanbul e naturalizzato italiano spicca nella line-up della società di vendita True Colours al Marché du Film di Cannes online (22-26 giugno). E mentre anche il suo ultimo romanzo, Come un respiro, è al vertice delle classifiche con oltre cento mila copie vendute (ma, come ci confida il regista, per trarne un film preferisce aspettare un po’), parliamo con Ozpetek dei punti forti di La Dea Fortuna.

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Cineuropa: Un ottimo passaggio in sala, due David di Donatello vinti, otto candidature ai prossimi Nastri d’Argento, e il plauso generale della critica. Che cosa ha contribuito, secondo lei, al grande successo di La Dea Fortuna?
Ferzan Ozpetek:
Ho cominciato a capire che questo film aveva qualcosa di speciale dopo la prima proiezione alla Warner. Il film doveva uscire i primi di novembre, e invece il distributore ha detto “ma no, facciamolo uscire a Natale”. Io pensavo che la storia di due uomini con due bambini non fosse così natalizia, e invece avevano ragione loro: il film ha avuto un grande effetto e un bellissimo passaparola, chiunque l’ha visto ha detto di essersi commosso ed emozionato. Ha avuto un impatto molto forte per il pubblico gay, sì, ma anche per le famiglie. Tanti dicevano che hanno fatto vedere il film ai loro bambini, per far capire che mondo è e come sono cambiate le cose, e quanto sia importante il sentimento. Il messaggio (involontario) del film è che non si è genitori dalla cintura in giù, bensì sopra, dove ci sono il cuore e il cervello.

La Dea Fortuna è un film molto toccante, ma con un forte contrappunto umoristico: la fine di un amore, d’altronde, ha anche i suoi lati tragicomici. Come ha bilanciato questi due aspetti?
Per la prima volta, in questo film si affronta il problema di due persone dello stesso sesso che si stanno separando. Di solito, delle coppie omosessuali si racconta sempre il primo incontro, la nascita dell’amore, mai che i due si sono stancati e si stanno per lasciare. Riguardo al tono, è la vita che è tragica e comica insieme, e rispecchia il mio modo di fare: rido anche in momenti molto drammatici. Il dramma deve essere sempre accompagnato da un po’ di leggerezza.

Per il suo ruolo in La Dea Fortuna, Jasmine Trinca è stata eletta miglior attrice ai David di Donatello. Tra le otto nomination del film ai Nastri d’Argento, che saranno consegnati il 6 luglio, c’è quella per il miglior attore, che vede candidati Stefano Accorsi ed Edoardo Leo, insieme. Come riesce a tirar fuori il meglio dai suoi attori?
Jasmine non voleva nemmeno essere candidata come protagonista, perché – diceva – il suo personaggio non era in tutto il film. Ma il suo ruolo è centrale: entra nella vita della coppia protagonista e cambia le cose. Jasmine il ruolo se lo è messo addosso, lei e il suo personaggio si sono mischiate a un certo punto. Anche Stefano ed Edoardo hanno dato tutto, sembravano veramente innamorati. Non ci sono scene di sesso fra loro, c’è solo una carezza su una mano, eppure si sente forte questo grande amore. Io sto molto dietro agli attori, più loro mi danno e più io godo, loro vedono la mia enorme soddisfazione e danno ancora di più. Si crea una grande intesa, è come fare un ballo insieme quasi senza sentire la musica.

La Dea Fortuna è un film che parte da uno spunto molto personale, ma che parla potenzialmente a tutti.
Tante coppie gay vogliono avere figli. Io non ho mai avuto questo desiderio, ma quando mio fratello con due figli si ammalò, mia cognata mi disse “se succede qualcosa anche a me, promettimi che i bambini li terrete tu e Simone”. Dissi ovviamente di sì, ma poi l’idea di una responsabilità del genere mi ha spaventato. Da lì è nata l’idea del film. A questo ho aggiunto la rinascita dell’amore grazie a questi bambini: tu vedi il tuo amato, che un po’ ti sei stancato di amare perché sono passati 16 anni insieme, e scopri come quella persona si comporta con un bambino, quindi sotto un’altra luce. La forza del film sta anche in questo amore pronto a ricominciare. E chiunque può identificarsi. Il film, per esempio, lo volevano comprare i turchi; il capo di questa compagnia era un uomo molto macho, l’argomento omosessualità per lui era difficile da affrontare. Ebbene, dopo averlo visto, mi ha chiamato emozionato, dicendomi che dopo dieci minuti del film già non faceva più caso al fatto che erano due uomini. Penso che la formula vincente sia questa: l’emozione.

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