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BERLINALE 2020 Forum

David Zamagni e Nadia Ranocchi • Registi di Zeus Machine. L'invincibile

“Siamo partiti riscrivendo le dodici fatiche riadattandole al nostro contemporaneo e a ciò che ci circonda”

di 

- BERLINALE 2020: Abbiamo intervistato David Zamagni e Nadia Ranocchi, registi dell’originalissima rivisitazione del mito di Ercole Zeus Machine. L’invincibile, presentata nella sezione Forum

David Zamagni e Nadia Ranocchi • Registi di Zeus Machine. L'invincibile
(© Berlinale)

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scheda film
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, ovvero David Zamagni e Nadia Ranocchi. Il film, prodotto da Zapruder Films e proiettato all’interno della sezione Forum della Berlinale, si presenta come una surreale ed originalissima rivisitazione del mito delle dodici fatiche di Ercole. La nostra conversazione si è soffermata sulla natura della loro cifra stilistica, il processo di casting e scrittura e, infine, sui nuovi progetti del duo.

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Cineuropa: Avete realizzato un film sulle dodici fatiche di Ercole: perché parlarne oggi? Soprattutto, perché con questo particolare linguaggio cinematografico?
David Zamagni e Nadia Ranocchi:
Il tema principale del film è il mito e, di conseguenza, la mitologia. Per affrontare l’argomento e imbrigliarlo all’interno di un meccanismo che procedesse per tappe abbiamo scelto Ercole, un eroe forte e coraggioso che tutti conoscono, spesso proprio perché gli è stato trasmesso dal cinema. L’energia che esprime Ercole ci rimanda direttamente all’energia feroce che muove la storia del nostro tempo nelle sue vicende collettive ed individuali in una compresenza continua di fatica, dramma e comicità. La struttura di questo film è cumulativa e combinatoria. Lo si potrebbe anche vedere come un film con dodici differenti inizi e che poi, nei modi più diversi, sviluppano un nucleo comune, una storia unica, la vita di una sola persona: Ercole, che in questo caso abbiamo preso come simbolo dell’intera umanità.

Sono curioso di sapere come avete lavorato sul processo di scrittura del film.
Siamo partiti riscrivendo le dodici fatiche riadattandole al nostro contemporaneo e a ciò che ci circonda. Il disegno generale è stato progettato in maniera molto minuziosa e, allo stesso tempo, ci siamo lasciati delle strade aperte all’interno di ogni caso o episodio, preparando anche due o tre versioni alternative della stessa “fatica”. Non abbiamo cercato di chiudere la struttura del film dentro una figura finita o armoniosa, piuttosto ci interessava la forza centrifuga generata dalla pluralità dei linguaggi e costruire una specie di macchina per moltiplicare le narrazioni.

Come avete strutturato il lavoro successivo?
A partire dal progetto scritto ci siamo organizzati, di volta in volta, in base alla disponibilità dei performer e delle location, su quale fatica affrontare. Per esempio, abbiamo girato per prima la dodicesima fatica, Salita all’Olimpo, una set-performance che abbiamo organizzato nell’ambito del Festival di Santarcangelo e girato in presenza degli spettatori dell’evento. Nell’arco di due anni abbiamo messo insieme tutti gli episodi e cominciato a lavorare sulla loro successione nonché sul flusso e sul ritmo del film.

Come avete scelto gli interpreti?
In effetti più che attori li definiamo performer, per la maggior parte alla loro prima esperienza davanti alla macchina da presa. Li abbiamo osservati nella realtà, nelle loro attività quotidiane e attitudini. Quando gli abbiamo proposto il parallelo con Ercole, hanno subito accolto il nesso con divertimento, serietà e la determinazione necessaria ad andare fino in fondo.

Il film è ricco di un’ironia delirante, con diverse soluzioni sceniche spiazzanti ed originali. Ci sono dei cineasti in particolare che hanno ispirato la vostra cifra stilistica?
Il modo di scrivere, girare e montare i nostri film ha a che vedere con la nostra ricerca sul linguaggio filmico, con le teorie sul tempo, lo spazio scenico e la durata che costantemente aggiorniamo; con l’idea di film come scultura di tempo che ci portiamo dietro dalle nostre precedenti produzioni stereoscopiche. Ci sono cineasti e artisti con cui possiamo condividere delle tematiche o delle pratiche ma occorrerebbe aprire un capitolo troppo vasto per essere trattato in questo contesto. Di certo nel nostro Olimpo personale ci sono Carmelo Bene, Samuel Beckett, Jacques Tati, Alfred Hitchcock, Jean-Luc Godard, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Antonin Artaud, Francis Bacon e Georges Bataille. Nello specifico contesto di questo film, invece, ci sono riferimenti più o meno espliciti a Hercules di Lewis Coates alias Luigi Cozzi, a Mondo Cane di Gualtiero Jacopetti e ad Il Gigante di George Stevens.

Avete già in programma nuovi progetti?
A gennaio 2020 abbiamo dato inizio a un nuovo progetto filmico articolato in tre differenti set-performance, le quali andranno poi a confluire nel nostro prossimo film. Si tratta di un progetto che indaga l’origine e le qualità visibili e invisibili del linguaggio, l’importanza dei ruoli e dell’addestramento alla comunicazione, che è fondamento di ogni relazione. La prima set-performance, intitolata Anubi Is Not a Dog, si è tenuta in occasione di Artefiera Bologna, dove abbiamo lavorato con tre addestratrici di dog-dance sulla costruzione di coreografie e passi di danza a due con i loro cani.

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