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SUNDANCE 2020 Concorso World Cinema Dramatic

Amanda Kernell • Regista di Charter

"Vedo il mio film come una dichiarazione d'amore per tutti i genitori divorziati che cercano ogni giorno di fare del loro meglio per i loro figli"

di 

- Abbiamo parlato con Amanda Kernell in occasione della prima mondiale del suo secondo lungometraggio, Charter, al Sundance Film Festival

Amanda Kernell  • Regista di Charter
(© Sundance Institute)

Dopo aver presentato il suo primo lungometraggio, Sámi Blood [+leggi anche:
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, al Festival di Sundance, la regista svedese Amanda Kernell torna nel concorso World Cinema Dramatic dello stesso festival con Charter [+leggi anche:
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, un dramma sociale e familiare su una giovane madre che lotta per l'amore dei suoi figli. Kernell ha creato un affascinante personaggio principale interpretato in modo molto convincente dall'attrice norvegese Ane Dahl Torp. Il film è stato girato in gran parte a Tenerife, dove Alice riesce a fuggire con i suoi figli per riconnettersi con loro, mentre il suo ex marito è sulle sue tracce.

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Cineuropa: Perché ha scelto di girare a Tenerife? Cosa simboleggia quel posto per lei?
Amanda Kernell:
Quando penso alle vacanze con la famiglia, penso immediatamente alle Isole Canarie. Molti svedesi ci vanno regolarmente, poiché disponiamo di voli diretti per le varie isole. Per me rappresenta un paradiso artificiale personale, dove è possibile fuggire dalla routine quotidiana. È un posto diverso da casa e allo stesso tempo molto familiare. Il paesaggio di lava solidificata ricorda le montagne del Nord, c'è un tipo di luce blu che abbiamo anche in Svezia, e nonostante il clima soleggiato e caldo, ti trovi di fronte a un ambiente molto aspro. La familiarità del luogo mi dava sicurezza e volevo dimostrare che la madre in Charter sta cercando di creare un'atmosfera favorevole per i suoi figli. Se avesse davvero voluto fuggire con loro e non tornare più, sarebbe andata in un posto fuori dall'Europa, molto lontano, dove le autorità non sarebbero state in grado di interferire.

Qual è stato l'elemento più importante per lei quando ha ideato il personaggio di Alice, la madre?
Volevo che fosse una madre che potesse anche essere una rockstar, qualcuno con potere e carisma. Ho pensato a mia madre per il ruolo. Ho avuto la fortuna di avere una madre fantastica e, in qualche modo, il personaggio di Alice è un omaggio a lei.

Come ha trovato la sua protagonista?
Ane Dahl Torp, che interpreta il ruolo della madre, è un'attrice norvegese che conoscevo dalle varie serie TV che ha fatto. In particolare, è stata la sua performance nei panni della prima allenatrice di calcio femminile del campionato nazionale maschile norvegese in Heimebane che mi ha davvero colpito. Solo poche persone sanno che parla fluentemente svedese, e in Charter è in realtà la prima volta che recita in questa lingua. Volevo un'attrice con carisma e che potesse mostrare allo stesso tempo grande forza e vulnerabilità.

Perché è stato importante per lei raccontare questa storia?
Il mio film è una dichiarazione d'amore per tutti i genitori divorziati che cercano ogni giorno di fare del proprio meglio per i propri figli. Nei miei film, mi occupo sempre di argomenti come perdono, responsabilità e tradimento. Voglio dimostrare che se una persona viene giudicata per ogni sua azione, troverai inevitabilmente qualcosa che non va bene. Nessuno può superare un test del genere. E i genitori che lottano per la custodia dei loro figli passano attraverso un esame come questo. Voglio che il pubblico sia consapevole di questo e, in qualche modo, chiedere perdono per il mio personaggio. Sono sicura che siamo tutti abbastanza veloci nel giudicare gli altri. Inoltre, mi interessa parlare di argomenti come questo, che coinvolgono le persone molto più di quanto pensiamo, ma che spesso rimangono tabù. Con Charter, ho voluto indirizzare la discussione su cosa significhi essere una buona madre, parlare di colpa e stigma, soprattutto quando si tratta di donne e della loro decisione di condurre una vita autodeterminata.

Da quali fonti trae ispirazione artistica?
Mi sento legata al cinema danese. Vivo in Danimarca da oltre dieci anni e ho sempre più familiarità con un certo modo di pensare. Per quanto riguarda il cinema, direi che mi piace raccontare storie che lascino il pubblico scosso e che scatenino discussioni su argomenti sociali. Inoltre, preferisco una forma minimalista quando giro un film, con la camera che si avvicina ai personaggi, ed evito di sovraccaricare il film con le scenografie.

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(Tradotto dall'inglese)

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