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LES ARCS 2019

Régis Roinsard • Regista di Les Traducteurs

"Giocare è importante"

di 

- Abbiamo parlato con Régis Roinsard, regista (e appassionato di magia) del film d'apertura del Festival di Les Arcs Film di quest'anno, Les Traducteurs

Régis Roinsard • Regista di Les Traducteurs
(© Aurélie Lamachère / Les Arcs Film Festival)

Con un cast internazionale che include Lambert Wilson, Olga Kurylenko, Riccardo Scamarcio e Sidse Babett Knudsen, Les Traducteurs [+leggi anche:
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 di Régis Roinsard, film d’apertura del Festival di Les Arcs di quest'anno, vede un gruppo di traduttori convocati per tradurre la terza parte di una trilogia di successo in assoluto isolamento. Eppure le prime pagine del romanzo iniziano improvvisamente a comparire online.

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Cineuropa: Al giorno d'oggi sembra che i buoni vecchi whodunit stiano godendo una sorta di rinascimento, con Knives Out di Rian Johnson in testa. È per questo che voleva crearne uno suo?
Régis Roinsard:
Anche da piccolo ero appassionato delle opere di Hitchcock, e pure di Agatha Christie. I miei genitori adoravano i suoi romanzi. Li leggevo anche io, ma ero più interessato a lei come persona – dopotutto, è stata una delle prime autrici donne in Inghilterra a raggiungere quel tipo di successo. Era amata, ma anche disprezzata, a volte solo perché era una donna. C'è stato anche un momento nella sua vita in cui è scomparsa! L'ho trovato affascinante.

Ci sono momenti di leggerezza qui, anche se il film va in territori oscuri il più delle volte.
È sempre difficile trovare il tono giusto di un film. Penso che alla fine sia diventato molto più oscuro di quanto non fosse implicito nella sceneggiatura, ma ora l'umorismo è molto più forte, specialmente nelle scene più drammatiche. Penso spesso a questo paradosso, che possiamo provare anche nelle nostre vite. Anche nei momenti più “leggeri” possiamo sentire l'oscurità avvicinarsi, e viceversa.

È stato interessante vedere la maggior parte del cast sul palco di Les Arcs menzionare quanto fosse meraviglioso lavorare con persone di nazionalità e background diversi. È stato bello anche per lei?
Ci è voluto un anno per completare il cast. È stata una lotta trovare gli attori giusti per i ruoli, ovviamente, ma anche che parlassero fluentemente il francese. Interpretano dei traduttori, quindi ti aspetti che padroneggino la lingua. Volevo davvero lavorare con un cast internazionale. Il mio primo film, Tutti pazzi per Rose [+leggi anche:
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, è stato proiettato in tutto il mondo, ho viaggiato in così tanti posti e così per questo film ho scelto i paesi che ho visitato e conosciuto per un po' di tempo. La cosa interessante è che l'attore greco [Manolis Mavromatakis] capisce molto bene il francese, ma non lo parla. Quando l'ho incontrato a Parigi, me lo ha spiegato – prima, aveva semplicemente memorizzato le battute foneticamente. All'inizio ero un po’ dubbioso, perché mi piace improvvisare sul set. Ma ha davvero tenuto botta ed è persino diventato una specie di figura paterna per l'intera crew. Al termine del suo lavoro, le persone avevano le lacrime agli occhi.

Ora capisco perché il suo personaggio si presenta un po' come un estraneo. Sono tutti così diversi, in effetti: una assomiglia a Lisbeth Salander, l'altra è una vera Bond girl.
Volevo giocare con tutte queste mitologie. La Katerina di Olga Kurylenko sembra uscita direttamente da un film di Hitchcock o da un romanzo di Daphne du Maurier, e Telma [Maria Leite] assomiglia davvero a Salander. Sidse Babett Knudsen era in Inferno, e uno dei punti di partenza del film è stato un articolo che lessi su 12 traduttori che sono stati tenuti in isolamento da qualche parte in Italia per tradurre un romanzo di Dan Brown. Quando ne ho sentito parlare per la prima volta, non riuscivo a crederci. Mi sono detto che era tutto un gioco da fare con lo spettatore, perché in un certo senso è una storia di persone che sono costrette a diventare attori, impegnate a recitare in una certa parte. Con il cast, abbiamo visto insieme The Breakfast Club dato che c'è un certo legame con il nostro film, credo. Si tratta in entrambi i casi di persone confinate in uno spazio, di estranei che si conoscono piano piano. Inoltre, in quel film, tutti gli attori erano molto giovani all'epoca, all'inizio della loro carriera, quindi questo senso del gioco era molto palpabile. Volevo inserirlo in Les Traducteurs.

Il film sembra un suo commento alla cultura del "no spoiler". Pensa che conoscere alcuni dettagli rovini davvero l'intera esperienza per il pubblico?
Sicuramente dice qualcosa sul nostro mondo. Tutti vogliono sapere il finale, il prima possibile, prima di prendersi il tempo per guardare o leggere qualcosa. Lo vedi nel modo in cui le persone guardano o piuttosto consumano contenuti visivi, ed è per questo che è stato così fantastico mostrare questo film a Les Arcs. Certo, anche io guardo cose sui servizi di streaming, ma non è lo stesso. Ovviamente non vuoi spoiler, ma credo sia importante giocare, divertire lo spettatore e magari manipolarlo un po'. Proprio come quando mostri un trucco magico. Io non li so fare, almeno non ancora, ma parlo abbastanza spesso con i maghi. Woody Allen è uno di loro, anche Orson Welles e Jean Cocteau facevano magie. Bisogna farsi trasportare.

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(Tradotto dall'inglese)

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