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VENEZIA 2019 Sconfini

Federico Ferrone, Michele Manzolini • Registi de Il varco

“Vogliamo portare avanti questo percorso di rielaborazione e commistione di documentario, archivio e finzione”

di 

- VENEZIA 2019: Abbiamo posto alcune domande a Federico Ferrone e Michele Manzolini, i due registi de Il varco, documentario italiano presentato nella sezione Sconfini

Federico Ferrone, Michele Manzolini  • Registi de Il varco
(© Thomas Foresti)

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, presentato nella sezione Sconfini della 76a Mostra di Venezia. Il documentario racconta, attraverso l’uso creativo di immagini di archivio ed una narrazione coinvolgente, il viaggio di un soldato italiano diretto al fronte sovietico.

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, di portare avanti un percorso di rielaborazione cinematografica degli archivi filmici e della memoria, ma stavolta con maggiore libertà creativa. Volevamo esplorare il periodo del ventennio fascista e della Seconda guerra mondiale. Nel corso di lunghe ricerche negli archivi di Home Movies a Bologna e dell'Istituto Luce a Roma ci siamo imbattuti in due fondi girati da soldati italiani durante la campagna russa, Adolfo Franzini ed Enrico Chierici. Questi ci hanno orientato verso la scelta del contesto, che poi abbiamo liberamente rielaborato, con una narrazione che ridà vita a materiali straordinari tramite il montaggio e la musica, e crea un'opera del tutto nuova.

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Emidio Clementi è la voce narrante del film. Quali caratteristiche avete cercato nel narratore in fase di pre-produzione? Cosa vi ha portato a scegliere Clementi?
Il film è interamente sostenuto da un unico punto di vista e un’unica voce, articolata come un flusso di coscienza. Temevamo che una voce da attore classico non avrebbe funzionato, creando distacco e senso di artificio. Conoscendo il lavoro di Emidio, sia da scrittore che da musicista, e ascoltando le registrazioni del suo reading musicale Notturno americano, ci siamo definitivamente convinti. Già nella scrittura preliminare del testo abbiamo immaginato una durata e un tono delle frasi che si adattassero al suo stile. Lui si è messo a disposizione con umiltà straordinaria. Abbiamo preparato a lungo il testo insieme, modificandolo anche in base alla sua sensibilità musicale e letteraria.

La colonna sonora di Simonluca Laitempergher arricchisce preziosamente la narrazione e riesce a rendere ancor più vivide le atmosfere raccontate. Com’è nata la collaborazione con lartista bolzanese?
Simonluca aveva curato la musica e il sound design del film Storie del dormiveglia [+leggi anche:
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di Luca Magi, prodotto sempre da Kiné e co-sceneggiato da Michele. La collaborazione con lui è iniziata da subito, prima ancora che il film avesse una vera e propria ossatura narrativa. Anzi, i temi che ha composto in fase embrionale ci sono serviti a orientare la struttura del montaggio. Il suo lavoro è stato totale e ci ha accompagnato anche nella registrazione della voce e nella messa a punto di un universo sonoro ricreato completamente da zero, essendo i filmati d'archivio scelti completamente muti all'origine.

Quale contributo alla scrittura del film ha apportato la collaborazione con Wu Ming 2?
La scelta di lavorare insieme nasce dalla nostra ammirazione per il lavoro di tutto il collettivo. Wu Ming 2, poi, aveva alle spalle due esperienze nella riscrittura cinematografica di filmati d’archivio, col documentario L’uomo con la lanterna [+leggi anche:
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e un episodio del film collettivo Formato ridotto. Ammesso abbia un senso, non è facile distribuire i contributi di ciascuno in una scrittura a più mani. Lui è stato eccezionale nel mettersi a disposizione del progetto, proponendo possibilità narrative sin dall’inizio ed aiutandoci ad arricchire il testo una volta tracciata una strada.

Avete intenzione di lavorare su altri progetti adottando la stessa cifra stilistica? Quali temi vorreste esplorare in futuro?
Vogliamo portare avanti questo percorso di rielaborazione e commistione di documentario, archivio e finzione ancora per un po’. Magari con un ulteriore passo avanti nell’ambito della finzione, ad esempio coinvolgendo più attori. La scelta dei temi, invece, nasce da suggestioni personali e da un nucleo di temi di fondo, ma anche dalla contingenza degli elementi d’archivio nei quali ci imbattiamo in itinere. Senza i filmati di Sauro Ravaglia e dei suoi amici, non avremmo realizzato Il Treno va a Mosca. Senza quelli di Franzini e Chierici, non sarebbe nato Il Varco. Non si tratta di casualità: per il genere che stiamo esplorando non ha senso stabilire temi e narrazioni troppo chiuse. Per noi è più importante lanciarsi in una ricerca ed essere pronti a rielaborare i diversi elementi trovati o immaginati in maniera libera, anche cambiando strada in corso d’opera.

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