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ANGOULÊME 2019

Laurent Micheli • Regista di Lola vers la mer

"Lasciare che le minoranze si riapproprino delle loro storie"

di 

- Incontro con Laurent Micheli, che ci parla del suo nuovo film, Lola vers la mer, presentato questa settimana al Festival del film francofono di Angoulême

Laurent Micheli  • Regista di Lola vers la mer

Incontro con Laurent Micheli, che ci parla del suo nuovo film, Lola vers la mer [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Laurent Micheli
scheda film
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, ritratto di una ragazza transgender di 18 anni che deve fare pace con il passato e riconciliarsi con suo padre per andare avanti, presentato questa settimana al Festival del film francofono di Angoulême.

Cineuropa: Come nasce il desiderio di fare questo film?
Laurent Micheli
: È un doppio desiderio. Volevo parlare del rapporto con il padre, tornare ai miei ricordi, esplorare i miei conflitti adolescenziali. Volevo anche parlare di transidentità. Essendo omosessuale, sono molto sensibile a tutti le problematiche LGBT, e la questione trans mi sembra importante e attuale. Lo vedo anche come un bel modo di parlare delle minoranze in generale.

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Chi è Lola, la sua protagonista?
Ho cercato di immaginare il personaggio il più moderno, il più contemporaneo possibile. Volevo che fosse di per sé molto libera in rapporto a ciò che è, ma ostacolata dalla società, che sprigionasse un'energia da eroina, pronta a far scoppiare tutto, determinata a non essere una vittima. Cerca il suo posto nel mondo, un mondo non ancora pronto ad accettare persone come lei.

Ma non volevo che Lola fosse caricaturale nella sua femminilità, sognavo una femminilità più fluida. Anche se Lola si considera una ragazza trans, in maniera binaria quindi, ho voluto confondere i confini di genere così come li concepiamo.

C’era bisogno che al cospetto del personaggio di Lola, quello di suo padre creasse empatia. Come lo ha immaginato?
È stato il personaggio più complicato da scrivere per me. All'inizio ero nell'archetipo, e ho dovuto decostruire il personaggio e i suoi cliché in corso di scrittura. Forse è la mia idea di mascolinità e di paternità che ho decostruito!

Certo, non volevo un personaggio troppo manicheo. Era necessario trovare la durezza, la chiusura, ma anche rendere conto della sua fragilità di fronte a questa situazione, in modo che lo spettatore potesse condividere i suoi interrogativi.

Da genitori, si subisce una pressione folle; vogliamo avere successo, fare meglio dei nostri genitori, partiamo da una premessa troppo grande. E a volte, nostro figlio ci impedisce di riuscirci, di essere il genitore che abbiamo sempre sognato di essere. Questo crea dolore, ovviamente.

Il film offre a Lola e suo padre un viaggio sia sulla strada che nel tempo...
Volevo davvero che riesaminassero il loro passato e che se ne riappropriassero, specialmente il personaggio di Lola. Alla fine è quasi il suo conflitto principale, fare pace con il suo passato e con la bambina che è stata.

Il problema qui è che Lola e suo padre non hanno vissuto lo stesso passato, non hanno comunque lo stesso ricordo. Questo è ciò che crea conflitto, non hanno la stessa lettura della loro storia. Confrontandosi, possono riscrivere una nuova storia e gettare nuove basi per il loro rapporto.

Le diverse tappe del road movie permettono anche di creare un dialogo, di forzare l'intimità?
Volevo stimolare il dialogo tra questi personaggi che hanno alle spalle anni di non detto. Era un bell’artificio narrativo per creare il dialogo. Volevo mostrare la violenza della loro relazione.

È una violenza subita dalle persone trans ogni giorno. Sì, la nostra società è progressista. Tuttavia, c'è una vera recrudescenza di aggressioni omofobiche e transfobiche. È una violenza di sistema, una violenza sociale, e il prisma della famiglia, che è essa stessa un sistema, permette di descrivere, di mettere in scena questa violenza in un microcosmo narrativo.

Per incarnare questa minoranza essenzialmente assente dagli schermi, aveva bisogno di un'attrice che appartenesse a questa minoranza?
Nel nostro caso, ci è voluto molto coraggio, perché Mya non aveva mai recitato. Come regista, non nascondo che potesse essere un po' angosciante! Ma era una scommessa che volevo fare, con Mya. Era il nostro patto. Mya, è la mia scelta di messa in scena più forte.

È una questione molto ampia, di cui si discute, alla quale non ho finito di rispondere. Ma dovevo raccontare questa storia in questo modo, con questa attrice. È ovviamente militante, questa scelta. Mira a una riappropriazione da parte delle minoranze delle storie che appartengono a loro. Non dovrà essere necessariamente così per sempre, ma oggi è importante che le persone trans, o anche razzializzate, abbiano ruoli da protagonista al cinema.

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(Tradotto dal francese)

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