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LOCARNO 2019 Cineasti del presente

Matjaž Ivanišin • Regista di Oroslan

"Credo che ogni persona possa essere una storia"

di 

- Abbiamo parlato con il regista sloveno Matjaž Ivanišin prima della première del suo film Oroslan a Locarno

Matjaž Ivanišin • Regista di Oroslan

Nella nuova pellicola di Matjaž Ivanišin Oroslan [+leggi anche:
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, presentata al Festival di Locarno nella sezione Cineasti del presente, viene concessa una seconda opportunità anche ai morti, visto che il decesso di un uomo spinge i suoi concittadini a condividere dei racconti e delle storie su chi fosse lui. L’obiettivo è mantenerne vivo il ricordo e dare la sensazione che sia più vicino che mai, anche a chi lo conosceva a malapena.

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Cineuropa: In Oroslan ha deciso di concentrarsi sulla minoranza slovena che vive in Ungheria. Perchè lo ha fatto?
Matjaž Ivanišin:
Beh, il film si basa su un racconto di Zdravko Duša, ma ho voluto stravolgere la storia, cercando di distinguerli un po’. Ho continuato a cercare a lungo il luogo giusto in cui girare la pellicola e in qualche modo, mentre stavo attraversando questi luoghi in macchina, ho pensato che potessero essere il posto adatto. Ho iniziato a parlare con i residenti e mi sono subito innamorato dei loro volti, oltre ad essere rimasto affascinato dal loro dialetto. Questi elementi erano sufficienti per me. Una volta che ho scelto questo luogo, ho chiesto agli abitanti di partecipare alle riprese, perché sapevo di dover contaminare la mia sceneggiatura con alcune delle storie della regione.

Ho notato che ha citato il lavoro di Duša nei titoli di coda, ma il suo film è anche molto personale.
Per me quel racconto è stato solo uno spunto, un punto di partenza. Quando l’ho letto la prima volta non era molto conosciuto, visto che non era altro che una sorta di sceneggiatura teatrale. Leggendolo, avevo avuto la sensazione che lui stesse parlando di qualcosa che era successo anche alla mia famiglia. Lui nel racconto parla di suo fratello e, pur non avendolo mai incontrato, sono riuscito a immaginarmelo. Quell’immagine era simile al ricordo che avevo di uno dei miei parenti: era lui ma, allo stesso tempo, non lo era. In quel preciso momento ho cominciato a riflettere sulla possibilità di raccontare qualcosa di simile in un film. Non credo sia possibile fare un adattamento 1:1, visto che letteratura e cinema rappresentano due canali comunicativi molto differenti. Si tratta semplicemente di un compito troppo complesso, e tra l’altro ognuno di noi interpreta una storia in maniera differente. Ho dovuto capire quale fosse la mia chiave di lettura.

Nonostante la tanta sofferenza che si percepisce in questa cittadina, riesce comunque a trovare la luce alla fine del tunnel. Per esempio, c’è una scena in cui due uomini discutono di come un lungo tavolo potrebbe essere usato per qualsiasi scopo: sopra ci si può distendere una salma o si può macellare un maiale ecc.
La vita è fatta così. La si può osservare da tante angolazioni diverse, ma se una situazione è dolorosa o drammatica, o per lo meno sembra esserlo se la si guarda da vicino, basta frapporre una cinepresa tra te ed essa e tutto diventa un po’ più divertente. La cinepresa crea un po’ di distanza. La prima parte del film si concentra di più sulla morte di Oroslan, ma la seconda è decisamente più pragmatica. Poi cominciano a circolare tante storie e lui continua a vivere nella memoria altrui. Alla fine lui continua a vivere in questi racconti.

Ogni volta che succede qualcosa del genere in un film, solitamente ci sono una serie di flashback a mostrare questa persona quando era ancora in vita. Tuttavia, nonostante l’assenza di queste immagini, si riesce comunque a immaginarsi questa persona senza problemi.
Il mio obiettivo: far sì che ogni spettatore potesse crearsi una sua immagine di quest’uomo, di chi fosse. È tutto nelle vostre mani. Come ho detto prima, mentre ero immerso nella lettura del racconto ho creato questo individuo del tutto nuovo, che altro non era che il risultato della commistione tra la persona descritta e il ricordo del mio parente in carne e ossa. Ho continuato a portare con me questa immagine anche durante le riprese perché Oroslan è tutte queste cose: è un membro della mia famiglia e il protagonista del racconto di Dusa, oltre a essere originario della regione in cui abbiamo girato il film.

Com’è stato lavorare con i residenti del posto? La loro recitazione è incredibilmente naturale.
Abbiamo deciso insieme di cosa avrebbero parlato e quali storie avrebbero raccontato. Alcuni di loro le conoscevano molto bene e ciò li ha aiutati nel loro compito, ma volevo essere certo che queste fossero anche le loro storie. Li abbiamo semplicemente messi in un contesto diverso.

Quindi loro sono dei co-sceneggiatori in un certo senso?
Io credo che ogni persona possa essere una storia e un racconta-storie. Volevo dare loro abbastanza spazio per sentirsi a proprio agio davanti alla cinepresa, anche perché non avevano mai fatto nulla di simile prima, non avevano neanche mai pensato alla possibilità di prendere parte alle riprese di un film.

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(Tradotto dall'inglese da Emanuele Tranchetti)

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