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Kenneth Mercken • Regista di Coureur

"L'autenticità della trama era di fondamentale importanza"

di 

- Cineuropa ha parlato con il regista belga Kenneth Mercken del fatto di romanzare la sua storia vera preservandone l'autenticità in Coureur

Kenneth Mercken • Regista di Coureur
(© Toon Aerts)

Il regista belga Kenneth Mercken ha presentato la sua pellicola d’esordio semi-autobiografica, Coureur [+leggi anche:
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, in anteprima internazionale all’International Film Festival Rotterdam. Cineuropa lo ha incontrato per parlare di come ha romanzato questa sua esperienza di vita pur rimanendo fedele all’autenticità.

Cineuropa: La sua pellicola d’esordio, Coureur ruota intorno al ciclismo. Anche Koen Mortier ha recentemente realizzato un film sul ciclismo, Angel [+leggi anche:
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, e sia lui che Eurydice Gysel hanno prodotto il suo film. È una coincidenza?
Kenneth Mercken: Sì, è esilarante che entrambi abbiamo deciso di fare un film sul ciclismo. Penso sia una coincidenza, sì. Koen è decisamente un appassionato ed è per questo che si è interessato a Coureur fin dall’inizio. Avevo iniziato a scrivere Coureur sei anni fa e Koen ha letto il libro per Angel qualche anno dopo che Coureur ha cominciato a essere sviluppato.

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I vostri stili, tuttavia, sono diversi. È riuscito a influenzarla in qualche modo?
Koen era estremamente affezionato a questo progetto. Avevo realizzato un cortometraggio sul lato oscuro del ciclismo come progetto di tesi mentre studiavo e nel momento esatto in cui ha visto il montaggio, se n’è innamorato. Quindi, la nostra collaborazione risale a molto tempo fa. La sua influenza è tale che riesce a capire cosa voglio ottenere senza imporre i suoi punti di vista. Koen si è sempre assicurato di non influenzarmi troppo. Sapeva cosa volevo creare e lo aggiungeva. Era legato al progetto anche in qualità di coach per lo sviluppo del copione, pertanto si sentiva estremamente vicino a Coureur anche da un punto di vista creativo.

Coureur è un miscuglio di avvenimenti inventati e altri realmente accaduti.  Come è riuscito a bilanciarli tra di loro?
Volevo veramente raccontare la mia storia dal momento che ho vissuto tutte quelle esperienze sulla mia pelle. Tuttavia, ho compreso che per girare un film a riguardo, avrei dovuto romanzare gli avvenimenti e creare una certa distanza. E non è stato molto semplice. All’inizio, si trattava principalmente di aneddoti. Al momento di introdurre i personaggi che avrebbero rappresentato me e mio padre, non volevo che fossero troppo documentaristici, poiché non avrebbe funzionato nella storia. Durante la produzione, sono riuscito a vedere i personaggi da un punto di vista esterno. La stessa cosa è successa per il montaggio. Puoi affezionarti molto al materiale che hai girato. Per tagliare e vedere la storia che si sviluppa, hai bisogno di tempo.

In che modo ha scelto gli attori, dal momento che erano basati su persone realmente esistite?
Prima di tutto, dovevamo decidere se il protagonista doveva essere interpretato da un attore o da un ciclista. Insieme ai produttori abbiamo pensato sarebbe stato meglio scegliere un ciclista, sebbene ci siamo riservati delle opzioni durante i provini. In secondo luogo, l’attore doveva essere un ciclista perché era necessario che avesse il fisico adatto e sapesse il gergo, dal momento che ho preferito l’improvvisazione. Ho avuto l’impressione che molti attori giovani fingessero di essere ciclisti, tranne Niels Willaert che lo era per davvero. Sono rimasto molto colpito da quanta espressività riusciva a trasmettere col suo corpo.

Il film ha due intrecci fondamentali, il rapporto padre-figlio e un ambiente sportivo pericoloso e competitivo. Quale è la relazione tra i due filoni di storia?
La vedo piuttosto dualistica. Per me, il rapporto padre-figlio è il più importante tra i due, nonostante volessi raccontare questo mondo proibito che, in qualità di ex ciclista professionista, avevo vissuto da cima a fondo. L’autenticità del filo della storia era di fondamentale importanza per infrangere l’omertà. Volevo però anche impartire un insegnamento.

Non teme la reazione negativa da parte di alcuni ciclisti professionisti per il ritratto poco lusinghiero di questo sport, che include doping e stimolanti?
Sapevo a cosa stavo andando incontro. Ho lavorato a questo progetto per così tanto tempo, che spero tantissimo ci siano delle reazioni a riguardo. Sarebbe molto positivo riuscire ad avere una discussione sul doping e su quanta pressione subiscono i giovani atleti.

Ha girato un finale alternativo a quello originale?
No, volevo che il film finisse esattamente come finisce. Forse è stato del tutto istintivo, ma sentivo che era importante sottolineare che fosse la mia storia.

Quel video è una sorta di conferma dell’autenticità.
Certamente, ma è complicato. In un certo modo, è reale, ma la scena con la trasfusione di sangue, che io considero prima di tutto abbastanza simbolica, non è mai accaduta. Per un altro verso, sono certo che mio padre lo avrebbe fatto per me.

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(Tradotto dall'inglese da Carlotta Cutrale)

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