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IFFR 2019 Concorso Bright Future

Ico Costa • Regista di Alva

"Gli attori non professionisti sanno sempre darmi qualcosa a cui non avevo pensato prima"

di 

- Cineuropa ha intervistato il regista portoghese Ico Costa per parlare della sua sfida alla struttura narrativa convenzionale e il lavoro con attori non professionisti in Alva

Ico Costa  • Regista di Alva

Il regista portoghese Ico Costa torna all’International Film Festival Rotterdam, dove il suo corto Nyo vweta Nafta fu proiettato nel 2017, per svelare il suo ultimo film, Alva [+leggi anche:
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intervista: Ico Costa
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, in anteprima mondiale nel concorso Bright Future. Il suo nuovo lavoro è un’osservazione minimalista e naturalistica del suo protagonista, che esula da una struttura narrativa classica. Cineuropa ha parlato con il regista di questo, del suo lavoro con attori non professionisti e del confine sottile tra finzione e documentario.

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Cineuropa: Ha realizzato Alva perché era interessato a certe storie nuove e voleva sperimentare con lo storytelling. Qual è stato l’impulso più forte per il film?
Ico Costa:
Credo entrambi. Quando hai un’idea, di solito parte da qualcosa che hai visto o letto. Ma come inserisci tutto ciò in un film dipende da altre esperienze. Nel mio caso, sono i film che avrei visto, le cose che mi piacciono e il modo in cui mi piace fare un film. Chiaramente, il modo in cui fai un film dipende anche dal soggetto, i personaggi e il ritmo. Alva parla di un uomo che è solo, e non c'è molto spazio per andare oltre. Non farei un film con dialoghi o una narrativa classica. Volevo sapere cosa stava succedendo nella testa del protagonista.

Aveva uno script convenzionale, visto che non c’è molto dialogo?
Avevo uno script molto convenzionale, ma era piuttosto breve perché, appunto, non c’è praticamente dialogo. Quasi tutto era scritto, ma alcune scene magari no. Preferisco sempre essere sul set, prendere un bel respiro, far partire la macchina e lasciarla girare.

Fa uso di improvvisazione?
In un certo senso; l’attore protagonista non è professionista e ha il suo ritmo. Una settimana o due prima delle riprese, siamo andati nel bosco insieme per provare, e mi sono reso conto che lui ha un ritmo che è impossibile controllare. Mi sono dovuto adattare a quel ritmo – in realtà, tutta la crew ha dovuto farlo. Scene che credevo avrebbero preso un minuto ne hanno presi invece quattro, quindi ho dovuto improvvisare molto su questo.

Lei omette molte informazioni sul protagonista e la sua situazione.
Certo; volevo vedere come la gente reagisce a una situazione del genere. Davvero non volevo raccontare una storia con un inizio e una fine; non volevo spiegare cose. Volevo che il pubblico vedesse il protagonista nella natura, immerso nei suoi pensieri e nei suoi dubbi. Ma non volevo spiegarlo; non mi interessano le cause e gli effetti, ma piuttosto ciò che sta in mezzo.

Il suo progetto precedente Barulho, Eclipse era un documentario. Lo stile di Alva è influenzato dalla regia documentaristica?
Barulho, Eclipse è più un film concettuale, ma il mio corto precedente Nyo Vweta Nafta è una specie di ibrido tra documentario e finzione. Penso sempre in termini di finzione; penso in modo molto preciso, anche se poi mi concedo di improvvisare. In ogni caso, il limite tra documentario e finzione non mi interessa molto. Girerò un nuovo film a maggio, che è cominciato come una fiction e ora è più un documentario. La questione principale è che non mi piace proprio lavorare con attori professionisti, perché mi piace il processo di lavoro con i non professionisti. Sono sempre in grado di darmi qualcosa a cui non avevo pensato. Credo di riuscire a ottenere di più in questo modo, al contrario dell’attore che sta lì a pensare a cosa il personaggio dovrebbe pensare – “Fammi capire il regista cosa vuole che io pensi”. Con gli attori non professionisti non è mai così.

Lo avrebbe fatto in modo diverso se avesse avuto un budget più alto?
Avrei pagato meglio la crew, e avremmo fatto più riprese se avessimo avuto più pellicola. Ma questa è una storia che andava girata in modo minimale, quindi non so le cose come sarebbero cambiate drammaticamente se avessi avuto più soldi. Non volevo portare altra gente sul set, o avere più luci e macchinari. In questo senso, l’approccio era più da documentario: hai una piccola squadra, e puoi essere più vicino alla realtà e muoverti nei posti senza che la gente ti noti molto.

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(Tradotto dall'inglese)

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