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DOK LEIPZIG 2018

Claudia Tosi • Regista di Avevo un sogno

“La voglia di rimboccarsi le maniche"

di 

- Incontro con Claudia Tosi, che si è aggiudicata tre premi al DOK Leipzig, tra cui la Colomba d'oro, per Avevo un sogno, sul percorso politico di due donne italiane negli ultimi dieci anni

Claudia Tosi  • Regista di Avevo un sogno

Incontro con la regista italiana Claudia Tosi, che si è aggiudicata tre premi al festival DOK Leipzig, tra cui la Colomba d'oro e il Premio FIPRESCI, per il film Avevo un sogno [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Claudia Tosi
scheda film
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, sul percorso politico di due donne italiane negli ultimi dieci anni.

Cineuropa: Qual era il progetto all’inizio? Quando è venuta l’idea, fondamentale, dell’approccio retrospettivo con commento delle protagoniste dieci anni dopo? 
Claudia Tosi: Quando iniziai a girare nel 2008, avevo in mente di fare un instant movie sulle elezioni politiche. A quel tempo, Berlusconi era all’apice della sua fama internazionale, più per demeriti che altro, e quelle elezioni parevano annunciare la sua sconfitta definitiva. Mi sembrava simbolico raccontare il tramonto di Berlusconi dalla prospettiva delle donne, così penalizzate dalle sue politiche, e volevo farlo dall’interno, attraverso la vicenda personale di due cittadine comuni, non professioniste della politica, ma molto impegnate e appassionate. Da loro, iniziai ad imparare cosa significhi fare politica, quanto sia difficile il confronto con le persone, fare sintesi dei loro bisogni e riuscire ad ottenere risultati quando i bisogni sono tantissimi. Berlusconi, tuttavia, vinse le elezioni, quindi il mio instant movie perdeva la sua ragion d’essere. Avevo una cronaca degli eventi, ma non mi sembrava di aver colto nulla di universale. Misi il film da parte, poi nel 2011, parlandone con un’amica produttrice norvegese, lei mi esortò a riprenderlo in mano. La nascita del movimento femminile Se Non Ora Quando mi diede un nuovo spunto narrativo da sviluppare. Nel 2016 mi resi conto, guardando il materiale dalla prospettiva delle mie protagoniste, che la storia che stava emergendo era quella di una delusione. Ma questo cozzava con ciò che io vedevo, ovvero due donne appassionate e battagliere capaci di suscitare fiducia e speranza, una boccata d’ossigeno in un mondo avvelenato dai venti dell’anti-politica e dall’affermazione del populismo. Volevo che entrambe le prospettive vivessero nel film, così pensai di organizzare la proiezione del materiale e lasciai Manuela e Daniela libere di discuterne con me, per confrontare i nostri punti di vista. Fu molto divertente. Questo mi permetteva anche di fornire una cornice coerente a materiali girati con camere diverse e collocare il racconto nell’oggi, innescando una lettura più articolata e stratificata.

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Vede il processo del loro distacco dalla politica come progressivo, o c’è stato un punto di rottura particolare? 
Di fatto, Manuela e Daniela non si sono distaccate dalla politica. Daniela ricopre ancora la carica di assessora fino al prossimo maggio e dopo continuerà ad operare a livello associativo. Forse, rispetto a Manuela, lei è quella che ha intrapreso l’avventura politica con più aspettative, ma poi si è scontrata con le limitazioni di budget, le disarmonie tra colleghi, le lotte tra partiti locali. Anche il continuo perdere terreno del suo partito a vantaggio dei partiti populisti, l’idea che l’uomo forte al comando sia l’unica soluzione, hanno contribuito a infonderle un profondo senso di disillusione. Manuela continua a fare politica, ma non mi sembra intenzionata a candidarsi per alcuna carica. Direi che ha sperimentato la frustrazione come parlamentare soprattutto quando l’opportunità di incidere sui problemi per risolverli positivamente sembrava a portata di mano ma, per diverse ragioni, non le è stato possibile farlo. Credo che il punto di rottura sia stato questo, come dice lei nel film, la consapevolezza dell’impossibilità di trasformare la passione in azione. Non è un momento specifico che ha causato il mutamento, il salto qualitativo, ma un incremento quantitativo, l’accumularsi di piccole ripetute delusioni.

E’ condivisa da altri (nel PD, nel paese…) l’analisi finale di Manuela, ahimè pertinentissima oggi nel mondo? Avendo identificato il problema così bene, non è stata tentata di promuovere questa analisi?
E’ dal 4 marzo che il paese sembra in seduta psicoanalitica permanente. Le analisi sono imprescindibili per qualsiasi sintesi, ma talvolta ci tengono con lo sguardo rivolto al passato mentre il mondo va avanti. Se le analisi non vengono compiute da una prospettiva che tenga conto delle dinamiche di trasformazione, ma intende solo descrivere le ragioni di un evento preciso, collocato nello spazio e nel tempo, è difficile capire dove andare. Credo che sia questo che Manuela intende quando dice che “manca un progetto”, oppure quando Daniela –ma questo non lo dice nel film – lamenta che il dibattito di oggi sia appiattito solo su chi debba essere il leader del partito, ovviamente tra un certo numero di candidati uomini.

Leipzig ha multipremiato il film, ma quale sono state le reazioni del pubblico?
I tre premi di Lipsia per me sono stati una vera sorpresa. Non me lo aspettavo assolutamente. Però vedevo che in sala l’accoglienza era strepitosa. Qualcuno ha confessato di avere pianto, di avere provato commozione. Non rabbia, per fortuna, ma voglia di rimboccarsi le maniche. Una giovane spettatrice italiana, ora residente a Berlino, mi ha mandato una bellissima email dopo aver visto il film a Lipsia, da cui emerge che il film spinge ad essere attivi, a lottare per cambiare le cose. Sono molto felice di vedere che la mia interpretazione, assolutamente positiva, dell’avventura di Manuela e Daniela, sia quella che molti spettatori condividono. E’ vero che l’Italia sta affrontando un periodo buissimo e, per certi versi, scoraggiante, ma se è vero anche a livello sociale che per ogni azione c’è una reazione, forse si aprirà una stagione di lotta appassionata.

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