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NAMUR 2018

Fred Cavayé • Regista

"Adattando un campione d'incassi italiano, ho dovuto trovare la mia verità"

di 

- Incontro con Fred Cavayé per il suo quinto lungometraggio, Le Jeu, in cui cambia registro e propone una personale reinterpretazione del film corale alla francese

Fred Cavayé • Regista
(© Pauline Willot / FIFF)

Abbiamo incontrato Fred Cavayé per parlare del suo quinto lungometraggio, Le Jeu [+leggi anche:
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, proiettato la settimana scorsa al Festival Internazionale del Film Francofono di Namur (FIFF), in cui cambia registro e propone una personale reinterpretazione del film corale alla francese.

Cineuropa: Perché si è dedicato a questo adattamento di Perfetti Sconosciuti [+leggi anche:
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Fred Cavayé:
Svelare i segreti dei nostri smartphone: è un concetto che trovo fantastico. Ciò che è interessante quando fai un film è avere un soggetto che possa raggiungere il più alto numero di persone, e il cellulare è quasi un'estensione dei nostri corpi oggi. Non c'è niente di più universale alla fine. Farne il punto di partenza del film, permette di coinvolgere qualsiasi spettatore. A me, come spettatore, piace potermi identificare, e lì ho quasi voluto che gli spettatori si sentissero seduti al tavolo con i personaggi. Fino a quando non ne hanno più tanta voglia.

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Come ha affrontato l’adattamento?
Ho visto il film una volta, ho avuto davvero voglia di farlo e mi sono ben guardato dal vederlo di nuovo. Mi è stata data una trascrizione francese del film, non la sceneggiatura, e ho lavorato da lì. Sono partito da questa base per trovare tutti gli assi dove poter inserire le mie problematiche. È stato appassionante, perché di solito parto da una pagina bianca. Mi sono appropriato gradualmente del materiale, e alla fine è diventato mio. E’ stato particolarmente interessante, perché molti dei miei film sono stati rifatti, e ho potuto vedere com'è stare dall'altra parte. Ho capito meglio le questioni di cui discutevo con i registi che mi hanno adattato! Fondamentalmente, ho dovuto trovare la mia verità. E poi, la cosa pratica di quando fai un remake è che puoi dire tutto il bene del film senza che la gente pensi che hai un ego sovradimensionato! 

Dalle prime note musicali, si ha l’impressione di stare per assistere a un thriller tra amici, più che a una commedia...
In definitiva abbiamo un classico dispositivo di commedia francese, delle persone che cenano attorno a un tavolo e si interrogano a vicenda, ma a un certo punto, abbiamo dovuto ribaltare tutto, in particolare con un finale che non ci si aspetta, molto cinematografico, che mette in discussione ciò che abbiamo appena visto e, soprattutto, consente allo spettatore di conoscere qualcosa in più dei personaggi, il che mi piace molto al cinema. In effetti è una commedia con suspense. Potrebbe essere un genere da inventare!

I film apparentemente più semplici sono i più difficili da girare?
È stato molto complicato girare questa cena! Volevo fare un film più vicino ai miei attori di quelli precedenti, dove c'era molta azione. Qui, la messa in scena doveva essere narrativa, al servizio dei personaggi e di ciò che essi rappresentano. Ci vuole una base molto solida nel testo, lasciando al contempo spazio agli attori per mettere un po’ di carne sui loro personaggi, costruirli, in modo che siano sempre sinceri. Se non avessi mai fatto un thriller, non avrei potuto fare questo film. E’ stato eccitante, ma molto complicato in effetti, nonostante l'apparente semplicità. Questo è il film da cui ho tratto più piacere, abbiamo una cornice molto ridotta e infinite possibilità. Sbobinavo tutte le sere, facevo piccoli retake ogni giorno, riscrivevo la sceneggiatura nei fine settimana…

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(Tradotto dal francese)

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