email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

TORONTO 2018 Platform

Emmanuel Mouret • Regista

"La virtù si mescola con il vizio"

di 

- TORONTO 2018: Emmanuel Mouret rievoca la genesi del suo primo film in costume, il riuscitissimo Mademoiselle de Joncquières, presentato in concorso a Toronto

Emmanuel Mouret • Regista

Ammirato in anteprima mondiale nella competizione Platform del 43° Festival di Toronto, Mademoiselle de Joncquières [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Emmanuel Mouret
scheda film
]
 di Emmanuel Mouret racconta la vendetta sofisticata di una donna del XVIII secolo.

Cineuropa: Perché ha scelto di adattare un episodio di Jacques Le Fataliste et son maître di Diderot?
Emmanuel Mouret: È un testo che ho scoperto tanto tempo fa e che mi piace molto. È sia tenero che diabolico, i ritratti dei personaggi sono pieni di paradossi, la virtù si mescola con il vizio. Non espone idee sull'amore e sulla morale, ma li interroga quasi in modo parossistico. Mi sono preso molte libertà rispetto al testo perché ho sviluppato parti che non esistevano e ho inventato un personaggio, ma ne ho mantenuto la struttura. È soprattutto la storia di una vendetta. La prima parte serve a descrivere il motivo di questa vendetta ed è per questo che mi è sembrato molto importante, in modo che si potesse cogliere tutta l'intensità della marchesa. Volevo assolutamente iniziare con il tempo in cui il marchese corteggiava la marchesa. L'adattamento che ne ha fatto Bresson, Les Dames du bois de Boulogne, inizia direttamente quando la marchesa sonda il marchese. Io volevo sentire tutta la resistenza della marchesa e il fatto che lei cedesse, e vediamo anche il marchese correrle dietro, affinché sentissimo quel fondo lì e avessimo quel peso sul resto del film, e specialmente sulla fine. L'intero inizio del film, nel testo di Diderot, è di una o due frasi.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Il film tratta di affari di cuore con molto spirito.
È la cosa piacevole di quell’epoca: i personaggi non hanno paura di pronunciare parole di spirito. Sono intelligenti, sanno come scegliere le loro parole, hanno un gusto per le parole così come ce l’hanno per l’autoanalisi. Mi è piaciuto molto. Al giorno d'oggi, e anche nei manuali di sceneggiatura e nelle scuole di cinema, si dice: "Fai dire ai tuoi personaggi il più possibile con il minimo delle parole". È assolutamente ridicolo, sciocco! Perché è proprio nelle parole che ci si contraddice, che l'immaginario e le proiezioni che si possono fare diventano più complesse. Sono cresciuto con l'amore per le commedie italiane e americane, per i film di Mankiewicz, dove si parla molto e dove all'improvviso il silenzio assume un significato molto forte.

La vendetta nel film è allo stesso tempo crudele, divertente e drammatica. Come ha evitato una cattiva ironia?
Diderot non è mai cattivo. La differenza, ad esempio, con Le relazioni pericolose è che Merteuil e Valmont sembrano cattivi all'inizio e quindi la storia scava sotto quella crosta. In Mademoiselle de Joncquières, si parte da personaggi molto sensibili, molto meno freddi. Il racconto di Diderot non è assolutamente cinico: sono solo persone intrappolate nell'amore, nel desiderio. Ciò che mi piace è che la storia pone domande: possiamo dare delle risposte, ma ci saranno sempre delle domande. I due personaggi principali non sono bloccati in una dimensione psicologica e possiamo passare dall'uno all'altro, in quanto spettatori, e capirli.

Quali erano le sue intenzioni in materia di messa in scena per evitare il maggior rischio per un film d'epoca: avere un aspetto artefatto?
Non volevo che odorasse di polvere, vecchio. Ogni epoca è nuova! Volevo un film abbastanza luminoso e siamo andati un po’ contro gli usi dei film d'epoca. Ad esempio, utilizzando parecchi piani sequenza e dei movimenti quasi coreografici nelle scene di dialogo che non sono in campo-controcampo (anche se ce ne sono inevitabilmente alcuni per le sequenze a tavola) per non cadere nella psicologia. La caratteristica del campo-controcampo è che racchiude un personaggio nei suoi occhi e in un’espressività. Non volevo che si vedessero i personaggi solo dal davanti, ma da dietro, di profilo, in movimento, apparire, scomparire, e che fossimo alla ricerca di ciò che sta accadendo dentro di loro, più di quanto non sembri. È così anche per gustare la performance degli interpreti. 

Si dice sempre che i film d'epoca siano molto costosi. Come è andato il finanziamento del suo, esteticamente molto riuscito?
È un piccolo budget per un film in costume. Bisognava avere idee. A volte non avere molti soldi è una virtù, e anche la fortuna di avere una squadra che aveva tempo da dedicare alla preparazione del film. Ma abbiamo avuto la nostra parte di limitazioni e, per esempio, ho dovuto togliere metà delle scene rispetto alle prime versioni della sceneggiatura. Allo stesso tempo, questo rende il film più ellittico, più serrato: vinci ugualmente. Il cinema è un vincolo, e l'ispirazione, la creazione, nascono con i vincoli.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy