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CANNES 2018

Thierry Frémaux • Delegato generale, Festival di Cannes

"Era l’occasione buona per essere audaci"

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- Thierry Frémaux, delegato generale del Festival di Cannes, parla della selezione 2018 e della sua linea di fronte ai cambiamenti contemporanei

Thierry Frémaux • Delegato generale, Festival di Cannes

L’emergere di nuovi talenti, artisti e diritti umani, cinema europeo, selfie, anteprime mondiali, cronologia dei media: pochi giorni prima della sua 71esima edizione, Thierry Frémaux, delegato generale del Festival di Cannes (dall'8 al 19 maggio) parla con Cineuropa. 

Cineuropa: Con una competizione che include dieci nuovi entranti e tre registi che gareggiano per la seconda volta, le sembra di offrire una line-up particolarmente audace? È facile decidere di lanciare così tante nuove facce e tralasciare i "grandi nomi"?
Thierry Frémaux: Quando iniziamo una selezione, non decidiamo di rinnovarla perché sarebbe un insulto ai cineasti che hanno fatto la gloria di Cannes e che si chiederebbero perché debbano "pagare" per il loro prestigio. Ma durante l’inverno 2018 è capitato, vedendo belle opere di giovani registi, che l’occasione fosse buona per essere audaci. A volte viene criticato a Cannes di adagiarsi sugli stessi registi, spero che la stampa e i frequentatori del festival seguiranno le nostre intuizioni e che accolgano con entusiasmo le giovani leve del cinema mondiale.

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Una selezione riuscita sta anche nella diversità di stili cinematografici. Che cosa promette la competizione da questo punto di vista?
C'è una doppia analisi da fare. La prima, classica, è mettere in discussione le forme attuali del cinema e, in effetti, Cannes presenterà cose diverse sia sul piano stilistico che per la provenienza geografica o culturale dei registi e delle registe in corsa. Non voglio distinguere questo o quel film della competizione, ma passeremo dall'intimo asiatico alla strada libanese, dalla protesta anti-globalizzazione alle speranze di un giovane poeta, da donne combattenti armate ai militanti del black power. E poi c’è la diversità della messa in scena!

La seconda è ciò che il cinema promette in un mondo di immagini in cui non è più dominante. E ciò è appassionante. Come esistere nell'età d'oro delle serie? All’epoca dei piccoli formati sul web? All’epoca delle piattaforme internet? Il cinema ci riesce e, questa selezione lo dimostra, in un certo modo rinasce. 

Jafar Panahi e Kirill Serebrennikov, la cui libertà è ostacolata nei rispettivi paesi, sono selezionati in concorso. Qual è il ruolo di un festival come Cannes in relazione alla difesa dei diritti umani?
Noi selezioniamo le opere prima di tutto per le loro qualità, ed è il caso di questi due film: due registi agli arresti domiciliari nel loro paese che però, e questo è il paradosso, non hanno fatto un film "politico". Ma si sa che i poeti, a volte, disturbano più degli attivisti.

La selezione Un Certain Regard include un buon numero di opere prime…
E’ la sua vocazione. E’ importante preparare il futuro e dare visibilità ai giovani cineasti per aiutarli a svilupparsi in un ambiente mediatico globale che tende a concentrarsi sui nomi noti.

Il cinema francese e quello italiano restano i pilastri della selezione ufficiale di Cannes. Qual è la sua analisi dello stato di salute del cinema d’autore europeo?
Potrei dire che dipende dagli autori di ciascun paese, e ne abbiamo di grandi in tutta Europa, ma questa selezione dimostra anche che il cinema europeo si rinnova a grande velocità. Ma la selezione è anche ricca di film asiatici: Corea e Giappone, due grandi paesi di cinema, portano tre film in competizione. 

L'ossessione dell'industria americana per gli Oscar, che priva Cannes di alcuni film per questioni di tempistica e strategie di uscita, le crea problemi?
Me ne dispiace, ma lo capisco. E’ chiaro che il cinema d’autore proveniente dall’America voglia innanzitutto tentare la fortuna agli Oscar e attendere l’autunno. E’ un peccato perché molti film americani presentati a Cannes sono spesso selezionati agli Oscar. E la gran parte dei film stranieri incoronati laggiù vengono proprio da Cannes. Ma guardate Cannes 2018: autori (Spike Lee, David Robert Mitchell, Ramin Bahrani), tre studios (Disney, Universal, Warner), Kristen Stewart e Ava Duvernay in giuria. Più la presenza di John Travolta, di Ryan Coogler e di numerosi ospiti. Cannes resta americana!

La sua decisione di vietare i selfie sul tappeto rosso e di ridare il primato alle anteprime mondiali ufficiali rispetto alle proiezioni stampa ha ispirato questo commento al suo omologo veneziano, Alberto Barbera: "Thierry Frémaux è coraggioso, ma non si ferma un'onda con il proprio corpo". Che cosa gli risponde?
Alberto ha ragione: siamo coraggiosi! Riguardo ai selfie, Venezia non ha questo problema perché il pubblico non passa per il tappeto rosso. Il Festival di Cannes vuole che tutti possano godere della mitologia cannense. Ma a patto di non snaturarne la bellezza e la forza. Chiedere alla gente di rispettare i luoghi, come devono fare ovunque, non ci sembra essere un’esigenza insormontabile. Inoltre, la montée des marches richiede troppo tempo.

Per quanto riguarda la modifica del programma, ovviamente non è diretta contro la stampa come è stato scritto, ma a favore di una prima mondiale di un film senza le innumerevoli proiezioni che avevano luogo prima, con spettatori che non potevano fare a meno di esprimersi sui social network. La Première sarà dunque la première, con la stampa in simultanea, o quasi.

Al di là delle scelte di Netflix rispetto al Festival di Cannes, che cosa pensa dell’attuale cronologia dei media in Francia?
È difficile per me rispondere perché non sono esperto di un problema estremamente complesso che è anche la forza del sistema francese: prima le sale, poi i DVD, poi Canal+, ecc. Tutti sono consapevoli del fatto che questa cronologia, che relega operatori come Netflix dopo tre anni, debba essere rivista. Come molte cose nel nostro paese, non è stata ripensata alla luce delle nuove tecnologie e dei nuovi comportamenti degli spettatori. I professionisti e lo Stato hanno annunciato di rifletterci, il che sembra un buon inizio.

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(Tradotto dal francese)

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