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CANNES 2018 Quinzaine des réalisateurs

Edouard Waintrop • Delegato generale, Quinzaine des réalisateurs

"Non bisogna aver paura di urtare le sensibilità"

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- Edouard Waintrop, delegato generale della Quinzaine des Réalisateurs, parla della sua selezione 2018

Edouard Waintrop • Delegato generale, Quinzaine des réalisateurs
(© Quinzaine des réalisateurs)

Incontro con Edouard Waintrop, delegato generale della Quinzaine des Réalisateurs, la cui 50a edizione si svolgerà dal 9 al 19 maggio nell’ambito del 71° Festival di Cannes (leggi l'articolo), e che sarà la sua ultima edizione in carica dopo sette anni di servizio. 

Cineuropa: Il fatto che questa sia per lei l’ultima edizione come delegato generale ha cambiato il suo approccio alla selezione?
Edouard Waintrop: Non mi pare. Ho cercato di divertirmi di più, ma la selezione è lunga, ci sono i film che teniamo, quelli che non abbiamo, belle e brutte sorprese. Non ci sono 36 modi per fare la selezione della Quinzaine. Non bisogna aver paura di urtare le sensibilità, questo a volte costa fastidio, ma è necessario essere il più onesti possibile. Alcuni film sono stati prenotati molto presto perché si sapeva che sarebbero passati sotto il radar della selezione ufficiale. Altri li abbiamo aspettati, e ne abbiamo avuto alcuni e altri no. È sempre lo stesso processo.

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La diversità dei generi che le è tanto cara sembra essere presente anche quest’anno.
C’è di tutto! Un film d’animazione poetico di Mamoru Hosoda, un film action thriller di vendetta ultra vitaminico di Panos Cosmatos, due commedie francesi di stili totalmente diversi, un film d’avventura e di guerra conradiano di Guillaume Nicloux, un documentario che ha tre tipi di supporti (dal realismo all’animazione, passando per le immagini di droni), un UFO di Gaspar Noé sorprendente, ecc. C’è molta diversità, ma in generale i film sono molto pessimisti, compresi quelli dove si ride molto. E c’è anche una saga sui narcos in apertura con Pájaros de verano [+leggi anche:
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di Ciro Guerra e Cristina Gallego, un film grandioso, al contempo epico e tragico, la quasi distruzione di una famiglia con un’ascesa e un declino, un po’ sulla linea di Il padrino.

Ci sono solo due opere prime su 20 film. Perché?
Abbiamo avuto meno scelta del solito, e ne abbiamo scelti due, molto diversi. Uno, Joueurs [+leggi anche:
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intervista: Marie Monge
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di Marie Monge, con Tahar Rahim e Stacy Martin, è una proposta al limite del poliziesco. L’altro, Carmen y Lola [+leggi anche:
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intervista: Arantxa Echevarría
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di Arantxa Echevarria,si iscrive nel neo-naturalismo con una storia d'amore molto forte tra due donne della comunità gitana e con attori non professionisti. 

Il cinema italiano è presente con due titoli.
La vitalità del cinema italiano è sempre reale, anche se La strada dei Samouni [+leggi anche:
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intervista: Stefano Savona
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di Stefano Savona si svolge a Gaza. Ci sono ottimi documentaristi italiani in questo momento come Minervini, Rosi e Savona, appunto. L’altro film, Troppa grazia [+leggi anche:
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di Gianni Zanasi, con Alba Rohrwacher, è più italiano. E abbiamo avuto l’opportunità di vedere altri film italiani che vanno in altre sezioni, e ce ne sono di buoni…

Oltre a Carmen y Lola, la Spagna è rappresentata anche da Petra [+leggi anche:
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intervista: Jaime Rosales
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Secondo me, è un passo in avanti nella carriera di Jaime Rosales che è stato spesso sballottato tra la Quinzaine e Un Certain Regard. Penso che Petra valesse la competizione. È il ritratto di una borghese catalana molto evoluta in cui il pater familias è un artista di fama mondiale e ci rendiamo conto che è molto peggio di certi banchieri che si trovano nei film americani. È un film di magnifica crudeltà, diretto con grande abilità e con attori incredibili: Bárbara Lennie, Àlex Brendemühl, Marisa Paredes.

Cosa ci dice dei cinque cineasti francesi in vetrina?
Ho già fatto cenno ai film di Nicloux e di Marie Monge. Ci sono anche due commedie con En liberté! [+leggi anche:
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intervista: Pierre Salvadori
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dell’eccellente Pierre Salvadori e Le Monde est à toi [+leggi anche:
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intervista: Romain Gavras
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di Romain Gavras che abbiamo visto molto presto e abbiamo preso subito, una sorta di poliziesco alla Jim Thompson in cui si ride molto. Quanto ad Amin [+leggi anche:
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intervista: Philippe Faucon
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di Philippe Faucon, ha uno stile che gli permette di aderire davvero alla sua storia che parla di un immigrato senegalese in Francia, con il talento del regista nel far emergere i sentimenti e le emozioni della vita di tutti i giorni, in particolare l'amore. La semplicità con cui vengono presentati i problemi è molto forte.

Infine, l’Europa è in cartellone con The Load [+leggi anche:
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intervista: Ognjen Glavonić
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del serbo Ognjen Glavonic.
E’ uno dei primi film che abbiamo scelto. L'attore principale ha una presenza straordinaria ed è un film che scende giù facilmente. È un modo di raccontare l'orrore senza mostrarlo. Ciò ha un effetto molto forte sullo spettatore che oggi è immerso in immagini di violenza. A questo livello, è piuttosto vicino, probabilmente perché i due paesi hanno vissuto la peggiore violenza, al modo in cui Ciro Guerra mostra le premesse e i risultati della violenza, ma mai la violenza in sé.

Il fatto che questo sia il suo ultimo mandato ha cambiato il suo atteggiamento nella lotta con le altre selezioni per attirare i film?
Mi ha dato una certa distanza, ma se mi vengono in mente alcune cose dette sulla Quinzaine, mi infastidisco. Dire o scrivere che è il salone dei rifiutati della selezione ufficiale non corrisponde assolutamente alla realtà. Parte delle scelte dell'ufficiale viene dalla Quinzaine. E i maestri del cinema sanno molto bene come usarci l'uno contro l'altro.

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(Tradotto dal francese)

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