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CPH:DOX 2018

Erlend Eirik Mo • Regista

"Il cambiamento climatico riguarda il mondo intero e nessuno fa qualcosa per risolverlo"

di 

- Cineuropa ha parlato con il norvegese Erlend Eirik Mo, il cui documentario ha ricevuto il Premio Eurimages di aiuto allo sviluppo delle coproduzioni del CPH:FORUM

Erlend Eirik Mo  • Regista

Il regista norvegese Erlend Eirik Mo realizza documentari da oltre 15 anni, ma nel suo prossimo lavoro, Journey to Utopia [+leggi anche:
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, sarà lui il protagonista poiché conta di dimostrare come si adatta, con sua moglie e i suoi figli, ad una nuova vita, lontano dalla civiltà. Il progetto, in fase di finanziamento, ha vinto tra 26 candidati il Premio Eurimages di aiuto allo sviluppo delle coproduzioni del CPH:FORUM, la sezione sviluppo di progetti del Festival del documentario CPH:DOX di Copenaghen.

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La coppia Mo, preoccupata per il mondo che erediteranno i loro quattro figli, decide di lasciare tutto e di andare a vivere in un villaggio immerso nella natura, dove non esiste né inquinamento né produzione di massa. Il film mostra un’adolescente ossessionata da Hollywood e dalle nuove tecnologie così come suo padre, il regista, troppo abituato alla vita materiale, mentre affrontano la madre idealista e impegnata.

Journey to Utopia è stato sviluppato da Magic Hour Films (Copenaghen) e dalla società norvegese Mosaikk Film. Il suo budget totale è di 510 000 euro e ha già ottenuto altri finanziamenti dall’Istituto del cinema della Danimarca e dal SørNorsk Film Fund. Il progetto ha appena aggiunto a tutto ciò i 50 000 euro del Premio Eurimages. 

Cineuropa: Perché ha deciso di rendere sua moglie e la sua famiglia oggetto del documentario?
Erlend Eirik Mo: Dall’inizio dei miei studi alla scuola di cinema, mi sono sempre detto che non sarei mai apparso nei miei documentari. Ho sempre voluto girare i film dal punto di vista dell’osservatore, raccontare storie di persone che non conoscevo. Ho cambiato idea perché mia moglie me l’ha chiesto. Pensa che il cambiamento che stiamo dando alle nostre vite debba essere raccontato. Il problema del cambiamento climatico riguarda il mondo intero e nessuno fa qualcosa per risolverlo. 

Quanto tempo dureranno le riprese?
Ho iniziato le riprese ad agosto 2016 e abbiamo cominciato a vivere lì a novembre 2017. Il mio obiettivo è di fermare le riprese quando avremo ritrovato la nostra unione familiare. Fino ad ora, ho ripreso con una videocamera molto poco costosa, facendo attenzione a non superare il budget che abbiamo già a disposizione, le somme versate dall’Istituto danese e i fondi SørNorsk. Grazie all’aiuto del Premio Eurimages, prevedo di finire il progetto.

Viste le diverse posizioni di ogni membro della famiglia, si direbbe che riprende una piccola guerra civile familiare.
E’ proprio così. Questo documentario ha una prefazione che somiglia a quella di un dramma familiare. Numerosi spettatori potranno identificarsi con il conflitto all’interno della nostra famiglia. Voglio che questa storia abbia una portata più ampia possibile e sia un riflesso della società.

Come va l’esperienza in questo momento?
E’ più difficile di quanto mi aspettassi. Oltre a riprendere, vivere un tale cambiamento di vita è duro e talvolta non è facile rimanere dietro la videocamera. Sono un membro della famiglia che vive male questo nuovo stile di vita, al punto di sentirmi un po’ depresso. Mi sono reso conto che la videocamera mi serve da scudo e mi permette di restare in piedi. Non volevo realizzare un film edulcorato: la verità emergerà nel film così com’è.  

Per un regista di documentari, vi sono molte occasioni come il CPH:DOX, che propone un vasto programma interamente dedicato al genere?
Oltre a permettere di promuovere i documentari presso gli spettatori, la sezione mercato e industria è ben organizzata. Hanno saputo creare un’atmosfera molto rilassante per gli artisti e questo è da apprezzare.

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(Tradotto dallo spagnolo da Francesca Miriam Chiara Leonardi)

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