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Marzia dal Fabbro • Responsabile del mercato MICI

“Il mercato non è solo un’occasione di business, ma anche di formazione”

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- La vicepresidente di AGICI Marzia dal Fabbro ci parla del mercato del 7° MICI - Meeting internazionale del cinema indipendente, che si è svolto il 15 e 16 marzo a Roma

Marzia dal Fabbro  • Responsabile del mercato MICI

Il 15 e 16 marzo si è svolto a Roma, alla Casa del Cinema, il 7° MICI - Meeting internazionale del cinema indipendente promosso da AGICI, l’Associazione generale industrie cine-audiovisive indipendenti guidata da Marina Marzotto. Una due giorni di convegni, workshop e un articolato programma di pitch. Abbiamo parlato di questo con la responsabile del mercato del MICI, e vicepresidente dell’associazione, Marzia dal Fabbro

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Cineuropa: Come si struttura il mercato del MICI quest’anno?
Marzia dal Fabbro:
 Abbiamo cercato di creare delle sezioni molto ben delineate, tenendo conto che i nostri partecipanti sono sia autori che produttori, e che i nostri progetti vanno dalle primissime fasi di sviluppo alla distribuzione. Abbiamo la sezione dedicata ai broadcaster, quindi tutto ciò che è produzione seriale e tv movie; la parte delle vendite estere, con progetti sia seriali che lungometraggi; abbiamo le film commission e gli investitori esterni, quindi la ricerca fondi per completare i piani finanziari e i budget; poi la parte della distribuzione theatrical di lungometraggi per il cinema, e anche sulle piattaforme OTT. A tal proposito, abbiamo la presenza di Netflix, che ci auguriamo di sviluppare sempre di più perché è una forma di distribuzione che deve entrare nella logica delle produzioni già in fase di sviluppo del progetto.

Qual è la specificità del mercato del MICI?
E’ quella di mettere le produzioni indie in contatto direttamente con chi conosce il mercato e può dare una direzione su quello che il mercato richiede. Sembra scontato, ma la produzione deve assolutamente tenere conto di quella che è la richiesta del mercato, e se i due settori non comunicano, si rischia di avere prodotti che non sono utili né al broadcaster, né al distributore, né alla vendita estera. Il mercato non è soltanto una grande occasione di business, ma anche un’occasione di formazione, per cercare di andare tutti insieme nella direzione giusta.

Può farci un esempio di questo?
Un discorso che abbiamo portato avanti con i broadcaster è sui lungometraggi che si prestano a una serializzazione. Al contrario, abbiamo anche delle serie che possono diventare lungometraggi: questo accade per esempio con le docu-fiction. Molti produttori indipendenti cominciano con un documentario, anche lì è importante capire quale tipo di doc viene richiesto, e in caso, anche come serializzarlo.

Quale tipo di soggetto si presta alla serializzazione, nell’ambito dei documentari?
C’è ad esempio un progetto che nasceva come documentario lungo sui millennials e sul loro modo di vedere il mondo, ma parlando con i produttori abbiamo visto che può essere elaborato anche come docu-fiction e funzionare molto bene, poiché segue i millennials in giro per il mondo. Abbiamo anche una docu-fiction interessante sul vino, una cosa più italiana, molto esportabile, il che è fondamentale. Bisogna ricordare che le nostre produzioni indipendenti vanno molto bene sulle vendite estere. La docu-fiction si presta bene su tematiche italiane: ci sono nicchie della cultura italiana molto esportabili, al di là delle serie sulla mafia. Arte e musica, per esempio: abbiamo lungometraggi particolari, sull’antica musica sarda, su Tintoretto, e tanti altri. Il tutto, ovviamente, con un appeal internazionale, quindi un livello di produzione alto. Questo è un altro punto importante del mercato. Al nostro quinto anno, abbiamo un buon feedback da parte degli uditori, quanto a presentazione dei progetti, preparazione, lettere d’intenti di attori e troupe, piano finanziario e budget dettagliato.

Un primo bilancio di questa edizione del mercato?
Siamo molto felici. Abbiamo una quarantina di uditori che sono venuti ad ascoltare i pitch, tra broadcaster, vendite, film commission, fondi, distributori e OTT. Abbiamo un totale di circa 60 progetti, dal doc, docu-fiction al lungometraggio (di genere, romantico, storico, commedia). Una trentina di produttori e autori partecipanti. Il totale dei pitch è sui 200, tutti one-to-one, dieci minuti ciascuno. Voglio ricordare che i nostri produttori indipendenti sviluppano molto il genere, e in questo è importante il lavoro sugli effetti visivi. A tal proposito, quest’anno abbiamo ospitato anche un workshop con il produttore e supervisore VFX italo-spagnolo Felix Balbas

Nel 2017 c’è stato un cambio di statuto: da AGPCI (Associazione Giovani Produttori Cinematografici e Indipendenti) ad AGICI (Associazione Generale Industrie Cine-Audiovisive Indipendenti). In quale direzione va l’associazione?
L’associazione era nata con il focus sui produttori, il cambio di statuto vuole riunire più aspetti della filiera del settore audiovisivo indipendente: produzione, industrie tecniche (un settore importantissimo piuttosto dimenticato dalle associazioni), distribuzione nazionale ed estera. Il futuro è questo gruppo che riunisce tutti i player del cinema indie che possono dialogare e portare avanti battaglie per sostenere questa produzione di per sé più fragile. Siamo radicati in tutto il territorio, abbiamo produttori che fanno cose meravigliose, dal NordEst-NordOvest al CentroSud e le isole. Siamo felici se riusciamo a portare avanti cose utili: formazione, incontri, masterclass per giovani produttori su tematiche che ci suggeriscono loro, dal bando MEDIA a quello del ministero, al product placement… La nostra mission è fare qualcosa di veramente utile per gli associati, e quindi per il settore.

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