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Félix Viscarret • Regista

“Il documentario è stato una lotta tra due teste dure”

di 

- SAN SEBASTIÁN 2017: Dal profondo della sua ammirazione, Félix Viscarret fa un ritratto del suo maestro cinematografico in Saura(s), intervistando i suoi figli e la sua ultima compagna

Félix Viscarret  • Regista
(© Mario Madueño)

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 è il secondo documentario della serie Cineastas contados, il cui primo capitolo è stato realizzato da Virginia García del Pino a partire dalla sua ammirazione per il recentemente scomparso Basilio Martín Patino in La décima carta [+leggi anche:
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. Ora Félix Viscarret ci regala il suo singolare approccio al regista di Mamà compie 100 anni, SevillanasEl séptimo día, selezionato in Zabaltegi-Tabakalera al 65° Festival di San Sebastián.

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Cineuropa: Nel documentario Saura(s) vediamo come il maestro mette a posto il suo allievo…
Félix Viscarret: Sì, per questo è tanto divertente ed è una bella lezione riportare gli scontri e gli imprevisti della vita, e ottenere il meglio da questo confronto: i teorici del cinema dicono che se non c'è conflitto, non c'è dramma né narrazione. Mi preoccupavo di svelare il volto intimo di Carlos Saura e di cosa sarebbe successo se non mi avesse permesso di intravedere quel mistero. Improvvisamente mi sono reso conto che la mia angoscia faceva parte del film, del ritratto cinematografico di un regista di un'altra generazione (io) che voleva scoprire i segreti del maestro. Quella incapacità, a volte, di raggiungerlo è parte del documentario.

Però finisce col diventare come un figlio in più di Saura…
Lui dice che i film sono le nostre creature, così come noi registi che abbiamo imparato dai suoi film siamo, in un certo senso, suoi figli adottivi. Alla fine, include me come un ottavo figlio, almeno adottivo, durante questa avventura. Da un lato, era riluttante ad aprire alcune porte del suo passato e io dovevo richiamarle, dall'altra, lui stesso mi coinvolgeva, rompendo la quarta parete e rivolgendosi a me nelle conversazioni con i suoi figli. Questa dualità è divertente: non voler svelare parti nascoste del suo passato, ma allo stesso tempo continuare a coinvolgermi.

Sembra un padre assente che allo stesso tempo ti accoglie. 
È molto bello quello che dice, perché una cosa vitale di questo film è che niente è bianco o nero, perché tutti i figli provano affetto, amore e senso di unione, di famiglia, di appartenenza a quel clan, a quel patriarca, malgrado la differenza generazionale tra i più grandi e i più giovani, nonostante siano provenienti da rapporti o matrimoni diversi e si tratti di un genio che si mantiene in vita dedicandosi ossessivamente alla propria creazione: per questo, niente nella vita è così semplicista.

Inoltre, Saura ha inoculato ai figli l’amore per la creatività, poiché tutti si dedicano al cinema e alle arti creative.
E’ così: per questo mi piaceva ritrarre non solo il genio, ma anche la sua famiglia, perché mi sembrava molto emblematica e intergenerazionale. Tutti si dedicano ad attività vicine all’audiovisivo: è una cosa piuttosto curiosa.

Perché ha deciso di comparire anche lei sullo schermo?
La mia intenzione iniziale era completamente opposta, rigorosa, volevo che fosse una conversazione solo con i suoi figli. Ma a volte è sbagliato: non bisogna attenersi a idee preconcette e Saura mi ha insegnato a rischiare e a innovare, col suo umorismo, con quei riferimenti a me. Alla fine, ho scoperto che parte del film era questa lotta per volerlo ritrarre. La situazione mi ha costretto a farlo: se non lo avessi incluso, il ritratto sarebbe stato monco. Una parte di questa avventura è stato questo tira e molla, questa lotta tra due teste dure.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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