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François Troukens • Regista

“Raccontare la creazione di un nemico pubblico n.1”

di 

- VENEZIA 2017: Cineuropa ha intervistato François Troukens, co-regista di Tueurs, presentato in anteprima mondiale a Venezia, nella sezione Cinema nel Giardino

François Troukens  • Regista
(© La Biennale di Venezia - foto ASAC)

François Troukens è un personaggio ben noto al pubblico belga, innanzitutto per il suo passato criminale (rapine in banca, prigione, latitanza), poi per le sue testimonianze, le sue uscite e, infine, per il suo ruolo di presentatore in un programma a tema giudiziario, nella TV belga. Tueurs [+leggi anche:
recensione
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intervista: François Troukens
scheda film
]
, il suo primo film, realizzato col direttore della fotografia Jean-François Hensgens, segue un gangster vecchio stile e la sua ricerca di verità in un affare più grande di lui, mentre forze occulte lo considerano il colpevole ideale. Prodotto da Versus Production, il film è presentato in anteprima mondiale a Venezia nella sezione Cinema nel Giardino. 

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Cineuropa: Chi è Frank Valken?
François Troukens:
È un rapinatore vecchio stile, che segue un codice d'onore, interpretato da Olivier Gourmet. Sono rimasto molto colpito da Lino Ventura in Una donna e una canaglia di Lelouch; mostra una grande autorità e utilizza i codici del crimine, senza essere tuttavia un criminale . Non usa alcuna violenza, non è necessario. Quello che gli interessa è il denaro. Tuttavia, nel film, viene spinto a uccidere così da poter provare la sua innocenza e regolare i suoi conti, mentre lui sognava un ultimo grande colpo per poi sparire ai confini del mondo con la sua famiglia.

Quanto c'è di lei nel personaggio di Frank Valken?
Molto e allo stesso tempo niente. Ovviamente, nella scrittura, mi sono ispirato a ciò che mi circondava; una parte della sceneggiatura l'ho scritta in prigione. Volevo raccontare questo sentimento di oppressione, e la distanza percepita da Valken, tra questi giovani che giocano a calcio e ascoltano il rap. Allo stesso tempo, volevo raccontare la difficoltà di lasciare un luogo. Non è facile come andarsene sbattendo la porta e dire “Ne ho abbastanza”. Soprattutto quando sei latitante, e io lo sono stato per otto anni. Come vivere questa situazione quando hai una famiglia? C'è solo un modo, andare avanti; ma più si va avanti, più si affonda. È un film molto realistico, a volte vicino persino al documentario. Allo stesso tempo, volevo prendere le distanze dal personaggio, sia fisicamente che caratterialmente. Quindi ho creato un personaggio che è il mio opposto. Certo, anch'io sono un bandito all'antica, ma le analogie finiscono qui.

L'articolazione della moralità non è nettamente gerarchizzata tra criminali, poliziotti e giustizia.
In realtà non volevo fare un film sul bene e sul male, non volevo stigmatizzare la polizia e la giustizia, né soprattutto fare l'apologia del gangsterismo. Valken è un personaggio che cerca la verità per salvarsi la pelle e incontra anche poliziotti onesti che cercano la stessa cosa; e altrettanto in ambito giudiziario. Volevo che lo spettatore si sentisse un po' nel ruolo di un giudice, che si rendesse conto che un'inchiesta può anche essere manipolata. Mi sono ispirato a una storia vera molto simile. Nel momento in cui confessi di essere stato nel luogo dove è avvenuto un furto, perché non essere incolpato di averlo commesso? Difficile provare di non averci niente a che vedere. Quando alcuni personaggi cercano la verità, altri cercano di orientare questa ricerca. Un'altra cosa che mi interessava, era raccontare come si crea un nemico pubblico. Come vengono strumentalizzati i media, manipolate le cose, a livello di magistratura e polizia. 

Con questo film, era sua intenzione rivolgersi a un pubblico ampio?
È importante fare film che guardino alla gente, e non solo a quella del cinema. Mi sento molto ispirato da Melville o Michael Mann, che realizzano film spettacolari, ma con storie vere, e che allo stesso tempo denunciano qualcosa. Avere il senso del pubblico, per me significa fornire qualcosa che attragga e attiri la gente nelle sale. Per me il cinema è innanzitutto spettacolo. 

Come posizionerebbe il film?
Ho l'impressione che sia qualcosa che non è mai stato fatto né negli Stati Uniti, né in Francia; non è un film americano, né danese, né francese, è un film belga. È qualcosa di veramente originale, un modo di raccontare le cose dall'interno. È un film al 100% belga, con un cast al 10% belga (cosa che siamo riusciti ad imporre ai coproduttori francesi!), dove Bruxelles e Charleroi sono filmati come vere scenografie, nella loro ricchezza e singolarità.

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(Tradotto dal francese)

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