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Rebecca Daly • Regista

"C’è grande pressione affinché i film portino denaro"

di 

- L'irlandese Rebecca Daly, ospite a Les Arcs del focus "Nuove donne di Cinema", ci parla del suo nuovo film, Good Favour

Rebecca Daly  • Regista
(© Festival de Cinéma Européen des Arcs / Pidz.com)

Rivelatasi alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes nel 2011 con The Other Side of Sleep [+leggi anche:
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intervista: Antonia Campbell-Huges
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 e in competizione al Sundance quest’anno con Mammal [+leggi anche:
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, l'irlandese Rebecca Daly fa parte delle 10 registe ospiti all’8° Festival del Cinema Europeo di Les Arcs (dal 10 al 17 dicembre 2016) nell’ambito del focus "Nuove donne di Cinema". L'occasione per parlare con lei anche del suo terzo lungometraggio, Good Favour, attualmente in post-produzione, un film che associa l'Irlanda (Savage Productions), il Belgio (Wrong Men), i Paesi Bassi (Viking Film) e la Danimarca (Final Cut For Real).

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Cineuropa: Qual è la sua opinione sulla questione del ruolo delle donne nell’industria cinematografica?
Rebecca Daly: Ovviamente è un tema d’attualità, perché c’è una sensazione di sottorappresentazione delle donne in quelle che si potrebbero chiamare le più alte sfere del cinema. Inoltre, in generale, il pubblico è abituato a vedere storie raccontate da un punto di vista maschile. Penso che le cose stiano cambando, o almeno lo spero. Ma anche se è necessario parlare di questo tema, preferisco nettamente discutere del mio lavoro, e penso che tutte le cineaste siano come me. Detto questo, devo ammettere che l’Irish Film Board ha lanciato un programma che mira a raggiungere entro qualche anno la parità tra registi/registe e produttori/produttrici. La Svezia lo ha già fatto e ha funzionato molto bene senza che questo incidesse minimamente sulla qualità dei film. Perché alcuni temono che i film delle donne possano essere meno buoni di quelli degli uomini, una visione che non condivido affatto ma che è iscritta nell’inconscio dei finanziatori o dei selezionatori di festival, in funzione dei propri interessi. Ci vorrebbe una maggiore diversità in questi mestieri. Ma al momento, c’è una sorta di obbligo di prendere in considerazione i film di donne e assisteremo a veri cambiamenti.

Di che parla Good Favour, che ha appena girato?
La storia si svolge in mezzo a una foresta in Germania dove si è installata una piccola comunità di cristiani. Un giorno, un giovane uomo di 18-19 anni, emerge dal nulla ed entra nelle loro vite. E’ molto misterioso, non si sa da dove venga, e la storia racconta il modo in cui cambierà la comunità e come la comunità cambierà lui, e quello che ne conseguirà. Come sempre, ho scritto la sceneggiatura con Glenn Montgomery. L'idea di partenza ci è venuta da un articolo su un giovane che vagabondava per Berlino e che faceva finta di non sapere chi fosse, per poi scoprire che veniva da Amsterdam e che era semplicemente fuggito dalle sue responsabilità e dalla sua fidanzata incinta. Un epilogo pietoso, no? Ma ci piaceva l’idea iniziale del ragazzo che spunta dal nulla, che dice di non aver nessun ricordo, e ciò che questo può scatenare negli altri.

I personaggi misteriosi sono una costante dei suoi film.
E’ vero, mi piacciono molto. Non voglio sapere tutto, che mi si dica tutto, e ancor meno attraverso i dialoghi. Come spettatrice, amo i film in cui si scopre un po’ per volta quello che succede, quello che motiva i personaggi o che il cineasta cerca di dire. E’ giusto una preferenza di stile. E questo vale anche rispetto ai miei film.

Perché il tema della religione? 
L'idea della fede, la credenza in qualcosa più grande di noi, è una questione interessante. Alcune ricerche scientifiche avrebbero persino individuato un luogo del cervello, "il punto di Dio", che spiegherebbe perché gli umani vogliono credere e come ci si comporta quando sopraggiunge l’idea di Dio. Ma il mio film è più una sorta di esplorazione della questione religiosa, non è né un sostegno né una critica. E’ solo un tema con elementi affascinanti, anche se la religione può anche fare danni, controllare, essere strumentalizzata...

Qual è la nazionalità del cast di Good Favour e che lingua parla il film?
Abbiamo una coppia di attori giovanissimi, di cui il protagonista è un debuttante al cinema. Ci sono molti attori belgi nel cast perché abbiamo girato in Belgio, ma anche una tedesca, e diversi danesi. Quindi l’idea è che la comunità del film riunisca gente da diversi paesi europei ed è per questo che parlano inglese, come lingua comune, come loro seconda lingua.

Come si posiziona lei nel mercato cinematografico attuale?
Per una regista come me, i cui film sono catalogati come "d’essai" o "d’essai crossover", il mercato diventa sempre più difficile, rude. C’è una grossa pressione affinché i film portino denaro. Questo aspetto commerciale è valido da una parte, ma riporta molto indietro l’idea di forma artistica. 

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(Tradotto dal francese)

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