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Michael Koch • Regista

“Preferisco mostrare la realtà dei personaggi attraverso i corpi degli attori”

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- LOCARNO 2016: Il regista svizzero Michael Koch ci parla con passione del suo primo intenso lungometraggio Marija, presentato in prima mondiale in lizza per il Pardo d’Oro

Michael Koch • Regista
(© Festival del film Locarno / Massimo Pedrazzini)

Il regista svizzero, berlinese d’adozione, Michael Koch ci parla con passione del suo primo intenso lungometraggio Marija [+leggi anche:
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intervista: Michael Koch
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, presentato in prima mondiale in Concorso al Festival del film Locarno. Un film esteticamente potente ed elegante che parla di un tema, l’immigrazione, di bruciante attualità.

Cineuropa: Come è nata l’idea del film ?
Michael Koch: Dopo i miei studi ho viaggiato parecchie volte in Ucraina. È stata un’esperienza molto interessante e toccante incontrare dei giovani che volevano andarsene dal loro paese, dalla loro famiglia e dai loro amici per andare in un paese dove non hanno niente. Mi chiedevo perché e poi sono entrato in contatto con una giovane donna che viveva a Dortmund e che lavorava come donna delle pulizie in un hotel; era così forte e orgogliosa di fare un lavoro non proprio glorioso anche se in Ucraina aveva studiato e aveva un lavoro normale. In Ucraina non c’è futuro e per lei la Germania rappresentava un’occasione unica di migliorare la sua situazione, socialmente parlando. Ero affascinato da lei e questo è stato il punto di partenza della mia ricerca. Gli immigrati sono parte integrante della nostra realtà anche se è facile evitarli. Penso che sia qualcosa di comune, anche nel macrocosmo di Dortmund dove convivono 130 nazionalità diverse. Questo per me è un esempio di quello che succede in molte città europee. La gente viaggia e lascia il proprio paese, come se le frontiere non esistessero. Siamo attorniati da un movimento costante. Per me è importante confrontare il pubblico con questo soggetto spingerli a riflettere sulle loro paure. Se conosci la gente, le loro storie non hai più paura. È un grande problema ma penso sia importante raccontare le storie di queste persone senza cliché o preconcetti. Se mostri i cliché di una vita miserabile fatta di rifiuti e tristezza è facile pensare “è un altro modo, non mi concerne”. Il mio obiettivo è quello di obbligare il pubblico a confrontarsi con il quotidiano degli immigrati per dargli l’opportunità di vedere e capire come vivono, quali gravi problemi devono risolvere.

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Marija è un ritratto forte e toccante di una donna ucraina che vive in Germania, perché hai scelto quest’angolo d’approccio per il tuo film?
Ho immediatamente notato che in Ucraina sono le donne ad avere il potere, a dominare. L’incontro con la donna di cui parlavo precedentemente, a Dortmund è stato decisivo. Una donna incredibilmente potente e orgogliosa. Volevo raccontare la storia di una donna che non è vittima della società ma che al contrario prende quello che vuole ed è pronta a combattere per ottenerlo. Alla fine mi interessava che fosse una donna a rinunciare ad una vita “facile” combattendo per raggiungere i propri obiettivi, con tenacia e autodeterminazione.

Come hai lavorato con gli attori? Penso soprattutto all’interpretazione grandiosa di Margarita Breitkreiz.
Ho tentato di integrare la personalità degli attori ai personaggi perché non volevo che interpretassero semplicemente quello che avevo scritto nella sceneggiatura. Volevo ottenere l’opposto. La loro personalità mi interessava più che la loro tecnica recitativa. Perciò ho tentato di  adattare i personaggi alla loro personalità. Questo vale soprattutto per l’attrice che interpreta Marija, Margarita Breitkreiz. Il film si concentra sugli attori, li segue da vicino, con successivi piani sequenza. Volevo che gli attori si sentissero totalmente liberi dei loro movimenti. Preparavamo la scena e poi li lasciavamo liberi di muoversi nello spazio. Sviluppavamo la scena con gli attori stessi. Mi interessa vedere come interagiscono fisicamente tra di loro, corporalmente. Il modo in cui si muovono dice molto sulla loro relazione. Marija cerca per esempio di sfuggire come un topolino all’imponente proprietario di casa, immenso e invadente se paragonato a lei. Non mi piace spiegare attraverso i dialoghi; preferisco mostrare la realtà dei personaggi attraverso i corpi degli attori. Mi piace quando gli attori professionisti si confrontano con i non professionisti perché devono reagire sul momento, istintivamente. Tutto ciò da vita alla scena. Gli attori si impregnano dell’atmosfera “reale” dei luoghi e delle persone che li abitano trasformando la sceneggiatura in realtà.

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