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Ayhan Salar • Regista

"La separazione lascia tagli profondi nella nostra vita"

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- Cineuropa ha incontrato Ayhan Salar, co-sceneggiatore, co-regista, co-produttore e direttore della fotografia di Verge, sua opera prima, che ha girato con Erkan Tahhuşoğlu

Ayhan Salar  • Regista

Il regista turco Ayhan Salar ha trascorso gran parte della sua vita in Germania, dove ha studiato Scienze Sociali e Culturali, Filosofia e Regia all'Università delle Arti di Brema, prima di iniziare a lavorare come direttore della fotografia e regista. Nel 1990 fonda una società di produzione indipendente, Salarfilm. Verge [+leggi anche:
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intervista: Ayhan Salar
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è il suo debutto congiunto, realizzato con Erkan Tahhuşoğlu, al quale ha lavorato come co-sceneggiatore, co-regista, co-produttore e direttore della fotografia. Sta già lavorando al suo prossimo progetto, Yar, come sceneggiatore-regista, produttore e direttore della fotografia. Cineuropa ha incontrato il regista in occasione della premiere di Verge al Karlovy Vary Film Festival per discutere della realizzazione del suo primo lungometraggio e delle scelte ad esso connesse.

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Cineuropa: Perché ha deciso di girare un'opera prima in tandem?
Ayhan Salar: È successo mentre lavoravamo insieme alla sceneggiatura. A un certo punto, non avevamo altra scelta se non quella di continuare insieme fino alla fine. Veniamo da esperienze diverse e, come artisti, abbiamo percorsi diversi. Tuttavia, è stata la decisione giusta per Verge.

Qual è stato il primo impulso per la storia di Verge?
Nulla ci addolora così profondamente come la separazione da una persona cara, che sia a causa di morte o di una partenza. Cosa succede se non siamo in grado di sopportare tale perdita? La separazione lascia tagli profondi nella nostra vita. 

La struttura del film è costruita su una certa dualità, sottolineata da frequenti inquadrature di specchi. Perché questa dualità? Quali altri motivi sono stati cruciali per la narrazione?
Il passato è sempre presente in questo momento. A volte, lo indossiamo come uno zaino, sia in senso positivo che negativo, perché significa che non siamo sempre soli - e ciò ha definito il nostro approccio. Siamo copie genetiche ed emotive dei nostri genitori e abbiamo dentro anche tracce dei nostri antenati defunti. Tutti noi abbiamo queste tre voci dentro e forse, a volte, cercano di dirci qualcosa del passato, e viceversa. Tutto ciò può essere uno specchio della nostra esistenza.

Poiché provengo dalle arti visive, un aspetto ha subito catturato la mia attenzione quando abbiamo iniziato a lavorare a questa storia con Erkan Tahhuşoğlu. Era un motivo ampiamente utilizzato nei dipinti, una donna alla finestra... Dali, Caspar David Friedrich, Vermeer e molti altri hanno realizzato splendidi dipinti con questo motivo e con donne di tutti gli strati sociali che guardavano fuori dalla finestra. Questi antichi dipinti europei sono stati fatti in tempi in cui le donne restavano per lo più a casa e guardavano il mondo esterno da dentro, e i loro volti e ciò che guardavano venivano spesso nascosti. Tuttavia, la perdita, la speranza e la tristezza sono sempre chiaramente percepibili, a volte sotto luci brillanti, a volte nell'oscurità.

Prima di iniziare a lavorare a Verge, ero consapevole solo della prospettiva esterna. Mentre camminavo per strada o guidavo, le donne che guardavano fuori della finestra attiravano la mia attenzione - donne che guardavano la vita intorno a loro o i loro figli, o qualcuno di cui erano in attesa, e questa è un'immagine comune, soprattutto nei Paesi del sud. Se si guarda meglio, si può vedere di più. A volte si può percepire la solitudine, la felicità, l'ansia e la tristezza. E per quanto riguarda malattie o problemi psicologici? Troviamo ritratti semplici ma emozionali, e scopriamo di più solo guardando attraverso gli occhi delle donne alle finestre.

Verge affronta inoltre i temi dell'isolamento e dell'ossessione. È una metafora della Turchia? Verge potrebbe essere considerato come un'allegoria della Turchia alla luce dei recenti avvenimenti?
Certo, l'atmosfera di un Paese ha sempre un'influenza sul lavoro degli artisti. Abbiamo girato il film ad Antakya, città sul confine turco con la Siria, dove risiede la maggior parte della minoranza araba. E la guerra in Siria è stata sempre presente per noi, anche se non stavamo facendo un film socio-politico. La nostra intenzione era quella di concentrarci sul lato psicologico. In Medio Oriente, gli esseri umani sono per lo più devoti al concetto di destino, ma la separazione è una tale catastrofe emotiva per la nostra anima che ci espone a molto dolore. E a volte, non vogliamo neanche riconoscere la separazione da una persona cara. Quest'aspetto era in primo piano. Gli argomenti psicologici sono trattati piuttosto banalmente nel cinema turco contemporaneo.

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(Tradotto dall'inglese)

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