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Lars von Trier

Dal Dogma alla fusion

di 

- Un autore in continua evoluzione. Con Dogville abbandona le regole del Dogma 95 per abbracciare una nuova estetica, in cui si fondono cinema, letteratura e teatro

Video: Nicole e Lars

"Giro film che mi piacerebbe vedere, non per il piacere di farli". Un Lars Von Trier sereno e rilassato incontra i giornalisti nei giardini assolati di un hotel di Cap d'Antibes affacciato sul mare. Il regista danese, già vincitore della Palma d`Oro nel 2000 per Dancer in the Dark, ha presentato ieri a Cannes il primo capitolo della sua trilogia dedicata all`America, Dogville [+leggi anche:
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scheda film
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. Un film di 2 ore e 58' che ha richiesto 9 settimane per girare (con 15 telecamere mini Dv per le riprese dall'alto e una a mano) e sei mesi di montaggio. Il desiderio di abbandonare il "cinema filmico" per scoprire un linguaggio cinematografico diverso è il punto sul quale Von Trier insiste: il cinema come scopo della propria esistenza, che assomigli, sempre di più, a quello che vorrebbe vedere.

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Dogville è un film che parla di cinema. Com`è cambiata la sua concezione cinematografica in questo film?
"Il cinema che sto facendo ora corrisponde a quello che vorrei realizzare nei prossimi anni, a quello che sicuramente saranno i prossimi due film della trilogia. Sono un curioso, mi piace provare, non lo chiamerei "sperimentare". Vorrei avere davanti a me una prospettiva più ampia, per poter scegliere le possibili combinazioni. Se dovessi girarlo di nuovo, farei esattamente le stesse cose. Forse sarebbe divertente provare a cambiare, ma sono contento del risultato finale. È una questione di temperamento".

Da quali suggestioni, ispirazioni o influenze nasce Dogville?
"Sicuramente Brecht, passione di mia madre che ho riscoperto soltanto dopo la sua scomparsa, e poi molto altro, che va a comporre tutto il materiale che utilizzo nel film. Ci sono ispirazioni che riconosco ed altre che non riconosco, elementi che vengono anche dalle persone con le quali lavoro. Non vedo film di altri, mi racconto bugie e mi dico che è meglio così, che riuscirò ad andare dritto per la mia strada senza mai deviare".

Come definirebbe, oggi, il suo cinema?
"Vorrei descriverlo come il cinema di una persona che ha un obiettivo, un ideale. Giro film che mi piacerebbe vedere, non per il piacere di farli. Anche se poi ho bisogno della fascinazione del lavoro, di verificare che quello che abbiamo realizzato funzioni".

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