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Thierry Frémaux • Delegato Generale del Festival di Cannes

"Il cinema, come la società, ha bisogno di diversità"

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- Incontro con Thierry Frémaux, delegato generale del Festival di Cannes, per commentare la sua selezione 2015

Thierry Frémaux  • Delegato Generale del Festival di Cannes

Pochi giorni prima del 68° Festival de Cannes (dal 13 al 24 maggio 2015), Thierry Frémaux, delegato generale della manifestazione cinematografica mondiale, fa un po' di luce sulla selezione 2015 e parla di una produzione indipendente minacciata. 

Cineuropa : Il netto rinnovamento di quest'anno dei registi in gara è il segno di un cambio generazionale?
Thierry Frémaux : Per fare un'analisi vera e valida, bisogna prendere diversi anni di seguito, ma diciamo che se i giovani partecipanti di quest'anno continuano su questa linea, diremo più tardi che il 2015 è stato un anno di svolta. È un po' presto. Detto questo, è in effetti un bell'anno di rinnovamento. 

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La rappresentanza italiana record con i film di Nanni Moretti, Paolo Sorrentino e Matteo Garrone in concorso è stata facile da decidere?
Abbiamo tre film italiani in concorso e cinque francesi, ma il fatto non è nuovo: abbiamo avuto fino a 5 o 6 film americani, per esempio, o tre giapponesi. L'importante è operare una buona selezione e, pur rispettando l'equilibrio geografico, migliorare la salute di questo o quel Paese. Quest'anno tocca all'Italia.

Cosa ne pensa di questo "stato di grazia" del cinema italiano?
Non è del tutto sorprendente perché Moretti, Garrone e Sorrentino sono tutti e tre grandi cineasti. E l'Italia è un grande Paese di cinema, con una storia, una tradizione, una forza collettiva e una memoria. Ma abbiamo visto anche delle opere prime italiane molto belle che fanno pensare che il ricambio generazionale sia pronto.

Qual è lo stato di salute del cinema europeo in termini di contenuto e alla luce della geografia della selezione ufficiale 2015?
Per le statistiche, si può guardare direttamente la lista dei film della Selezione Ufficiale. Ma per il resto, si nota una grande disparità europea. Allo stesso tempo, se tutti fossero come la Francia o l'Italia, ci vorrebbero 15 festival di Cannes!

Lei ha sottolineato che la scelta dei film francesi è stata assai ardua quest'anno. Perché?
Perché abbiamo dovuto scartare un bel po' di film. Cinque film francesi in concorso, non potevamo includerne di più, anche se abbiamo visto delle belle opere che meritavano di essere lì. E la cosa straziante è che muoio dalla voglia di rivelare il titoli! Ma non posso. In ogni caso, arrivano ancora dei bei film.

Le tensioni economiche e i cambiamenti dell'industria cinematografica mondiale non giovano al finanziamento delle opere meno "mainstream", in particolare quelle dei giovani cineasti. Qual è la sua analisi di questo fenomeno e quali sono i modi migliori per arginarlo?
Credo che ognuno, ovunque si trovi, debba fare in modo di contribuire al dibattito, e questo dibattito è semplice: il cinema, come la società, ha bisogno della diversità, di far emergere nuove voci, nuove forme, nuovi volti, ecc. È chiaro che i soldi e la concentrazione minacciano la produzione indipendente e l'emergere di nuovi talenti. Ma il cinema nel suo complesso sarà minacciato se coloro che lo fanno vivere non si uniscono per difendere i grandi principi. Da questo punto di vista, se è necessario essere attivi, credo che tutti siamo d'accordo sull'essenziale. Cannes è anche un luogo dove promuoviamo il risveglio politico del cinema.

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(Tradotto dal francese)

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