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Carol Morley • Regista

"Voglio che fare un film sia sempre come la prima volta”

di 

- Prima dell’uscita della produzione britannica The Falling, Cineuropa ha incontrato Carol Morley per farsi un’idea di cosa l’appassioni e di come lavori come regista

Carol Morley  • Regista

Laureata inizialmente in cinema e audiovisivo all’Accademia di Belle Arti, Carol Morley ha compiuto un percorso interessante verso la regia. Da membro di una band a ricercatrice di mercato, il suo viaggio non si può di certo definire ortodosso. The Falling [+leggi anche:
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 mostra chiaramente quanto la sua creatività possa essere magnificamente innovativa e naturale: è sicuramente qualcuno da tenere d’occhio.

Cineuropa: Pensa di aver trovato uno stile che le piacerebbe continuare a utilizzare in The Falling?
Carol Morley:
 Veramente no. Dal mio punto di vista è la storia che deve dirti come vuole essere raccontata. Non sono una grande appassionata di stile, perché si ha come l’impressione di cadere nella routine senza porti la domanda, senza imparare o scoprire quale sarebbe stato il risultato.  Così ogni volta che faccio un film voglio che sia come la prima volta. La pensa allo stesso modo anche Agnès Godard, con la quale ho lavorato. Forse è un bene che io la pensi così. La gente potrebbe pensare: “Mio Dio, speriamo non lo faccia un’altra volta!” [ride].

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Prima si è occupata di documentari. Trova qualche somiglianza nel realizzare drammi e documentari?
Sì perché faccio un gran lavoro di ricerca. L’unica differenza è quindi il fatto che le persone delle fiction non esistano, anche se – nell’ultimo periodo – mentre scrivevo la sceneggiatura di The Falling, avevo l’impressione di scrivere una ricostruzione totale di qualcosa realmente accaduto, poiché ho davvero fatto molte ricerche. Avevo anche l’abitudine di tenere sempre immagini di giornali di fronte a me, in modo da avere di fronte persone che sentivo come se fossero dei veri personaggi. 

The Falling ha subito l’influenza del suo cortometraggio The Madness of the Dance?
Sì, nel girare questo cortometraggio ho scoperto tutta la questione della malattia psicogena di massa, che risale all’epoca medievale. L’ho trovata molto intrigante, anche perché i medici ancora non sanno perché si verifichi. Mi ricordo, infatti, ancor prima di girare il film, di aver pensato di voler realizzare un film ambientato in una scuola e che parlasse dell’isteria di massa. In effetti ci è voluto un po’: sono passati dieci anni!

Sapevo però cosa avevo intenzione di fare. Dopo Dreams of a Life [+leggi anche:
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, sentivo il bisogno di fare un lavoro sulla collettività. Così mi sono lasciata affascinare dall’idea di scrivere una storia in cui le persone sono collegate tra di loro e, quello della scuola, è un ambiente abbastanza universale, nel quale quasi tutti possono sentirsi coinvolti.

Pensa che sia importante mettere insieme tradizioni artistiche diverse nei suoi film?
Non sono sicura di questo. Ho tenuto una specie di album di ricordi e mi sembrava un modo incredibile di mettere in contatto le persone e di comunicare velocemente ciò che vuoi. Così ho voluto ispirarmi a quello nello scrivere The Falling, dato che il problema dell’isteria di massa risale all’epoca medievale: in questo senso era importante inserire un senso di tradizioni antiche. Osservando un dipinto rinascimentale si iniziano a vedere quei colori nelle uniformi degli studenti, poiché le divise scolastiche hanno una forte portata storica. Ho cercato così di tornare indietro.

Può parlarci di come anche la musica abbia influenzato il suo processo creativo?
Prima ancora di iniziare a scrivere scelgo una colonna sonora. Quando scrivo ascolto molte canzoni originali degli anni 60 o degli anni prima. Mi ispiravano mentre scrivevo e penso di aver assegnato una canzone a ogni personaggio. Penso che molte canzoni siano in un certo senso entrate davvero nel film. La Mary Hopkins che apre il film (suonata più tardi da Florence) parla della luna e credo che la musica aiuti da subito a dare carattere al film in questo senso. Non l’abbiamo soltanto inserita dopo durante il montaggio, secondo me si deve lavorare da subito con la musica.

Ci sono anche scene in cui le immagini si sovrappongono a quelle di Abbie flash: in che modo sono state montate?
Il montatore e io abbiamo la teoria che se vengono messi insieme tre fotogrammi, se ne possa vedere solo uno. Così ogni volta che li guardavamo, veniva fuori qualcosa di diverso. Allo stesso modo, quando uscirà il DVD, separando le parti e mettendole insieme, creeranno la loro storia personale. Per questo motivo i contenuti extra vi daranno qualche indizio a proposito del film! Noi abbiamo definiti “subliminali” questi fotogrammi-flash, perché pur vedendoli non credo si riesca a vederli tutti. Sono subliminali in un certo senso. Servendocene, vogliamo dare l’idea di essere nella mente di qualcuno che stia andando un po’ fuori di testa e anche di creare fratture nella storia.

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(Tradotto dall'inglese)

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