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Bobbie Peers • Regista

"Vorrei che il mio film fosse come una melodia ossessionante, al contempo irritante e affascinante"

di 

- Cineuropa ha incontrato il regista anglo-norvegese Bobbie Peers che ha appena presentato il suo lungometraggio d’esordio The Disappearing Illusionist

Bobbie Peers  • Regista

In chiusura al Festival Kosmorama di Trondheim di quest’anno è stato proiettato The Disappearing Illusionist [+leggi anche:
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intervista: Bobbie Peers
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, il primo lungometraggio Bobbie Peers. Questo regista anglo-norvegese, diplomato alla London International Film School, è diventato famoso con il cortometraggio Sniffer, che ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes del 2006. 

Cineuropa: In che modo è nato il film?
Bobbie Peers:
È stato Bjørn Olaf Johannessen, che si occupa di sceneggiatura e dialoghi nel film, a parlarmi di un fatto di cronaca autentico avvenuto nel 2003: Dirk Ohm, un illusionista tedesco, sparito in seguito a un breve soggiorno a Grong, località al nord di Trondheim, è stato trovato morto un mese più tardi nel letto di un torrente. Ho conservato l’essenziale di questo enigma irrisolto per farne un film. Il resto è finzione. Per me il linguaggio visivo è primordiale ed è per questo motivo che, come per Sniffer, ho disegnato ogni scena, per poi mostrare a Bjørn il portfolio di disegni e sentire il suo parere. È così che il film ha visto la luce.

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Il Dirk Ohm del film è l’attore tedesco August Diehl.
Sì e insieme a lui, come partner principale, l’attrice danese Sara Hjort Ditlevsen nel ruolo di Maria. Tengo a sottolineare la partecipazione dei cittadini di Grong, non solo come comparse del film, ma altrettanto generosi da andare sulle alture per prendere la neve nel momento il cui il set naturale si è improvvisamente sciolto.

Chi fa la parte del poliziotto?
La parte è di Ingvar Eggert Sigurðsson, un attore islandese che abbiamo visto in Of Horses and Men [+leggi anche:
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intervista: Benedikt Erlingsson
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di Benedikt Erlingsson. Questo poliziotto rappresenta la legge e svolge le indagini in modo professionale, ma prova simpatia nei confronti di Dirk. Vive in mezzo a due mondi. Per me lui è Caronte, colui che nella mitologia greca trasportava le anime dei defunti nel regno dei morti. Quanto a Dirk, lui vive permanentemente in mezzo a due mondi: quello che si trova in superficie, quello reale, e quello sottostante, più profondo. La morte è alla base del film, ma non la paura della morte, piuttosto il tabù della morte, di cui oggi non si ha il coraggio di parlare.

Ha scelto il formato 35mm.
Effettivamente sì. Questo formato accentua il lato biologico delle cose: la consistenza della neve è migliore, si riesce quasi a provare una sensazione tattile. Inoltre, quando tutto il materiale elettronico è andato in panne all’improvviso a causa del grande freddo, la videocamera da 35mm non ci ha traditi e ha continuato a fare il suo lavoro, con un sospiro di sollievo da parte del direttore della fotografia, Jakob Ingimundarson, un amico islandese con il quale lavoro da sempre.

Dirk Ohm è un film con un budget elevato?
Il film è costato poco più di 21 milioni di corone, circa 2,5 milioni di euro, mentre la somma media del budget di un film norvegese è di 15 milioni di corone. I finanziamenti sono arrivati abbastanza in fretta, prima in Norvegia grazie alla Mer Film, poi con il sostegno, tra gli altri, di Eurimages.

Il suo film vuole essere diverso.
Avrei potuto realizzare un film più convenzionale, più accessibile, ma penso che un artista non debba temere il fallimento, né andare subito sul sicuro. Vorrei che si affrontassero le scene lunghe con lo stesso ritmo lento con cui si parte per un viaggio: aperto, rilassato, che con il passare dei minuti ci si prenda il tempo per riflettere, per interrogarsi. Non volevo un ritmo frenetico, convulso. Ho cercato di ricreare le emozioni autentiche che ho vissuto la prima volta che ho letto la scenografia e di mettere lo spettatore in sintonia con Dirk. Il cerchio si chiude quando alla fine, come all’inizio del film, la videocamera torna ad essere soggettiva: è lo sguardo di Dirk quello che condividiamo? È una collezione di ricordi e di fantasmi il susseguirsi d’immagini che seguono o precedono? O siamo vittime di un’illusione? Sta a noi mettere insieme le tessere del mosaico, immaginare e riflettere. 

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(Tradotto dal francese)

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