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Emma Dante • Regista

“Una strada, torre di osservazione del mondo”

di 

- Un duello al femminile è l'esordio al cinema della drammaturga d’avanguardia, che spera che il suo film, Via Castellana Bandiera, superi le frontiere d'Europa.

Emma Dante  • Regista

Quasi un western al femminile Via Castellana Bandiera [+leggi anche:
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, esordio al cinema di Emma Dante, drammaturga e attrice teatrale d’avanguardia. "Il cinema di Sergio Leone mi ispira in modo potente. Ho approfondito lo studio di questo genere e ci sono dei momenti nel film in cui emerge chiaramente, anche se non volevo fare un western, ma solo citarlo". Due auto si ritrovano una di fronte all’altra in una strada troppo stretta per consentire il passaggio ad entrambe. A bordo di una c'è Samira (Elena Cotta), anziana donna di origini albanesi. Di fronte a lei,Rosa (Emma Dante) tornata nella sua terra insieme alla compagna Clara (Alba Rohrwacher) per recarsi al matrimonio di un amico. Via Castellana Bandiera è stato presentato in concorso alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia, dove Elena Cotta, all’età di ottantadue anni, è stata premiata con la “Coppa Volpi”per la migliore interpretazione femminile.

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Come ha vissuto il passaggio alla macchina da presa?
Emma Dante: Questo film è stato girato secondo il mio metodo: quello teatrale. Lo abbiamo provato tanto con la mia compagnia Sud Costa Occidentale”, i cui attori fanno parte del cast, e con Alba, Elena e gli altri attori. Ho avuto la fortuna di trovare dei grandi collaboratori, c’era una energia molto forte che funzionava bene.

Perché ha scelto di rappresentare un duello tra due donne?
Due donne che si impuntano, ottuse, tenaci e poi incominciano a sciogliersi. Questo stare di fronte, una all’altra, è un modo per riconoscerci anche se, entrambe, cercano di rimuoverlo. E’ giusto accettare la mostruosità che è anche un po’ la loro verità, quello che non sono riuscite a dirsi fino a quel momento. Il loro carattere si modifica durante la storia.

E' significativo che sia ambientato al Sud?
Palermo è la mia città, quindi parto da una radice comune: la mia lingua, la mia storia, la strada in cui ho vissuto. Parlo di quello che conosco. E poi non so cosa vuol dire raccontare il Sud. Il Sud è anche parte del Nord, nel senso che è una torre di osservazione del mondo.  Per me questo film non è 'locale', è un film che parla di un Paese, parla di una comunità e parla di uno stato dell’essere e non di un luogo geografico.

Dunque quale metafora si nasconde in Via Castellana Bandiera?
La strada, via Castellana Bandiera, per me è la via larga del finale e non quella stretta stretta dell’inizio. Per ognuno è quella che vuole, non darsi una soluzione è la cosa migliore. Ognuno fa esperienza di quello che vede. Forse noi non sappiamo più vedere le cose, forse le vediamo distorte, vediamo uno spazio ristretto dove non ci sta più nessuno e ce ne impossessiamo, ma in realtà lo spazio è grande e ce ne sarebbe per tutti. Queste due donne sono di fronte a una donna anziana che ha altri tipi di pensieri, ha un’altra mentalità e che, comunque, non giudica. Anche Rosa e Samira sono libere in via Castellana Bandiera. L’unico impedimento che hanno è questa crisi passeggera che, per fortuna, all’alba sparisce.

Ma via Castellana Bandiera è anche una via che finisce nel vuoto.
Il precipizio della fine della via, è un precipizio presente ma noi non sentiamo ancora la caduta, sentiamo che siamo un’umanità su un baratro. E’ un momento particolare della nostra storia, in cui non riusciamo neanche a cadere. C’è un’ipotesi di crollo, forse sarebbe più costruttivo cadere e rialzarsi. Credo che nel film ci sia un fermo, uno stallo che assomiglia a quello in cui siamo ora.

Cosa si aspetta dal suo film?
Spero che questo film venga rappresentato ovunque , che vada oltre e non rimanga né in Sicilia, né in Italia e né in Europa. Spero che vada il più lontano possibile e che possa far fare un’esperienza alla gente che lo vede e scateni quel corto circuito che è l’arte.

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