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Jorge Torregrossa • Regista

“Non è facile girare con attori in due lingue diverse”

di 

- Il regista di Fin ha girato il suo nuovo film, coprodotto con gli Stati Uniti, a New York. Una commedia agrodolce sullo sradicamento, la maturità e i sogni infranti

Jorge Torregrossa • Regista

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la riguardano personalmente?
Jorge Torregrossa: Mi riguardano in pieno: quello che succede al personaggio di Javier Cámara sta succedendo a molta gente. Io stesso mi chiedo: sto prendendo le decisioni giuste? Sto facendo quello che devo fare? Ho sbagliato in qualcosa?... Tutti i giorni la vita prende un nuovo corso e si fanno scelte in base alle cose inaspettate che capitano. Questo, sommato al caso, ti porta su una strada piuttosto che un'altra.   

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Rispetto a Fin [+leggi anche:
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, il suo nuovo film sembra dare una svolta netta al suo percorso cinematografico…
Sì, la confezione è diversa, però quello che c'è dentro non lo è poi tanto: è un film raccontato anche attraverso ciò che i personaggi non dicono, i loro silenzi. Anche il messaggio è simile: approfittare del tempo e di ciò che ti succede, essere fiero di te stesso, goderti la vita che ti rimane…

Però cambiano tono, genere e fattura.
Sì, perché cerco di suscitare nello spettatore emozioni diverse: in uno gioco alla suspense, a provocare spavento; qui cerco invece di farlo innamorare dei personaggi, di farlo piangere e ridere. Non credo che rappresenti una rottura radicale; al contrario, ha a che fare con me e i miei cortometraggi. Ho avuto anche maggiore libertà rispetto a Fin: il film è come volevo che fosse.

Il progetto, che già esisteva, come è arrivato nelle sue mani?
Era un progetto della società di produzione El Deseo: Elvira Lindo aveva scritto la sceneggiatura su misura per il suo amico attore Javier Cámara. Tutti loro mi conoscevano e mi hanno chiamato: mi sono innamorato della storia e di come era raccontata, e sentivo che potevo metterci dell'altro. Doveva essere la mia opera prima, cinque anni fa, perché all'epoca Fin non esisteva. Ho riscritto la sceneggiatura con Elvira e per un po' il progetto è rimasto fermo. Ora, a vederlo, il film può sembrare mainstream, ma è costato molto portarlo avanti, perché era un ibrido di generi, ma soprattutto di produzioni e di lingue, molto complicato: girare a New York con attori local e spagnoli, e in due lingue, non è stato facile.   

Quindi che cosa ha portato riscrivendo la sceneggiatura?
Mi preoccupava il tono: non volevo che fosse un racconto banale e aneddotico sulle avventure di due cugini a NYC. Elvira Lindo è una grande dialoghista e la commedia le riesce talmente bene... Bisognava stare attenti a che il progetto non ci sfuggisse di mano, perché quello che racconta è molto serio.

Fare di New York un personaggio del racconto a tutti gli effetti era tra i suoi obiettivi?
Certo, ho vissuto molto tempo in quella città. Oltre a renderla veritiera e a farla mia, volevo che esistesse come personaggio, con la sua doppia faccia: il suo lato attraente e quello che mostra quando ci stai da molto tempo, perché è un luogo piuttosto duro. 

Girare negli Stati Uniti costa di più rispetto alla Spagna?
Amministrativamente è più facile rispetto a qui: ti facilitano in molti modi perché sono coscienti del loro ritorno d'immagine. Però la città non si ferma mentre tu giri...

Mentre Fin era immerso nella natura, qui regna la dimensione urbana.
Sì, dopo quello che abbiamo passato con quel film, ci meritavamo una città e di non stare sempre in luoghi inaccessibili. Parte della squadra è la stessa e avevamo bisogno di prenderci una vacanza dal mondo animale: volevo lavorare con bestiole come Cámara, molto più gradevoli. Qui, poi, non ci sono tanti effetti speciali.

Raúl Arévalo e Javier Cámara ricordano un po' Jack Lemmon e Walter Matthau. E' un omaggio alle commedie classiche americane?
Assolutamente: sono cresciuto con film come A piedi nudi nel parco e Goodbye amore mio!. Le commedie che scriveva Neil Simon non erano grossolane, avevano un fondo amaro e serio. Questo spirito si respira in La vida inesperada, che nella mia lista di progetti veniva prima di Fin, ma sono contento che sia venuto dopo perché quello che ho imparato mi è servito molto. Il cambio di registro mi ha stimolato, tanto che vorrei ripetere l'esperienza con il mio prossimo film. E vedere il pubblico uscire dalla sala con gli occhi che luccicano è più piacevole di spaventarlo con un thriller.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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