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Åse Kleveland • Swedish Film Institute

Una norvegese in Svezia

di 

- Incontro con il capo dello SFI, una delle forze leader nella cooperazione cinematografica nordica: "Il cinema svedese deve contare di più in ambito europeo"

Da tre anni ha preso in mano le redini dello Swedish Film Institute, facendolo diventare, nonostante momenti di serie difficoltà, una delle forze leader nella cooperazione cinematografica nordica e un partner attivo nella politica europea della cooperazione. Ma Åse Kleveland guarda avanti e ha ancora tanti progetti e tante sfide da superare: per lei, che è norvegese, le priorità sono di far crescere ancora e rafforzare la posizione del cinema svedese nell'ambito dell'Unione Europea.
Come capo dello Swedish Film Institute dal 2000, di quali risultati si sente più orgogliosa? A quali importanti cambiamenti, nel settore del cinema svedese, ha fatto da testimone in questi ultimi tre anni?
"Il risultato più importante che abbiamo ottenuto è stata la rivitalizzazione dell'organizzazione ed il rafforzamento della sua posizione, sia nei confronti dell'industria che nel modo in cui viene percepita dal pubblico. Abbiamo anche contribuito a dare al cinema svedese molta più visibilità. Oggi lo Swedish Film Institute è una delle forze leader nella cooperazione cinematografica nordica, ed è diventato, attraverso una serie di iniziative, un partner attivo nella politica europea della cooperazione. Questo include lo European Digital Cinema Forum, che si è tenuto a Stoccolma nel 2001, del cui Comitato Direttivo sono presidente. La collaborazione con Ingmar Bergman ha portato alla creazione della Fondazione Ingmar Bergman, che sta attualmente sviluppando una serie di progetti di vasta risonanza internazionale.
Il cambiamento più importante, ho notato, è stata la crescita costante dell'afflusso nelle sale, ora per il quarto anno. I film svedesi hanno costituito almeno il 25 per cento dello share del mercato interno, nel 2001 (sebbene il 2002 abbia fatto segnare una diminuzione, sia nel numero di film svedesi sia nella percentuale di share nel mercato interno).
Una nuova generazione di filmmakers ha portato al cinema svedese la dose di vitamine della quale aveva bisogno, e fissato i centri di produzione cinematografica regionali nel Nord e nel Sud della Svezia, e anche le coproduzioni scandinave".

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Il sistema di misure di sostegno nei confronti dell'afflusso del pubblico, definito, nel 2000, dall'Accordo Cinematografico, ha messo l'industria Svedese in seri guai, lo scorso anno. Sarà sufficiente, fino alla firma di un nuovo Accordo, il "pacchetto di emergenza" che il governo ha messo a disposizione del settore produttivo lo scorso autunno?
"Il 'pacchetto di emergenza' è stato determinante per superare l'impasse, in questo modo abbiamo potuto cominciare a guardare al futuro. Il cinema svedese è largamente sotto-finanziato, e stiamo attualmente vagliando delle proposte per nuove misure di finanziamento, che saranno contenute nel prossimo Accordo Cinematografico.
Non abbiamo nessun segnale che ci faccia pensare che il numero di film svedesi in uscita nel 2004 sarà superiore a quello del 2003.
Questo significa che il nostro livello di produzione, per il 2003, sarà intorno ai 6-8, un numero inferiore alla media".

Quali sono i punti chiave che chiederà al Governo di considerare, prima che l'Accordo del 2004 venga abbozzato?
"Il finanziamento cinematografico in Svezia dovrebbe aumentare quanto è aumentato nei paesi confinanti. Ci sono due alternative possibili per ottenerlo: un aumento dei sussidi statali oppure uno sviluppo ulteriore entro la struttura di base dell'Accordo, e questo vorrebbe dire che, ovunque i film vengano mostrati- con qualunque tipo di tecnologia - gli introiti dovrebbero essere riconvogliati alla produzione di nuovi film".

Cosa deve essere necessariamente fatto per sostenere il crescente successo dei film svedesi, in patria come all'estero?
"Dobbiamo, innanzitutto, produrre più film di qualità in una varietà di generi. Rafforzare, successivamente, il nostro sforzo nello sviluppo dei progetti, che vorrebbe dire investimenti più ampi nelle nostre attività di produzione. E - senza alcun dubbio - creare una strategia di marketing più forte e più focalizzata, per i nostri film, a livello internazionale".

Quali saranno, nel prossimo futuro, le sfide dello SFI in patria e in ambito internazionale, in particolare entro i confini europei?
"La maggiore sfida per lo SFI è di far capire alle autorità svedesi ed europee che il cinema, in paesi piccoli come il nostro, deve essere considerato alla pari con le altre espressioni artistiche, nonostante la sua considerazione commerciale. Con le nuove regole in discussione da parte dell'UE, e con le negoziazioni del GATT, dobbiamo evitare di trovarci in una situazione nella quale i nostri governi, a Bruxelles, finiscano per indebolire il Cinema Europeo attraverso una regolamentazione non competitiva.
L'altra sfida sarà invece di far capire alla gente che l'immagine in movimento, oggi, è forse il linguaggio più importante, e che dobbiamo sviluppare una educazione cinematografica a vantaggio di bambini e giovani delle scuole. Da norvegese, posso dire che la Svezia è campione mondiale nella produzione di film per l'infanzia, anche se ancora molto può essere fatto. Lo SFI, ora, deve assumere un ruolo attivo in questo impegno di educazione al film nel percorso scolastico, qualcosa che è già accaduto in molti paesi europei. Ingmar Bergman, come Martin Scorsese, è diventato un fermo sostenitore della conservazione degli archivi cinematografici. Stiamo aprendo una nuova strada in questo campo. Ora è il momento di lavorare sulla distribuzione di quelle pellicole che abbiamo salvato, qualcosa a cui la tecnologia DVD, per esempio, può dare un contributo unico".

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