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Rolando Ravello • Regista

“Mi piace chi non è fortunato”

di 

- Apprezzato attore di cinema e televisione, Rolando Ravello esordisce dietro la macchina da presa con Tutti contro tutti.

Tutti contro tutti [+leggi anche:
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racconta l'odissea tragicomica di una famiglia (padre, madre, due figli e nonno) che esce di casa per festeggiare la prima comunione del figlio piccolo e quando torna, trova la serratura cambiata e degli sconosciuti nella propria abitazione. Incontro con il regista in occasione della presentazione del film a Roma.

Come è nata l'idea del film?
Rolando Ravello: Il progetto nasce sette anni fa, quando il vero Agostino mi chiamò in lacrime per raccontarmi che gli avevano rubato casa. Con Massimiliano Bruno (che firma la sceneggiatura insieme al regista, ndr) abbiamo pensato subito a un soggetto, sulle battaglie che si trova a combattere chi vive il nostro tempo. Inizialmente, ne abbiamo tratto un monologo a teatro, in cui io interpretavo tutti i personaggi, poi un documentario, Via Volontè n.9, diretto da Lorenzo Scurati. Infine, grazie a Fandango e Warner, quel soggetto è diventato un film.

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Il suo film si riallaccia alla grande tradizione della commedia all'italiana. Un ritorno a una commedia di contenuti?
Abbiamo cercato di raccontare la realtà provando a riderci su, con ironia, come sappiamo fare noi italiani. Tutti contro tutti racconta quello che mi sta a cuore, mi piace chi non è fortunato, ci entro naturalmente in empatia. Una sensibilità che condivido con altri registi, come Ivano De Matteo (autore de Gli Equilibristi [+leggi anche:
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, che appare in un cameo, ndr). Del resto, ho fatto quattro film con Ettore Scola, è stato come un padre, mi ha formato eticamente oltre che professionalmente. Per fare questo film ci sono voluti sei anni, ma forse un certo tipo di commedia sta tornando.

Come è riuscito a ottenere dagli attori una recitazione così misurata, coerente ed omogenea, anche da quelli più giovani?
Per il cast, ho fatto una selezione di qualità, e i ragazzi sono tutti debuttanti. Quello che ho chiesto a tutti durante le prove è stato di rimanere coi piedi per terra, per non scivolare nel grottesco. Volevo evitare anche la lacrima facile. Talvolta basta uno sguardo: come quando Kasia Smutniak incrocia quello della ragazza rumena che le sta per soffiare il lavoro, in quello sguardo c'è la lotta tra nuovi poveri. Stessa cosa per la scena dell'incendio al campo Rom: l'ho girata in modo realistico, ispirandomi alla realtà dei tanti filmati che si trovano su YouTube.

Ha lasciato spazio all'improvvisazione?
A questo proposito, il fonico e il microfonista hanno fatto un gran lavoro. A loro avevo chiesto di darmi la possibilità di microfonare sempre tutti, nonostante ci fossero spesso molti attori in scena, per non perdere eventuali improvvisazioni. E ce ne sono state tante.

Le musiche del film sono firmate da Alessandro Mannarino, cantautore-stornellatore metropolitano molto apprezzato. Quali indicazioni gli ha dato?
Gli ho spiegato il tono del film: un racconto al confine tra favola urbana e neorealismo, come se tutto si svolgesse sotto il tendone di un circo. Volevo mantenere la commedia, senza tuttavia perdere l'umanità dei personaggi. Agostino e la sua famiglia sono dei piccoli eroi, sono le persone che incrociamo per strada e che ormai non guardiamo più, lasciati a combattere in solitudine la battaglia quotidiana per una vita dignitosa. Le musiche eclettiche e contaminate di Alessandro danno la giusta impronta al film.

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