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Karel Och • direttore artistico del Karlovy Vary Film Festival

"Anche con la crisi economica si può riuscire lavorando insieme"

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Il nuovo Direttore Artistico di Karlovy Vary, Karel Och, racconta a Cineuropa il suo punto di vista sul cinema europeo e sul futuro del maggiore festival dell'Europa Centrale.

Cineuropa: Quando cerca dei nuovi film, quali paesi la ispirano?
Karel Och: Il cinema greco di oggi è originale e innovativo, e molto diverso ad esempio da cinque anni fa. La drammaturgia è migliorata parecchio, e i filmmaker si aiutano fra loro. Ad esempio, Athina Rachel Tsangari, regista di Attenberg [+leggi anche:
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, è stata il co-produttore di Dogtooth [+leggi anche:
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. Giorgos Lanthimos, regista di Dogtooth, sta finendo il suo nuovo film ed il co-produttore è il suo direttore della fotografia. Non so se una cosa del genere possa essere trasferita in altri paesi, ma l'esempio greco mostra che anche un paese con problemi economici può farcela se la gente è accorta e lavora insieme.

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C'è anche una valida nuova generazione in Italia: La bocca del lupo [+leggi anche:
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e La solitudine dei numeri primi [+leggi anche:
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sono stati realizzati da registi che non hanno neanche 40 anni, ma con una visione forte e nessun compromesso.


In generale, non penso che il cinema europeo di oggi sia più forte della produzione cinematografica di altri continenti. Devo dire che ogni singolo film indipendente americano che abbiamo visto al Sundance era eccezionale in termini di regia e sceneggiatura. Nel cinema europeo si trova spesso uno script valido, ma non sempre poi è ben realizzato - e viceversa.

Data la sua esperienza passata come programmatore di documentari a Karlovy Vary, cosa pensa delle differenze tra produzioni dell'Europa dell'Est e dell'Ovest?
Più si va ad est, più i filmmaker usano le immagini per raccontare le loro storie. Forse è semplicistico, ma penso che la tendenza occidentale sia di dare più enfasi alle parole. Sergei Loznitsa ne è l'esempio perfetto. Il suo Artel ha vinto il Premio al Miglior Documentario a Karlovy Vary 2007, ma continua ad usare le immagini come mezzo espressivo anche nei suoi film di fiction.

Pensa che i film est-europei meritino la loro reputazione di essere "cupi"?
A volte veniamo criticati perché programmiamo film deprimenti. Ma uno programma quello che gli viene presentato, e semplicemente non ci sono molte buone commedie o film leggeri dall'Europa Centrale e Orientale. I filmmaker delle nostre parti elaborano cinematograficamente le turbolenze politiche e i grandi cambiamenti che hanno vissuto due decenni fa.

Quali cambiamenti tecnologici state apportando al festival?
La digitalizzazione è un tema che abbiamo affrontato negli ultimi anni, come tutti i festival. Due sale a Karlovy Vary sono in digitale e speriamo di averne di più prossimamente. Se di un film è disponibile solo una copia in 35mm, avere un mezzo alternativo aiuta a rendere possibile la proiezione festivaliera.

Abbiamo anche pubblicato online alcuni dei titoli, abbiamo avuto una buona esperienza l'anno scorso con Cinando. Durante il festival quasi tutti i film in Concorso erano disponibili per gli utenti della piattaforma. Sei di essi sono stati tra i 20 titoli più visti su Cinando l'anno scorso. Festival Scope è un altro grande strumento per la gente che va ai festival che non riesce a vedere tutto. Insieme a Mubi [ex The Auteurs], abbiamo presentato alcuni titoli solo per la Repubblica Ceca.

Il pubblico ceco però non è così abituato a vedere film online, ama l'evento. Non ha tempo di vedere film d'essai durante la settimana, ma ai festival lo fa quattro volte al giorno. Questo mi fa pensare che i festival sopravviveranno nonostante i cambiamenti tecnologici.

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