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Felix van Groeningen • Regista

“Un caos orchestrato”

di 

- Incontro con il giovane regista fiammingo a Parigi negli uffici del suo distributore francese MK2

Cineuropa: Dopo i primi due lungometraggi su sceneggiature originali, si misura con un adattamento.
Felix Van Groeningen: Quando ho cominciato a fare film, non immaginavo che un giorno avrei lavorato sulla sceneggiatura di qualcun altro o che avrei adattato un libro. Ho scritto il mio primo lungometraggio da solo, ma l'ho trovato difficile e ho voluto co-firmare la sceneggiatura del mio secondo film. Fare un adattamento non era che un passo ulteriore. Scrivere una sceneggiatura richiede troppo tempo e cercavo il modo di poter girare più velocemente.

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Perché ha scelto il libro di Dimitri Verhulst?
Conoscevo l'autore e amavo molto il suo stile. Alla lettura di La merditude des choses [+leggi anche:
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, all'inizio ho pensato che fosse impossibile da adattare, troppo aneddotico, una successione di sbronze. Ma gli ultimi capitoli chiariscono tutto. Si capisce che il personaggio principale non è più nel suo villaggio, che suo padre è morto e che sta per diventare padre a sua volta, senza averne la minima voglia. Ho pianto quando va dalla nonna e la ringrazia: bisognava arrivare a questo nel film. Volevo che si capisse perché il personaggio era diventato così cinico. Ci ho messo molto a definire la struttura del film. Amo giocare con il tempo, con una grande storia che entra in una piccola storia, fare andirivieni che non sono tanto logici, quanto emotivi.

Una storia di famiglia, del realismo sociale, una tragicommedia: qual era il suo approccio preferito?
È un insieme di cose. Ho cercato di dare umanità ai personaggi. È la storia di qualcuno che proviene da un ambiente sociale, ma non è salvo: è solo, triste, odia il mondo e la sua vita. È molto cupo, ma tutto si riapre perché trova un posto nella vita e ripercorre il suo passato, rivede la sua famiglia. È un lungo tragitto di 20 anni con un lato molto gioioso, ma anche molta distruzione.

Ha fatto provare molto gli attori prima delle riprese.
È il mio metodo. Mentre scrivo la sceneggiatura, comincio a fare il casting e comincio molto presto le prove per vedere quello che gli attori danno al personaggio. Ho anche guardato alcuni documentari insieme agli attori, in particolare Les Aventures de la famille Debecker, dedicato a una famiglia povera che vive in una casa molto piccola, ma in una bellissima atmosfera.

Quali erano le sue intenzioni visive per questo film?
Volevo un caos orchestrato, molta energia. Ma bisogna fare attenzione a non andare troppo veloci, altrimenti lo spettatore non ti segue. L'energia è indispensabile ma bisogna anche sapere molto bene quali inquadrature si vogliono. Il mio direttore della fotografia partecipa alle prove, le filma, suggerisce idee di regia. Si guardano poi le immagini e si fanno foto ai video, per fare i nostri ritagli.

Quali sono le sue principali influenze cinematografiche?
Ho sempre due o tre film che mi seguono periodicamente per alcuni anni e che riguardo dieci-venti volte. Ultimamente, sono Tutti i battiti del mio cuore [+leggi anche:
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di Jacques Audiard e Y tu mamá también di Alfonso Cuarón.

La Quinzaine des réalisateurs cannense, una buona riuscita nelle sale in Belgio, una selezione come candidato belga all'Oscar 2010. Che cosa le ispira questo successo?
È fantastico! Il mio secondo lungometraggio era stato ben accolto dalla stampa, ma nelle sale non era andato oltre un buon risultato per un film d'essai fiammingo. Ma sono felice che il successo non sia arrivato prima di questo film perché già ij passato ho capito che devo semplicemente continuare a fare film e non cominciare a sognare.

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