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Denis Dercourt • Regista

Bellezza ipnotica e precisione storica

di 

- Incontro con un regista quarantaquattrenne atipico che si sta imponendo, di film in film, come uno dei registi francesi da tenere maggiormente d'occhio

Dottorato in Scienze politiche, laureato in filosofia, oggi professore di viola e di musica da camera al Conservatorio di Strasburgo: incontro con un regista quarantaquattrenne atipico che si sta imponendo, di film in film, come uno dei registi francesi da tenere maggiormente d'occhio.

Quando ha scoperto questi appassionati di ricostruzioni storiche che l'hanno ispirata per Demain dès l'aube [+leggi anche:
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Denis Dercourt: Molto tempo fa, grazie a un reportage. Lo avevo trovato molto cinematografico e avevo anche letto che nell'esercito di Napoleone i musicisti venivano chiamati "Loin des balles" (lett. lontano dalle pallottole) perché si tenevano lontani dal fronte. Incrociando le due informazioni, mi son detto: ecco un soggetto. Poi ho più volte ripreso e abbandonato il progetto perché è molto difficile fare un film su gente che si fa a sua volta i suoi film, rendere iconiche persone che giocano a essere iconiche.

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Fino a dove si è spinto per le ricerche storiche?
In quanto musicista, conosco bene le problematiche inerenti la ricostruzione, la fedeltà, e sono molto influenzato anche dall'arte contemporanea, la quale è molto toccata da questi concetti. Per natura, mi piace documentarmi molto: sono per l'esattezza, la precisione, la veridicità e il film è piuttosto esatto storicamente. Quando qualcosa non lo era, c'era sempre qualcuno sul set a dirmi: questo lo facciamo così e non così. Perché l'80 % dei soldati del film sono persone che indossano davvero la divisa ogni fine settimana.

Perché la tematica del rapporto tra fratelli, che è al centro del film, le interessa tanto?
Essendo la storia piuttosto complessa e svolgendosi su due livelli (il reale da una parte e il virtuale, il gioco dall'altra), bisognava agganciarla a qualcosa di emotivamente forte e di identificatorio. Ne La voltapagine [+leggi anche:
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era il sentimento arcaico legato al trauma infantile; qui è il fatto di occuparsi di un fratello più fragile, un sentimento universale, anche se ci si rende conto che il più fragile dei due non è necessariamente quello che si crede.

Si è ispirato a qualche opera cinematografica per questo film?
Eyes Wide Shut di Kubrick e Vertigo di Hitchcock mi hanno ispirato per la questione dell'identificazione con i protagonisti: personaggi in un periodo problematico della loro vita che vivono un'esperienza un po' "borderline". La scelta di Vincent Perez ne è una conseguenza: Tom Cruise e James Stewart sono molto belli e interpretano in questi film persone molto normali, ma di cui intuisci che non lo sono poi così tanto a livello interiore.

Come ha diretto i suoi due attori principali?
Vincent non voleva più girare un film di cappa e spada: è un po' come il protagonista del film che non vuole prestarsi al gioco. Quanto a Jérémie Renier, volevo che recitasse in maniera molto fisica, verso l'esterno, mentre Vincent è più trattenuto, introverso. La mia grande fortuna è stata di vedere in loro, fin dal loro primo incontro, una coppia di fratelli.

Quali erano le sue intenzioni sul piano visivo?
Bisognava assolutamente che il film fosse molto bello. Visto che ci si cala tra i giocatori attraverso gli occhi del pianista, vi è qualcosa di ipnotico, ci si lascia ammansire dalla bellezza. Abbiamo lavorato molto per la scenografia, i costumi e la fotografia sulle nozioni di meraviglia, di turbamento. Inoltre, io faccio un cinema molto soggettivo. Quando sei con Jérémie Rénier, sei nel bellissimo universo napoleonico che lui immagina. L'estrema difficoltà di questo genere di film è il passaggio da un mondo all'altro e per questo ci voleva coerenza visiva: le stesse tonalità di abiti, ad esempio, quando si passa dall'età contemporanea ai costumi d'epoca. Ho anche lavorato molto sugli effetti di controluce.

Lei vive a Strasburgo e insegna sempre musica: si sente il "Loin des balles" del cinema francese?
Penso che la diversità dia più frutti. Voglio continuare a essere un musicista, a seguire l'arte contemporanea, a non fare film tanto per fare, perché ce ne sono già abbastanza. E credo che valga la pena provare a spingersi sempre un po' più in là.

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