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ITALIA Francia

Francesco Giai Via • Head of Studies, Alpi Film Lab

“Sostenibilità ambientale e parità di genere vanno considerate parte del nuovo DNA professionale”

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- Parliamo con l’Head of Studies del programma incentrato sulla coproduzione Italia-Francia, la cui seconda edizione prende il via l’8 aprile con il primo workshop ad Annecy

Francesco Giai Via  • Head of Studies, Alpi Film Lab
(© Paolo Tangari)

Parte venerdì 8 aprile, ad Annecy, il primo workshop della seconda edizione di Alpi Film Lab, il programma di formazione e sviluppo per professionisti del cinema e studenti incentrato sulla coproduzione Italia-Francia, nato dalla collaborazione tra TorinoFilmLab e Annecy Cinéma Italien (leggi la news). Abbiamo chiesto all’Head of Studies del programma, Francesco Giai Via, un primo bilancio di questa iniziativa, e abbiamo parlato con lui dei progetti di questa edizione (per conoscere tutti i partecipanti clicca qui), di sostenibilità ambientale e di parità di genere.

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Cineuropa: Sei degli otto team partecipanti alla prima edizione di Alpi Film Lab hanno proseguito il loro percorso di coproduzione: un ottimo risultato.
Francesco Giai Via: Il bilancio dell’edizione 2021 è più che positivo, nonostante la pandemia. Per la prima volta abbiamo sperimentato una variazione sulla metodologia del TorinoFilmLab nell’ottica di un programma legato alla coproduzione, con un’idea inedita di matchmaking, una diversità di profili dei partecipanti e un gruppo di tutor tutto nuovo scelto ad hoc. Realtà produttive che si sono conosciute durante il processo di Alpi Film Lab, e che hanno lavorato diversi mesi insieme con l’accompagnamento di esperti, hanno prodotto una serie di documenti e materiali che sono esattamente quelli che servono per gli step successivi di una coproduzione, così hanno deciso di portare la simulazione fuori dagli spazi del nostro lab.

In cosa consiste questa “simulazione”?
Si può partecipare ad Alpi Film Lab in due modi: con un tuo progetto o senza; l’idea è mettere insieme un produttore e il suo regista di un paese con un produttore che ha fatto application senza progetto dell’altro paese. Sono otto progetti e otto produttori che al termine del primo workshop vengono abbinati. Da quel momento in avanti il percorso di sviluppo viene fatto in team, il produttore maggioritario viene accompagnato da un partner di sviluppo dell’altro paese, e tutto si svolge nell’ottica di una potenziale coproduzione franco-italiana. È una simulazione perché nessuno dei partecipanti firma un foglio sul quale c’è scritto che da quel momento sono partner di produzione, ma possono mettersi alla prova su tutta una serie di step che fanno parte della costruzione di una coproduzione. La simulazione è realistica perché nei mesi in cui lavorano sullo sviluppo del progetto lo fanno sul serio; se poi si sono trovati bene e sono avanzati su tutta una serie di cose, perché non farlo veramente?

Cosa ci dice dei progetti di questa seconda edizione?
I progetti spaziano dalla finzione al documentario e all’animazione. I profili sono vari: ci sono produttori molto giovani, altri che hanno già raggiunto risultati significativi a livello nazionale ma non si sono ancora misurati con la coproduzione internazionale; ci sono società che hanno lavorato prevalentemente sul documentario e che vogliono misurarsi con la finzione, o coppie di registi-produttori che decidono di proseguire una collaborazione su un primo lungometraggio dopo aver realizzato dei corti insieme. La cosa che accomuna tutti loro è uno slancio verso lo sviluppo di progetti più complessi e ambiziosi. Inoltre, il nostro programma interessa tutte le regioni e i dipartimenti che toccano la frontiera tra Francia e Italia, ma mira a coinvolgere i territori nazionali in senso ampio, e si estende anche a produzioni di Napoli, Roma o Parigi, per esempio, che trovino nelle regioni di confine storie, location e opportunità produttive.

Dar vita a questo programma con le incognite della pandemia deve essere stata una bella sfida.
Dal punto di vista produttivo la coproduzione internazionale è fondamentale, tanti dei risultati importanti del cinema italiano che stiamo avendo in questi anni sono frutto di una mentalità che guarda alla coproduzione come un naturale scenario di sviluppo di lungometraggi, soprattutto per giovani autori e produttori emergenti. Far vivere questi film anche con il pubblico e con le sale è però più complesso. Un altro aspetto di Alpi Film Lab è legato alla formazione del pubblico e coinvolge gli studenti italiani e francesi. In Francia è una cosa più sistematica, in Italia stiamo cominciando a capire che più si lavora sulla formazione del pubblico già in ambito scolastico, più si ribadisce la centralità del cinema in sala.

Nella selezione di quest’anno spicca un quasi totale equilibrio di genere.
Se lavoriamo con le nuove generazioni e i registi e produttori del futuro non possiamo che dare per scontato il fatto che questioni come la sostenibilità ambientale e l’equilibrio di genere fanno parte della prassi. Quindi, durante il primo workshop ad Annecy avremo due mattinate dedicate a questi temi: una con Giovanni Pompili, Head of Studies del nuovo TFL Green Film Lab, in cui esperti italiani e francesi parleranno di sostenibilità, certificazioni e di cosa vuol dire montare una produzione sostenibile. Il giorno successivo avremo rappresentanti del collettivo 50/50, dei 100 Autori (tra cui la regista Paola Randi) e altre associazioni francesi per parlare di equilibrio di genere e statistiche, per confrontare il sistema francese con quello italiano e capire quali possono essere le buone pratiche a livello privato e istituzionale per incrementare la parità. Ci teniamo a far passare l’idea che questi temi sono parte della realtà, e che bisogna considerarli parte del nuovo DNA professionale.

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