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FILM Belgio / Francia / Svizzera

Burning Out: una generale inclinazione alla follia umana

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- Il regista belga Jérôme Le Maire filma i corridoi del reparto di chirurgia dell’ospedale Saint-Louis, a Parigi

Burning Out: una generale inclinazione alla follia umana

Il regista belga Jérôme Le Maire, munito di videocamera, si stabilisce per oltre due anni in quella suddetta fabbrica di tagli e suture che sono i corridoi del reparto di chirurgia dell’ospedale di Saint-Louis di Parigi, per realizzare il suo nuovo documentario Burning Out [+leggi anche:
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. I pazienti, in quell’ospedale, si susseguono velocemente in sala operatoria a un ritmo concitato, mentre il personale medico accumula sempre più frustrazioni con l’aumentare della tensione. 

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Il film, ispirato al romanzo di Pascal Chabot Burn Out Globale (La malattia del secolo), mette dunque in discussione questo malessere contemporaneo, ovvero la depressione da lavoro. A tale scopo, Jérôme Le Maire sceglie quattordici sale operatorie di questo ospedale che ospitano qualunque tipologia di paziente ogni giorno e nelle quali si svolgono dagli otto ai dieci interventi.

Dalla vertiginosa inquadratura iniziale, che parte dal cielo parigino fino alle mura dell’edificio, possiamo comprendere perfettamente quanto questo caso, lungi dall’essere singolare, sia la mera illustrazione di una generale tendenza alla follia umana. Dimostrazione di ciò è la scelta di questo ambiente che assume un’accezione particolare secondo molti aspetti. Ambiente in precedenza dedicato interamente alla cura del paziente, l’ospedale pubblico sta vivendo la transizione da una logica di servizio pubblico a una logica di mercato. Chirurghi e anestetisti, come del resto tutto il personale paramedico che li ha preceduti, sono coinvolti nella logica dei finanzieri che siedono a capo di tutte, o quasi, le istituzioni.

Jérôme Le Maire, che ha impiegato un anno a fare dei sopralluoghi prima di iniziare le riprese, ci propone qui uno sguardo circostanziale e allo stesso tempo empatico in merito a quelle dinamiche in cui i violenti conflitti tra i membri del personale sono direttamente correlati alla riorganizzazione del sistema lavorativo in nome dell’efficienza. Ciò che colpisce in Burning Out, è la violenta rapidità del processo di trasformazione.

Uomini e donne nel fiore degli anni, parlano di un’epoca lontana, come se già tre generazioni l’avessero vissuta. Il tempo del documentario permette di analizzare i rapporti umani così che i protagonisti riescano a dare voce alle loro sofferenze. Fin dai primi secondi del documentario, immersi in questa atmosfera terribilmente pesante della loro vita quotidiana, veniamo subito colpiti dalle violente tensioni che si estrinsecano nel luogo e nel momento stesso in cui questi uomini e queste donne tengono la vita dei loro pazienti appesa ai loro strumenti.

Inoltre, nel corso delle scene e delle discussioni si leggono tra le righe i pro e i contro di questi rapporti burrascosi, conseguenze di una politica economica tanto chiara quanto inutile. Così, le riunioni filmate che scandiscono il film rivelano perfettamente la posta in gioco oggi relativa all’ospedale pubblico. Proprio lì, si rivela la disarmante debolezza dei soggetti sofferenti, disorientati da questo sconvolgimento del loro universo, di fronte a un’organizzazione che non finge nemmeno più di prenderli in considerazione.

Il tempo delle consultazioni è finito, e ora i dirigenti inviano i loro fedelissimi a professare gli interessi del loro verbo contorto e insensato. Un’osservazione terribile, quasi impensabile, così estranea all’uomo. Travolti dal peso strutturale, è solo alla fine di un tormentato cammino morale che tali soggetti riusciranno a delineare un ritorno a questo legame sociale deliberatamente interrotto, per tornare a riappropriarsi del loro poter decisionale. 

Il film è prodotto da At-Production (Belgio), Zadig Productions (Francia) e Louise Productions sàrl (Svizzera) e distribuito all’estero da CAT&Docs.

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(Tradotto dal francese da Carlotta Cutrale)

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