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ZURIGO 2016

Miséricorde, una catarsi necessaria per ritrovare se stessi

di 

- Fulvio Bernasconi, regista ticinese, formatosi all’ECAL di Losanna, torna alla finzione grazie a un film elegante ed etereo tra violenza e redenzione

Miséricorde, una catarsi necessaria per ritrovare se stessi
Jonathan Zaccaï in Miséricorde

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di Fulvio Bernasconi, presentato in prima mondiale in competizione allo Festival di Zurigo, è un viaggio introspettivo ed implacabile nella mente di un uomo che crede di aver perso tutto. Dopo Fuori dalle corde (2007), selezionato in numerosi festival svizzeri e internazionali tra i quali il Festival del Film Locarno (Pardo per la miglior interpretazione maschile a Michele Venitucci) e Le giornate di Soletta, Fulvio Bernasconi ritorna alla finzione grazie ad un film stilisticamente potente dai retroscena inaspettati.

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Lo svizzero Thomas passa tre mesi a pescare da solo in Québec. Il giorno del suo rientro capita per caso sul luogo di un incidente stradale: Muk, un ragazzino amerindiano che vive in una riserva non lontana giace sul ciglio della strada, la polizia è arrivata da poco ma non c’è più niente da fare. Il conducente ha preso la fuga lasciando Muk al suo tragico destino. Malgrado Thomas debba tornare a casa, decide comunque di restare in Québec e promette alla madre di Muk di trovare il colpevole. Chi è realmente quest’uomo discreto e taciturno pronto ad abbandonare tutto per aiutare una famiglia che conosce appena? Cosa nasconde dentro di se e cosa implica la sua decisone che assomiglia stranamente ad un martirio?

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di Ursula Meier), firma un’opera affascinante e emotivamente violenta nella quale si mescolano abilmente sentimenti complessi: colpevolezza, perdono e accettazione. Miséricorde è un dramma esteticamente grandioso dove i paesaggi immensi del Québec, impregnati di una bellezza rugosa e grezza agli antipodi dei cliché da cartolina, fanno eco al mondo interiore di Thomas (sorprendente Jonathan Zaccaï): desolato e arido, al limite dell’esplosione. Un terribile errore commesso nel passato (ancora troppo recente) gli impedisce di guardarsi allo specchio, come se la sua immagine non meritasse di essere riflessa. Thomas accetta di perdersi, geograficamente ma soprattutto mentalmente, nei maestosi paesaggi canadesi come un cowboy solitario alla ricerca di redenzione. Le strade desolate e apparentemente senza fine diventano lo scenario di una caccia all’uomo alla ricerca di un’ipotetica epifania che possa lavare via tutti i peccati. Thomas vuole accordare all’assassino di Muk il perdono che a lui invece è stato negato, come se la sola via per la rinascita fosse l’accettazione del proprio crimine. Miséricorde scorre con finta leggerezza, elegante e patinato ed è proprio quest’apparente distacco estetico (stupenda fotografia di Filip Zumbrunn) a rendere il film forte e credibile. Il regista riesce a non cadere nella trappola del pathos esasperato limitandosi a suggerire, attraverso le immagini silenziose, l’economia dei dialoghi e i primi piani sui vis, il malessere che attanaglia i personaggi. La storia di Thomas diventa il pretesto per parlare di altri temi centrali: le tensioni razziali, l’emarginazione, la povertà e l’accettazione di se stessi. Il suo destino diventa il destino di tutta una comunità (Abitibi), quella dei nativi americani, che come lui devono far fronte ad un presente che vorrebbe annientarli. Miséricorde è un film estremamente ben calibrato, tra eleganza formale e violenta realtà. 

Miséricorde è prodotto da PointProd, 1976 Productions, Dolce Vita Films, KNM e RTS e distribuito in Svizzera da Outside the Box.

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